Crisi? Se dobbiamo credere al successo del forum professionale organizzato da Séries Mania, che affiancava le proiezioni e gli incontri del festival, non si può certo parlare di crisi. Più di quattromila esperti di tutto il mondo hanno partecipato a una miriade di conferenze e tavole rotonde sugli argomenti più diversi, come l’intelligenza artificiale.
In questo gran numero di eventi, uno degli annunci più importanti è arrivato dal gigante statunitense Warner Bros: Discovery, proprietaria della mitica Hbo, ha annunciato il lancio europeo della sua piattaforma di streaming, Max, sulla quale potremo vedere vecchi classici come I Soprano, The wire, Trono di spade o The last of us, oltre alle novità dell’emittente.
In Francia questa piattaforma di streaming arriverà poco prima delle Olimpiadi di Parigi sfruttando la presenza di Eurosport tra le opzioni offerte. Saranno proposte diverse formule di abbonamento, tra cui quella di base che includerà anche la pubblicità. Per ora non sono state comunicate le tariffe.
Made in France
E per quanto riguarda i contenuti? Qualche anno fa la Hbo aveva assunto una delle figure storiche di Canal Plus, Vera Peltekian, per lanciare delle produzioni originali francesi.
Dopo vari tentativi andati male, adesso a quanto pare ci siamo: la prima serie con l’etichetta Max made in France arriverà tra qualche mese. Une amie dévouée, in quattro episodi, s’ispira al libro La mythomane du Bataclan del giornalista Alexandre Kauffmann con un cast di grandissimo richiamo: la protagonista sarà Laure Calamy, ormai star affermata, che avrà al suo fianco la recente sorpresa dei César, Arieh Worthalter, premiato come migliore attore per la sua prestazione nel Caso Goldman. La regia è affidata a Just Philippot (La nuée, Acide).
Nel 2025 dovrebbero arrivare due progetti più originali: l’adattamento del libro introspettivo Piccolo trattato di consolazione della rabbina Delphine Horvilleur, scritto da autori di prim’ordine come Benjamin Charbit e Noé Debré, e soprattutto la prima serie di Jean-Charles Hue (regista di due film molto interessanti come Mange tes morts e La BM du seigneur): Malditos, una dura saga familiare ambientata nel mondo dei gitani del sud della Francia.
Speriamo che l’anno prossimo a Séries Mania si parli di tutto questo, così da migliorare la qualità delle serie francesi che quest’anno, al festival, erano presenti con un’unica proposta veramente interessante, quella del regista Erwan Le Duc (Perdix e La fille de son père) con Le Monde n’existe pas, tratto dal romanzo di Fabrice Humbert, immersione al tempo stesso ironica e terribile nella psiche di un giornalista (la star in ascesa Niels Schneider), che si trova a condurre un’inchiesta nella città dove è cresciuto. La serie sarà trasmessa su Arte dopo l’estate, così come Machine di Fred Grivois (Trauma), che ha inspiegabilmente vinto il Grand prix riservato alle produzioni francesi con una serie d’azione dalla trama originale (una ragazza esperta di kung-fu fomenta una rivolta operaia con l’aiuto di un ex tossicomane marxista), ma senza coesione e coerenza estetica. Di fatto malgrado i molteplici riferimenti a Kill Bill e al grande impegno dei due interpreti, Margot Bancilhon e Joey Starr, la noia rimane l’elemento dominante.
Quest’anno le proposte più interessanti sono venute dalla sezione Panorama, dove le serie selezionate erano in alcuni casi già state trasmesse nei rispettivi paesi di origine. Come per esempio La mesías dei bravi registi spagnoli Javier Calvo e Javier Ambrossi che, ispirati da Almodóvar, raccontano complicati e difficili legami familiari (compresi avvistamenti di ufo e sette religiose) nell’arco di quarant’anni. O la tedesca 30 days of lust, che parla delle esperienze sessuali di una coppia di trentenni, di cui ci è piaciuta molto la crudezza e la voglia di esplorare i dilemmi di una generazione in crisi sentimentale. Caratteristiche simili, ma con un minore controllo della narrazione, si trovano nella norvegese Dates in real life, che segue il passaggio di una ragazza introversa dal mondo virtuale (con varie scene di realtà virtuale) a quello fisico, con esperienze vissute in prima persona, quando decide d’incontrare degli uomini per la prima volta. La serie ha vinto il Grand prix della sezione.
Leonard e Marianne
I lavori presentati in concorso durante gli ultimi giorni del festival sono sembrati i meno entusiasmanti, nonostante alcuni solidi tentativi come il tedesco Herrhause n . The banker and the bomb di Thomas Wendrich e Pia Strietmann, che racconta la storia di un dirigente della Deutsche Bank che negli anni ottanta cerca di cancellare i debiti dei paesi del sud del mondo in una situazione caratterizzata da forti tensioni geopolitiche.
La sera della premiazione la giuria presieduta da Zal Batmanglij (autore di The Oa e A murder at the end of the world) ha attribuito il premio principale alla serie francese-canadese-ungherese Rematch. Una decisione condivisibile per tutte le problematiche contemporanee che solleva e la capacità di mostrare il gioco degli scacchi in modo molto diverso da come faceva La regina degli scacchi. Il confronto negli anni novanta tra Garry Kasparov e il computer Deep Blue di Ibm racconta le movimentate origini dell’intelligenza artificiale.
Per trovare la nostra serie preferita del concorso abbiamo dovuto spostarci di qualche migliaio di chilometri, sull’isola greca di Idra, diventata nel dopoguerra rifugio di tanti artisti e dove, negli anni sessanta, Leonard Cohen incontrò Marianne Ihlen, quella che sarebbe diventata la sua compagna nonché musa ispiratrice di numerose canzoni, tra cui una delle più famose del’artista canadese, So Long, Marianne. Proprio questa canzone dà anche il titolo alla serie ideata da Ingeborg Klyve, Øystein Karlsen e Tony Wood, con Alex Wolff (visto in Hereditary e Jumanji) e Thea Sofie Loch Næss, rispettivamente nei panni di Leonard e Marianne.
Gli storici della musica pop ironizzeranno di certo sulla ricostruzione a dir poco azzardata dell’epoca e su una visione troppo romantica di un grande (forse il più grande) cantautore della storia. Ma So long, Marianne, dopo un inizio po’ lento, si scioglie e diventa molto bella, specialmente quando s’inoltra nel campo dei sentimenti e della sensualità, in ricordo di tutti i paradisi perduti.
La storia tra Leonard Cohen e Marianne Ihlen, nonostante una separazione, è durata fino alle loro morti nel 2016. In un anno in cui le formule talvolta scontate sembrano dominare la vena creativa degli autori di tutto il mondo, la fragilità di questa serie merita indubbiamente tutta la nostra ammirazione. ◆ adr
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it
Questo articolo è uscito sul numero 1556 di Internazionale, a pagina 78. Compra questo numero | Abbonati