A poche ore dall’invasione russa dell’Ucraina nel febbraio 2022, Elon Musk aveva fatto notizia mettendo a disposizione di Kiev i suoi terminali per le connessioni satellitari Starlink, prodotti dalla sua azienda aerospaziale SpaceX. Musk aveva ricevuto grandi elogi per quel gesto, anche se la gran parte di quei terminali, che l’esercito statunitense aveva poi rapidamente portato nel paese sotto assedio, era stata pagata dagli Stati Uniti e dalla Polonia.
Pochi mesi dopo, però, aveva già cambiato idea. A settembre un tentativo dell’Ucraina di attaccare le forze russe in Crimea è fallito, perché l’accesso a Starlink era stato disattivato. Il mese successivo i soldati ucraini hanno scoperto che la connessione era stata interrotta quando si erano avvicinati alle posizioni russe nel sud del paese. Musk non solo era stufo di pagare in parte il costo del servizio, ma secondo Colin Kahl, il sottosegretario alla difesa americano che era dovuto intervenire personalmente, il miliardario “si stava innervosendo perché i russi vedevano il coinvolgimento di Starlink come un modo per aiutare lo sforzo bellico ucraino, e stava cercando un modo per placare le loro preoccupazioni”. In seguito Mosca ha ottenuto migliaia di terminali Starlink per i suoi soldati.
Il voltafaccia dall’Ucraina alla Russia rientra in un più vasto slittamento verso destra delle idee di Musk, come testimonia la sua adesione alle teorie del complotto
Il voltafaccia di Musk rientra nel più vasto slittamento verso destra delle sue idee, come testimonia l’adesione alle teorie del complotto sull’immigrazione e la parità di genere, e la costruzione di alleanze con movimenti politici di quello schieramento. Musk non lo fa per favorire le sue aziende, ma perché la sua ideologia politica promossa su X (un tempo Twitter) diventi la linea dei governi di tutto il mondo.
Il primo importante incontro di Musk con un esponente dell’estrema destra in ascesa è stato nel maggio 2022, quando si è confrontato con il presidente brasiliano dell’epoca Jair Bolsonaro. Ufficialmente Musk era in Brasile per lanciare Starlink, promosso come uno strumento per connettere le scuole rurali e migliorare il monitoraggio dell’Amazzonia. Questa presentazione, in realtà, serviva a nascondere i tagli ai fondi per i controlli ambientali sulla foresta pluviale. Bolsonaro ha anche elogiato il piano di Musk per l’acquisto di Twitter, definendolo una “boccata d’aria fresca”. Dopo aver rilevato il social network, l’imprenditore ha licenziato quasi tutto il personale brasiliano, lasciando campo libero a chi diffondeva notizie false su presunti brogli elettorali. Quell’incontro ha dimostrato come politica e affari possono completarsi a vicenda. Musk ha ottenuto un nuovo mercato per la Starlink e ha contribuito all’avanzata del movimento di estrema destra in Brasile. Da lì in poi non si è più fermato.
Nel giugno 2023 ha incontrato il primo ministro indiano Narendra Modi, dicendo di essere un suo fan. I due hanno discusso di Starlink e della possibilità di aprire nel paese una fabbrica della Tesla (l’azienda di Musk che produce auto elettriche). Modi è considerato un estremista per aver spinto il movimento nazionalista indù a colpire con una violenza senza precedenti la popolazione musulmana del paese. E Musk ha lasciato che Twitter diventasse uno strumento di censura per il governo indiano: messaggi verso il primo ministro sono stati cancellati, come gli account di giornalisti e oppositori.
Qualche mese dopo l’allora presidente ungherese Katalin Novák è andata in Texas per visitare le fabbriche della Tesla. Novák è dello stesso partito del primo ministro Viktor Orbán, una figura centrale nella crescita del populismo illiberale di destra in Europa. Poco tempo dopo su Twitter Musk si è detto d’accordo con le critiche di Orbán alle politiche migratorie europee.
A ottobre l’imprenditore ha commentato un tweet del primo ministro conservatore della Nuova Zelanda, Christopher Luxon, scrivendo: “Congratulazioni e grazie al cielo!”. Luxon aveva appena sconfitto il Partito laburista, e oggi guida il governo più di destra che il paese abbia avuto da decenni.
Il Partito democratico vuole che i miliardari paghino tasse più alte negli Stati Uniti. Questo ha incoraggiato Musk a rivolgersi alla destra, perché sarà disposta a difendere il suo potere
Il fondatore della Tesla è intervenuto anche nella politica del suo paese d’origine, il Sudafrica, rilanciando il mito del “genocidio bianco” diffuso dai nazionalisti per affermare che i sudafricani neri stanno uccidendo in massa i contadini bianchi. Per questo non sorprendono i suoi flirt più recenti. La premier italiana Giorgia Meloni sta diventando una forza trainante nella spinta a destra dell’Europa. È la leader di Fratelli d’Italia, un partito legato al passato fascista che ogni anno organizza Atreju, una festa per i suoi simpatizzanti più giovani. Nell’ultima edizione, a dicembre, Musk è salito sul palco insieme a Meloni per lanciare un monito sul pericolo dell’immigrazione “incontrollata”, sottolineare l’importanza del preservare “l’identità culturale” italiana, liquidare i timori per l’ambiente secondo lui “esagerati” e dire quanto è importante fare più figli.
Tornando nelle Americhe, si è congratulato con il presidente “anarco-capitalista” argentino Javier Milei quando è stato eletto. Milei ha messo in atto una “terapia d’urto” in Argentina, smantellando la spesa pubblica e rendendo ancor più difficile la vita ai cittadini, già messi a dura prova dal peso dell’inflazione. Musk beneficia della deregolamentazione, perché alcune norme sono state modificate per consentire il lancio della Starlink. Inoltre, sarebbe “estremamente interessato” ai giacimenti di litio del paese.
Come se non bastasse, a novembre l’imprenditore ha incontrato il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu per ripulirsi l’immagine dopo aver contribuito a diffondere una teoria antisemita su Twitter. Con un tacito sostegno al genocidio a Gaza, ha promesso che Israele avrebbe avuto il diritto di veto su ogni accesso a Starlink nell’enclave assediata, anche da parte di organizzazioni umanitarie.
I crescenti rapporti tra Musk e l’estrema destra globale preoccupano, ma non sono una sorpresa. C’è stato un periodo in cui il miliardario si presentava come un uomo d’affari più progressista, perché questo significava ricevere prestiti e sussidi per la Tesla, lo aiutava a convincere il Partito democratico statunitense a riformare l’industria aerospaziale favorendo la SpaceX. Ma quei tempi ormai sono lontani.
Da anni Musk coltiva una visione conservatrice, che ha avuto un’enorme spinta con la pandemia e con la posizione che il magnate ha acquisito nella società. Oggi si chiede a SpaceX e alla Tesla un’assunzione di responsabilità maggiore, e il Partito democratico pretende che i miliardari paghino tasse più alte. Questo ha incoraggiato Musk a rivolgersi alla destra, perché i conservatori saranno disposti a difendere il suo potere così come fanno con le altre multinazionali.
Negli Stati Uniti Musk ha trasferito la sua base operativa dalla democratica California al Texas repubblicano. Da tempo ha problemi con l’ente statunitense che vigila sulla borsa, che lo ha denunciato per frode dopo che aveva mentito dichiarando di avere la disponibilità finanziaria per rilevare l’intero capitale azionario della Tesla nel 2018. Ha anche tenuto nascosti alle istituzioni gli infortuni sul lavoro avvenuti nelle sue fabbriche e ha attaccato l’agenzia statunitense per la protezione della fauna selvatica, colpevole di aver fatto dei controlli sulle attività della SpaceX in Texas. Più di recente ha usato la SpaceX per fare causa all’agenzia governativa per la tutela dei lavoratori. In questo è sostenuto dai repubblicani, con cui Musk ha legami sempre più stretti.
Gli interessi politici ed economici di Musk negli Stati Uniti sono più intrecciati, perché è lì che vive ed è lì che hanno sede le sue aziende. Vuole assicurarsi che la Tesla e la SpaceX possano continuare a ignorare le leggi sull’ambiente e la sicurezza, e che la sua ricchezza non sia presa di mira dal parlamento. Questo lo spinge a sostenere il Partito repubblicano, che a sua volta vuole essere vicino a un uomo osannato come il creatore del nostro futuro collettivo. Insomma, c’è un vantaggio reciproco da questa alleanza.
Anche in gran parte del mondo i movimenti di destra vogliono attirare le attenzioni di Musk. In alcuni casi queste intese sono più politiche, come in Ungheria o in Italia, dove Musk non ha interessi imprenditoriali. In altri c’è un rapporto più commerciale, come in India, dato che la Tesla punta a costruire una fabbrica nel paese impiegando manodopera a basso costo, o come in Argentina, per ottenere accesso al litio.
I rapporti con la Cina sono diversi. L’imprenditore ha cercato d’ingraziarsi i funzionari di Pechino perché il paese rappresenta un grande mercato, è più avanti dell’occidente sull’adozione dei veicoli elettrici e dispone di manodopera a basso costo. Sarà che a Musk piace la disciplina del lavoro collegata alla mancanza di democrazia? Senz’altro. Vuole che i paesi occidentali siano allineati ai suoi valori e che le altre parti del mondo siano al servizio dei suoi progetti commerciali. È in quest’ottica che guarda all’India e alla Cina.
Musk non è l’unico a ragionare così. Nella Silicon valley è semplicemente quello che ha sposato più apertamente le idee della destra per difendere la sua ricchezza. Quelle idee hanno una lunga storia nel settore della tecnologia, ma più che altro ai dirigenti dei colossi tecnologici interessa consolidare la loro posizione. Marc Andreessen, investitore di capitali di rischio, è stato piuttosto esplicito al riguardo: nel suo manifesto tecnottimista del 2023, ha citato molti pensatori di estrema destra, compresi i futuristi italiani che sostennero gli antenati politici di Meloni. Se il fascismo risorgerà, non sarà affatto un problema per i giganti della tecnologia, purché riescano a mantenere il loro potere. ◆ fdl
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Questo articolo è uscito sul numero 1559 di Internazionale, a pagina 39. Compra questo numero | Abbonati