N el libro del 1886 Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde, l’autore scozzese Robert Louis Stevenson racconta la storia del dottor Henry Jekyll, ricco, di buona famiglia e rispettato, che sviluppa una pozione in grado di mantenere i suoi desideri cattivi separati dal controllo del suo io buono, dando vita al grottesco e deforme Edward Hyde. Jekyll è convinto di ottenere così il piacere che entrambe le sue parti desiderano senza che una sia gravata dalle richieste dell’altra.
Guardando la copertura mediatica delle festività per il giubileo di platino della regina Elisabetta II – cioè i settant’anni dalla sua ascesa al trono – non ho potuto fare a meno di pensare che lo stato britannico abbia raggiunto un risultato simile. Le cerimonie in pompa magna ricordavano le glorie svanite dell’impero, oggi incarnate dalla regina e dalla sua famiglia. Quasi del tutto assente dal racconto è stato però il ricordo degli orrori che l’impero ha inflitto a milioni di persone nel mondo.
Le cerimonie di Londra ricordavano le glorie svanite imperiali. Quasi del tutto assente è stato però il ricordo degli orrori che l’impero ha inflitto a milioni di persone nel mondo
Fu durante un viaggio in Kenya nel febbraio 1952 che Elisabetta apprese della morte del padre e divenne regina. Lei e il marito, il principe Filippo, erano stati sul punto di saltare quella tappa del loro tour imperiale perché la colonia viveva le prime fasi della ribellione armata dei contadini dell’Esercito per la terra e la libertà del Kenya, meglio nota come la rivolta dei mau mau. Il racconto della ragazza che si arrampicò su un albero da principessa e ne scese da regina tende a ignorare le circostanze in cui è stata catapultata e la morte, la tortura, le violenze e i saccheggi inflitti ai keniani nel primo decennio del suo regno. Inutile dire che non si è parlato di niente di tutto questo durante il giubileo.
I mezzi d’informazione internazionali si sono concentrati sulle reazioni del principe Louis, 4 anni, alla parata aerea della Royal air force (Raf). Nel novembre 1953, quasi due anni dopo l’inizio del regno di Elisabetta, mio padre aveva la stessa età del principe Louis. Dubito che molti giornalisti si degnerebbero d’immaginare le sue reazioni nei successivi venti mesi, quando gli aerei della Raf sfrecciavano sui campi di concentramento in cui i britannici avevano rinchiuso 1,5 milioni di persone e sganciavano quasi sei milioni di bombe sui keniani che chiedevano terra e libertà.
Poco inchiostro sarà sprecato per parlare di un’altra caratteristica del regno di Elisabetta II, la cosiddetta Operazione eredità, il tentativo sistematico di cancellare e distorcere la verità sull’impresa coloniale attraverso il furto, la distruzione e la manomissione di documenti nel periodo in cui il vento del cambiamento spazzava via l’impero. Nel 2013, dopo che un gruppo di keniani fece causa al Regno Unito, il Foreign office fu costretto ad ammettere di aver nascosto illegalmente più di un milione di documenti di epoca coloniale destinati a essere desecretati. A oggi questi documenti restano nel Regno Unito e devono ancora essere restituiti alle colonie a cui sono stati rubati.
Per risparmiare a Londra l’imbarazzo e la responsabilità delle atrocità e dei crimini commessi in epoca coloniale, l’esistenza di questo archivio è stata tenuta nascosta non solo ai keniani, ma anche ai britannici, molti dei quali hanno ancora un’immagine romanzata dell’impero, e ne ignorano la disumanità.
Oggi la regina rappresenta il dottor Jekyll del signor Hyde che è il Regno Unito: incarna la gloria e la benevolenza dell’impero tagliandone fuori la malvagità. Né lei né i suoi eredi si sono degnati di riconoscere, chiedere scusa o cercare di rimediare agli orrori inflitti ai keniani nel loro nome. I 25 milioni di dollari pagati controvoglia a cinquemila ex combattenti mau mau nel 2013 sono stati un’elemosina a confronto della violenza e dei saccheggi subiti e il governo britannico continua a negare qualsiasi responsabilità per i peccati commessi dall’amministrazione coloniale. Cosa ancora più importante, non si è fatto alcuno sforzo per trovare e punire le persone che commisero quelle atrocità.
Si potrebbe sostenere che la regina ha poco potere sulle decisioni e le azioni compiute in suo nome. Tuttavia, scegliendo di tacere, mentre insieme alla sua famiglia continua a godere dei frutti dell’oppressione, ha mostrato codardia morale e ha implicitamente appoggiato quelle azioni e quelle decisioni.
Il suo giubileo di platino è un appello a ricordare in modo sbagliato il passato coloniale e la violenza e il dolore inflitto dallo stato da lei guidato e rappresentato. Ma, come nel caso di Jekyll, la scorta di falsità create per tenere a distanza la verità legata a Hyde si sta esaurendo. In tutto il mondo, come evidenziato dalle proteste esplose in occasione della recente visita reale ai Caraibi e dalla volontà di quei paesi di liberarsi della regina come capo di stato, si sta affermando la richiesta di verità e giustizia. Se il Regno Unito continuerà a nascondersi dal suo passato più oscuro, il rischio è che questo possa consumarne la reputazione e il posizionamento internazionale. ◆ gim
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Questo articolo è uscito sul numero 1464 di Internazionale, a pagina 48. Compra questo numero | Abbonati