A quasi due anni dalla presa di Kabul, i taliban continuano a soffocare la libertà delle donne afgane. L’istruzione per le ragazze nelle scuole superiori e all’università è stata proibita già da un pezzo. Al divieto di lavorare per il governo si è aggiunto quello di farlo per le organizzazioni non governative. I taliban non si sono accontentati di queste misure, che cancellano le donne dalla sfera pubblica.
Non molto tempo fa, le donne che lavoravano nei saloni di bellezza hanno scoperto che i volti femminili sulle insegne delle loro attività erano stati cancellati. In breve tempo i taliban avevano messo al bando gli stessi saloni di bellezza, perché secondo loro offrivano servizi “proibiti dall’islam”. Tra le pratiche offensive e contrarie al Corano indicate dai taliban ci sono la depilazione delle sopracciglia, il trucco e l’uso dei capelli di altre persone per allungare i propri.
Non c’è da stupirsi se le politiche dei taliban stanno colpendo la salute mentale delle afgane. Dopo vent’anni di guerra, la cancellazione dei diritti gli ha dato il colpo di grazia
Questo divieto avrà un impatto economico enorme sulla popolazione femminile, in un paese in cui già oggi l’85 per cento delle persone vive al di sotto della soglia di povertà. “Il salone di bellezza era la nostra unica fonte di reddito, ora non so cosa fare. Come affronteremo le nostre spese?”, ha detto all’agenzia Ap la proprietaria di un salone a Kabul. Suo marito, un ex poliziotto, è disoccupato. Il divieto colpirebbe almeno sessantamila donne, se non di più, con un impatto diretto su molte famiglie. I saloni di bellezza sono al centro dell’economia femminile. Con questa nuova legge diventeranno clandestini e persone innocenti che tagliano i capelli finiranno in carcere. “Non abbiamo speranze in questo paese”, dice la proprietaria di un salone di bellezza. “Non c’è posto per le donne qui”.
Dal giorno stesso in cui hanno riconquistato il potere nel 2021, i taliban hanno cercato di cancellare le donne dalla sfera pubblica, divieto dopo divieto. Ma quelle che lavoravano nei saloni di bellezza non fanno nemmeno parte della sfera pubblica. Dato che gli uomini non erano ammessi, questi posti erano un rifugio e uno dei pochi luoghi d’incontro per le donne. Ora si è chiusa anche quest’ultima porta.
Non c’è da stupirsi se le politiche dei taliban stanno colpendo la salute mentale delle afgane. Se vent’anni di guerra non erano bastati, la cancellazione dei loro diritti gli ha dato il colpo di grazia. Il Washington Post ha confermato un aumento dei casi di disturbi mentali nella popolazione femminile. Una donna ha riferito al quotidiano statunitense che quando le amiche le dicono di “sentirsi meglio” lei si preoccupa moltissimo. Sa che questo non corrisponde alla realtà, ma che probabilmente si sono rassegnate al loro destino. Una situazione confermata anche da altri rapporti, compresi quelli delle Nazioni Unite, secondo cui sono in aumento anche le percentuali delle adolescenti che soffrono di depressione. L’80 per cento circa dei tentati suicidi in Afghanistan sono commessi da donne.
Inoltre, la messa al bando dei saloni di bellezza non ha alcun senso dal punto di vista economico. Il ritiro degli Stati Uniti dal paese ha provocato il crollo di un’economia basata sugli aiuti umanitari, con la riduzione significativa dei negozi o addirittura la chiusura di molte ong attive nel paese. Tuttavia, nonostante il numero crescente di divieti imposti alle donne, i taliban sostengono che l’Afghanistan vuole lavorare con la comunità internazionale e ampliare le sue attività commerciali. Ma sembrano dimenticare il fatto che la comunità internazionale potrebbe (a ragione) avere dei problemi a collaborare con un regime così dichiaratamente misogino.
Le donne afgane rappresentano una categoria sfruttata più o meno da tutti. Gli Stati Uniti hanno usato il pretesto di “liberarle” per giustificare l’invasione del paese. Quando dopo vent’anni hanno deciso di andarsene, non hanno fatto niente per proteggere i loro diritti e le hanno abbandonate al loro destino, lasciandole nelle mani degli stessi taliban che avevano promesso di cacciare via. Dato che Washington ha usato i diritti delle donne come giustificazione per le crudeltà commesse in Afghanistan, per i taliban imporre questi divieti è una rivincita. Per questo continuano a farlo senza sosta.
Si può fare poco per aiutare le afgane. A causa del boicottaggio del regime da parte della comunità internazionale, ci sono pochi strumenti per convincere i taliban. I divieti quindi continuano a susseguirsi uno dopo l’altro, alimentando all’infinito un circolo vizioso.
Nel frattempo una nuova generazione di afgane ha perso la speranza non solo di un futuro migliore, ma perfino di tirarsi su di morale con un taglio di capelli. Isolate e ridotte al silenzio, sono state lasciate sole da tutti a sopportare il costo della visione oscurantista e misogina dei taliban, in un paese dilaniato dalla guerra e dimenticato. ◆ gim
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Questo articolo è uscito sul numero 1521 di Internazionale, a pagina 36. Compra questo numero | Abbonati