È facile collegare i puntini. Sono vicinissimi e sono i fori d’ingresso dei proiettili sparati contro la società statunitense da una sottocultura che ha il culto delle armi. Mentre inaspriva le limitazioni all’aborto, il Texas ha allentato quelle sulle armi da fuoco. Fucili e pistole sono il simbolo di una particolare versione della mascolinità, fatta di libertà, potere e dominio illimitati, di una mentalità da soldato in cui chiunque è un potenziale bersaglio, in cui la paura alimenta l’aggressività e i diritti dei possessori di armi, riuniti in una setta suprematista bianca, si estendono a tal punto che nessuno è al sicuro da loro.
Ogni luogo in cui le armi vengono usate è una zona di guerra, e questo può essere considerato un’altra delle ragioni per cui gli Stati Uniti sono in preda a una guerra che non merita neanche di essere chiamata civile. E armi da guerra vengono usate per compiere stragi di civili in tutto il paese, come il 24 maggio, quando a Uvalde, in Texas, 19 bambini di quarta elementare e due insegnanti sono stati uccisi da una persona che, per il solo fatto di aver compiuto diciotto anni, aveva potuto comprare un’arma semiautomatica e delle munizioni.
I diritti dei possessori di armi, riuniti in una setta suprematista bianca, si estendono a tal punto che nessuno è al sicuro da loro
Nel 1791, all’epoca in cui il secondo emendamento – quello che garantisce il diritto di possedere armi – fu aggiunto alla costituzione americana, il tempo di ricarica delle pistole era di circa un minuto e tutte le armi erano a colpo singolo.
Al contrario, l’assassino di Las Vegas nel 2017 ha esploso più di mille proiettili dalla finestra del suo albergo, uccidendo sessanta persone in dieci minuti. L’adolescente di Buffalo che il 14 maggio ha ucciso dieci clienti neri e una guardia di sicurezza armata non era ben addestrato, come non lo era l’antisemita che ha ucciso undici persone nella sinagoga di Pittsburgh nel 2018, o l’omofobo che ha ucciso 49 persone e ne ha ferite 53 in un locale notturno di Orlando, o il macellaio razzista di El Paso che ha ammazzato 23 persone e ne ha ferite altrettante, o la persona che ha ucciso 26 persone, tra cui venti bambini, alla scuola Sandy Hook di Newtown, nel Connecticut.
Per assecondare il culto delle armi e i massacri, insegnanti e bambini praticano esercitazioni scolastiche durante le quali gli viene ricordato che potrebbero essere uccisi. Le scuole spendono centinaia di milioni di dollari per la sicurezza, il rafforzamento degli edifici e le esercitazioni e il governo federale spende altri milioni per gli agenti dei campus scolastici. Le città spendono una fortuna, in una specie di corsa agli armamenti che ha giustificato anche la militarizzazione della polizia. Con scarsi risultati. Tanto è vero che a Uvalde le forze dell’ordine armate fino ai denti e corazzate hanno essenzialmente protetto la persona che ha sparato, controllando la folla dei genitori mentre i bambini morivano dentro la scuola, invece di fare irruzione come erano stati pagati, equipaggiati e addestrati per fare. È una specie di tassa da pagare per tutti i cittadini in termini di denaro e benessere affinché i pistoleri possano usare le pistole.
Una delle cose più inquietanti della destra statunitense è che è manipolata da interessi privati, che ricavano enormi guadagni dalle sue ossessioni. Meno di vent’anni fa la National rifle association (Nra), la lobby delle armi, i gun manufacturers, i produttori di armi, hanno deciso di passare dalla promozione della cultura della caccia e della vita rurale alla vendita di armi da guerra ad alta potenza, e dei relativi giubbotti antiproiettile e capi d’abbigliamento militare. Così hanno trasformato degli uomini bianchi conservatori in commando dilettanti che giocano a fare la guerra dove vogliono e gli Stati Uniti in una zona di guerra.
La paura e l’odio aumentano i profitti e così entrambe queste colture sono coltivate avidamente, dall’industria delle armi, dalle organizzazioni giornalistiche di destra, dai vari opinionisti e demagoghi, dai leader delle milizie e dai neonazisti.
C’è una simmetria in questa espansione della violenza patriarcale e nella repressione dei diritti riproduttivi
Come ha scritto sul Guardian Ryan Busse, ex dirigente pentito dell’industria delle armi, “quando l’aggressività della National rifle association (Nra) si è dimostrata politicamente efficace, alcuni hanno capito che poteva essere usata per vendere di più. Per avere successo bastava adottare una retorica spaventosamente pericolosa e armi sempre più potenti”. I politici repubblicani si sono ingozzati di donazioni e hanno varato leggi che hanno fatto aumentare le vendite, i profitti sono saliti alle stelle e le armi hanno iniziato a comparire in nuove forme.
La rabbia è stata alimentata dal razzismo, dalla misoginia, dalle fantasie neo-sudiste e da versioni caricaturali della mascolinità, e le armi hanno reso il tutto molto più pericoloso. E la colpa è del dominio di una minoranza, perché la maggioranza degli statunitensi, così come è a favore del diritto all’aborto, è favorevole a limitare l’accesso alle armi.
La cultura della guerra mi ricorda quella dello stupro, in particolare l’idea che tocchi alle vittime limitare la violenza, e non agli aggressori.
Alle donne viene detto di riorganizzare la loro vita e mortificare la loro libertà per evitare la violenza sessuale, mentre dovrebbe essere la società a proteggere i loro diritti. Ci viene detto di limitarci nella scelta di dove ci spostiamo e in che orari, di stare attente a rimanere da sole, alla folla, ai bar, a quello che beviamo, alle droghe, ai pisolini, alle feste, agli spazi pubblici, ai trasporti, agli sconosciuti, alle città, alla natura; di considerare il nostro abbigliamento e persino il nostro aspetto come una potenziale provocazione, una sorta d’invito. Di mortificare la nostra libertà e la nostra fiducia in noi stesse per accogliere una cultura della violenza. È la stessa logica per cui oggi tutti dovrebbero adattarsi a una cultura delle armi.
L’idea di diritti illimitati inoltre vale per un numero limitato di persone. Il permesso di girare armati liberamente è pensato per i bianchi, perché a un nero non sarebbe certo permesso di entrare in un supermercato con un fucile a tracolla: Philando Castile è stato colpito a bruciapelo solo per aver detto a un poliziotto che aveva una pistola in macchina nel 2016; il dodicenne Tamir Rice è stato colpito per aver impugnato una pistola giocattolo a Cleveland nel 2014.
Così l’approvazione di nuove leggi sull’aborto e la probabile abrogazione della sentenza Roe contro Wade fanno sì che alle donne incinte sia negata la possibilità di decidere sul proprio corpo, mentre i possessori di armi da fuoco affermano i loro diritti sui corpi degli altri.
In Oklahoma qualsiasi donna rimanga incinta ha meno diritti di un ammasso di cellule visibili solo al microscopio e può essere perseguita come assassina se non porta a termine la gravidanza. Deve inoltre subire un’invadenza grottesca: un’indagine penale per ogni aborto spontaneo, che la obbliga a dimostrare a un sistema legale ostile che la gravidanza è il risultato di uno stupro o di un incesto. In questo modo la gravidanza è sorvegliata e loro stesse sono dei potenziali sospettati.
C’è una simmetria raccapricciante in questa espansione della violenza patriarcale e nella repressione dei diritti riproduttivi.
Le armi simboleggiano il potere di una minoranza sulla maggioranza e sono diventate le icone di un partito, quello repubblicano, che si è trasformato ormai in una setta in cerca di potere attraverso l’abolizione del diritto di voto e la persecuzione di donne, immigrati, neri, persone queer e trans, che sono stati tutti bersagli delle stragi negli ultimi anni. È lo stesso partito che ha cercato di rovesciare un’elezione attraverso la violenza fomentata dall’ex presidente Donald Trump e da vari opinionisti e demagoghi. “Processo per combattimento”, rantolava Rudy Giuliani mentre incitava la folla a scatenarsi durante l’assalto al congresso di Washington il 6 gennaio 2021.
Per loro le armi da fuoco sono icone e la violenza va difesa come un diritto. Le armi semiautomatiche sono strumenti di morte diffusi da una setta. E la carneficina continuerà finché la maggioranza non riuscirà a prevalere sulla minoranza al potere che ne trae profitto e lo perpetua. ◆ ff
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Questo articolo è uscito sul numero 1463 di Internazionale, a pagina 40. Compra questo numero | Abbonati