Potreste ragionevolmente credere di essere individui della specie Homo sapiens. In realtà siete molto di più. Miliardi di altri organismi vivono sulla superficie e all’interno del vostro corpo. Fino a poco tempo fa, gli scienziati credevano che ci fossero tre parti distinte della nostra natura che riflettevano aspetti incontrovertibili di un sé individuale: il sistema immunitario, il genoma e il cervello. “Nessuno di questi pilastri della definizione tradizionale del sé – immunità, integrità del genoma, sistema nervoso centrale – è esente dall’influsso del microbioma”, afferma Thomas Bosch dell’università di Kiel, in Germania.
I microbi che ci colonizzano, noti complessivamente come microbiota, mettono in discussione il concetto di un sé distinto. Si tratta di batteri, virus e funghi, anche se i più studiati sono i batteri. Messi tutti insieme, questi microbi coordinano il sistema immunitario, influenzano il funzionamento e la crescita del cervello e condizionano la nostra personalità e i nostri sentimenti. Più di un terzo dei geni umani sono di origine batterica, e l’attività di migliaia di miliardi di geni microbici nell’intestino ha conseguenze dirette sulla nostra nutrizione e sul metabolismo.
Queste scoperte portano alla sorprendente conclusione che un corpo umano non è un individuo ma un “metaorganismo”. Bosch, che dirige un centro di ricerca sui metaorganismi, è uno dei molti scienziati secondo cui gli elementi chiave che crediamo ci rendano individui sono in realtà il prodotto di interazioni con i microrganismi. Se è così, dobbiamo ripensare cosa significa essere umani. “Senza dubbio, la linea di demarcazione tra dove finiamo noi e dove comincia il mondo esterno è oggetto di dibattito”, afferma Geraint Rogers del South Australian health and medical research institute di Adelaide.
Il fatto che questo confine sia sfumato ha un senso, dato che ci siamo evoluti su un pianeta abitato da microbi e che i microbi erano qui molto prima di noi. “Fondamentalmente, siamo sempre stati in parte microbici”, afferma Alan Walker dell’università di Aberdeen, nel Regno Unito. Questo punto di vista ha importanti implicazioni per quanto riguarda il nostro posto nella natura, ma implica anche che dovremo cambiare il modo in cui ci curiamo quando siamo ammalati.
“Dobbiamo adattarci a una visione olistica che tenga conto della complessa interconnessione tra il nostro intestino, la nostra mente e i miliardi di microbi che vivono nel nostro apparato digerente”, afferma Harriët Schellekens, dell’Univeristy college di Cork, in Irlanda. Al momento, tuttavia, non sappiamo sempre come fare: il sistema è semplicemente troppo complicato, con molte incognite. Il miglior trattamento a base microbica che abbiamo si basa sull’uso di trapianti fecali per trattare le infezioni ricorrenti del batterio Clostridioides difficile.
Connessione profonda
A parte questo, le prove cliniche affidabili per una medicina basata sul microbioma si accumulano lentamente. Un esempio promettente è uno studio condotto nel Regno Unito che ha esaminato i neonati prematuri a rischio di sviluppare una malattia intestinale pericolosa chiamata enterocolite necrotizzante. La diffusione di questa malattia si è più che dimezzata nei bambini a cui è stata somministrata una dose giornaliera di batteri protettivi.
Ma i trattamenti che sfruttano la comunità microbica nel nostro organismo devono essere ulteriormente sviluppati. Prendiamo il legame tra il microbioma e la salute mentale. I nostri microbi intestinali sintetizzano molti degli stessi neurotrasmettitori prodotti dal cervello, e li usano per comunicare con esso. Tutti ci rendiamo conto dell’intima connessione tra il cervello e l’intestino quando siamo nervosi o abbiamo le farfalle nello stomaco, ma in realtà questo rapporto è ancora più profondo. Diversi studi hanno dimostrato una correlazione tra la mancanza di alcuni batteri intestinali e disturbi come la depressione e l’ansia, ma non sappiamo se questo legame è causale. I trapianti fecali da persone depresse sembrano indurre depressione nei ratti. E in alcuni studi preliminari, quando le persone depresse sono state curate con trapianti fecali i loro sintomi sono migliorati.
La maggior parte dei trapianti riusciti è avvenuta in concomitanza con una terapia tradizionale, e il miglioramento dei sintomi non è stato permanente. Neanche le conseguenze a lungo termine dei trapianti fecali sono chiare. Le terapie affidabili, quindi, sono ancora lontane. “Per me questa è solo un’indicazione, non tratterei la depressione curando il microbioma”, afferma Walker.
Ma Rogers afferma che il microbioma può spiegare le differenze nei risultati clinici tra un individuo e l’altro. Quando curiamo qualcuno, prendiamo in considerazione le predisposizioni genetiche e le condizioni esistenti, dice, ma è sempre più chiaro che dovremmo aggiungere il microbioma alla lista.
Tutto questo ha profonde implicazioni su ciò che significa essere umani. Per secoli ci siamo considerati distinti dalla natura, il che ha portato a uno sfruttamento eccessivo dell’ambiente. “Abbiamo sempre pensato di essere diversi, superiori alla natura, vedendola come qualcosa di estraneo”, dice Bosch. “Dobbiamo tornare a pensare che facciamo tutti parte di un sistema vivente integrato. Se guardiamo nel nostro corpo, vedremo che siamo pieni di natura”. ◆ bt
◆ Il microbiota è l’insieme dei microrganismi, come batteri, virus e funghi, che popolano il nostro corpo. Quello dell’apparato digerente è spesso chiamato “flora intestinale”. A volte al posto di microbiota si usa il termine microbioma, soprattutto in inglese, ma quest’ultimo in realtà indica l’insieme dei geni dei microrganismi che compongono il microbiota.
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Questo articolo è uscito sul numero 1544 di Internazionale, a pagina 56. Compra questo numero | Abbonati