“Non voglio tutta questa merda”, esclama l’irascibile Logan Roy nel primo episodio della seconda stagione di Succession. La “merda” in questione è un banchetto luculliano di ostriche sgusciate, gamberoni all’arancia e aragoste condite con burro all’aglio servite su un letto di ghiaccio. Nella serie tv, che offre un quadro accurato e ben documentato della vita dei miliardari, la classe sociale di appartenenza è evidenziata anche da quello che i personaggi mangiano o, meglio, non mangiano.
Esattamente come i Roy, oggi chi fa parte dell’1 per cento più ricco del pianeta si comporta come se avesse domato definitivamente la fame. Il cofondatore di X, Jack Dorsey, ha dichiarato di digiunare per 22 ore al giorno, mentre il miliardario biohacker Bryan Johnson ha giurato di astenersi dal mangiare per 23 ore al giorno. Il digiuno estremo non coinvolge solo il settore della tecnologia. In un video in cui mostra la sua routine mattutina, la modella Bella Hadid ingerisce più di venti tipi di integratori e vitamine, insieme a un unico, misero boccone di croissant.
Il rapporto tra l’individuo e il cibo è sempre stato legato alla classe sociale. Si racconta che il re Enrico I d’Inghilterra morì per una “scorpacciata di lamprede”. Nel Regno Unito il valore attribuito ai prodotti alimentari è sempre “dipeso fortemente dalla loro disponibilità”, spiega Pen Vogler, autrice di Stuffed: a history of good food and hard times in Britain (Pieni: una storia del buon cibo e dei tempi magri nel Regno Unito). “La curva di domanda e offerta è utile anche per capire quali ingredienti sono associati a uno status superiore, dalla carne di cervo e la cacciagione, la cui vendita è stata estremamente regolamentata dall’invasione dei normanni in poi, alle spezie nell’Inghilterra medievale e nel periodo dei Tudor, fino al cibo francese nel diciannovesimo secolo”, sottolinea Vogler. “Per secoli tutto ciò che era importato è stato un simbolo di ricchezza. Ancora oggi associamo prodotti importati come gli avocado o la quinoa alla ‘classe media’, anche se nei paesi d’origine sono quello che mangiano i contadini”.
Il tempo per cucinare
Dato che le scelte alimentari sono legate al ceto sociale, anche una certa corporatura è ritenuta più “desiderabile” di altre. “In passato un corpo formoso era simbolo di ricchezza, dunque era apprezzato. Al contrario, la magrezza era associata alla povertà”, spiega Maxine Woolhouse, docente di psicologia all’università Beckett di Leeds ed esperta di classi sociali e alimentazione. “Oggi questa tendenza si è invertita”. La nostra società incentrata sul lavoro concede poco tempo per individuare, comprare e cucinare cibi sani e per fare esercizio, e questo vale soprattutto per le persone con un reddito basso. “È uno dei motivi principali per cui l’essere sovrappeso spesso è associato alla classe lavoratrice”, conclude Woolhouse.
Oggi, nonostante tutti gli sforzi per favorire un rapporto positivo con il corpo, la cultura occidentale continua a valorizzare la magrezza. Questa tendenza ha un impatto devastante sulla salute pubblica: nel Regno Unito circa 1,25 milioni di persone (un dato in forte aumento) soffrono di disturbi alimentari. Mai come in questo momento la società gratifica chi ha un corpo snello, nonostante il fatto che riuscire ad averne uno sia sempre più complicato. “Siamo circondati da una quantità enorme di cibo. Non mangiare è diventato più difficile che mangiare”, spiega Vogler. “Tutto ci spinge a consumare cibo: il marketing, i social network, la pubblicità, le app per le consegne a domicilio, le offerte dei supermercati e i cibi ultraprocessati, ideati con l’obiettivo di farne consumare sempre di più”.
Ma per le élite la situazione è molto diversa. “I più ricchi non sono costretti a mangiare cose che portano all’obesità perché hanno accesso a prodotti freschi, sono istruiti, hanno a disposizione spazio, tempo e sicurezza sociale”, spiega Vogler. Vale la pena notare che il farmaco antidiabetico Ozempic, prescritto anche nei casi di obesità, è usato soprattutto dai ricchi. Diversi studi indicano che il consumo di questo farmaco è concentrato in aree come Manhattan, a New York, e Hollywood, a Los Angeles. Elon Musk, terzo nella classifica degli uomini più ricchi del mondo, ha ammesso di aver preso l’Ozempic.
Ordinare aragoste o organizzare una cena sfarzosa non è più indice di ricchezza. I veri ricchi, semplicemente, non mangiano. In un’epoca ossessionata dall’“auto-ottimizzazione” non mangiare diventa un modo per andare oltre le necessità basilari, sfoggiare un controllo totale del proprio corpo e dare prova di grande efficienza e capacità di concentrazione. “Nelle società giudaico-cristiane – ma anche in molte altre religioni, come dimostra la diffusa pratica del digiuno – la rinuncia agli aspetti materiali, e specialmente al mangiare, è considerata un simbolo di trascendenza spirituale. Lo stesso vale per la disciplina e l’autocontrollo”, spiega Woolhouse. Caterina da Siena digiunava per lunghi periodi per dimostrare la sua devozione. “Ma esiste anche un legame con la classe”, aggiunge Woolhouse. “Non aver bisogno di beni materiali come il cibo è una forma di trascendenza. Significa che le necessità materiali non sono una preoccupazione quotidiana”. Woolhouse sottolinea che “le diete alla moda difficilmente prendono piede in paesi dove non c’è abbastanza da mangiare”.
Perciò è sconcertante constatare che le persone famose pubblicizzino il digiuno di ventitré ore o l’assunzione di decine di integratori al posto di una colazione equilibrata. “In questo modo si normalizzano comportamenti che in altri contesti sarebbero considerati indizi di un disturbo dell’alimentazione”, spiega Woolhouse. “Quando certe abitudini alimentari sono spacciate per ‘sane’, diventano più accettabili sul piano sociale e difficili da contrastare”.
Le diete estreme sono tanto pericolose quanto inefficaci. Ma in fondo questa tendenza non è realmente legata al mangiare. È una forma di esibizione, un modo usato dalle classi sociali più alte per sfoggiare la propria ricchezza presentandosi come superiori rispetto a noi comuni mortali, che ci abbassiamo all’infimo atto di mangiare. La verità è che nessuna pillola e nessun frullato potranno mai eliminare la necessità di mangiare. Allora, forse, tanto vale rassegnarsi e godere dei piaceri della tavola. ◆ as
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Questo articolo è uscito sul numero 1561 di Internazionale, a pagina 100. Compra questo numero | Abbonati