Gli insegnanti in Corea del Sud vogliono allargare il movimento di protesta per avere maggiori tutele legali a scuola, in quello che considerano un ambiente sempre più teso. Un obiettivo della lotta è la revisione delle norme che, secondo loro, lasciano i docenti in balia dei genitori insoddisfatti.

La legge sudcoreana sulla tutela dei minori vieta gli “abusi emotivi” che potrebbero danneggiare la “salute mentale e lo sviluppo” di un bambino o di una bambina. Gli insegnanti sostengono che la formula è troppo vaga e che rischiano di essere puniti anche per misure disciplinari di routine, come l’allontanamento dalla classe di uno studente indisciplinato. Secondo Im Seo-young, dell’associazione degli insegnanti, la legge di fatto considera illegale qualsiasi azione turbi l’umore degli studenti. “Di conseguenza, gli insegnanti passano gran parte del loro tempo a preoccuparsi di essere prudenti con alunni e genitori, invece di concentrarsi su come guidare al meglio ragazzi e ragazze nella loro crescita”, dice Im.

Il 15 novembre gli insegnanti hanno tenuto una conferenza stampa per far sentire la loro voce in un momento in cui nel paese si parla d’istruzione, con gli studenti dell’ultimo anno delle superiori impegnati nell’esame nazionale di ammissione all’università. L’esame, suneung in coreano, si è svolto il 16 novembre e può determinare in quali atenei gli studenti saranno ammessi, con una forte ricaduta sulle prospettive di lavoro.

Il movimento degli insegnanti è sceso in piazza la prima volta a luglio, dopo il suicidio di una maestra elementare di 23 anni che a quanto pare aveva avuto dei problemi con i genitori su come gestire la classe. La sua morte aveva portato altri insegnanti a dichiarare pubblicamente la loro insofferenza e a raccontare la fatica di bilanciare i rapporti con gli studenti, i genitori e la direzione, mantenendo al tempo stesso la disciplina in classe. Gruppi di insegnanti hanno poi organizzato nella capitale manifestazioni molto partecipate per chiedere al governo di fare di più per proteggerli dalle accuse di maltrattamenti.

Un’indagine governativa ha concluso che lo stress lavorativo aveva effettivamente giocato un ruolo nella morte della maestra. A luglio il sovrintendente all’istruzione di Seoul, Jo Hee-yeon, aveva ammesso pubblicamente che nelle classi si verificano “gravi disordini e interruzioni delle attività didattiche”, aggiungendo che “denunce maligne” impediscono agli insegnanti di gestire gli abusi.

Park Sang-soo, un avvocato che si occupa di violenza tra studenti nelle scuole, afferma che gli autori di aggressioni o altri atti violenti a volte accusano l’insegnante di averli maltrattati, una tattica per costringere il docente a non fare nulla. Anche se questo non ha maltrattato nessuno, prosegue Park, le accuse possono macchiare la sua reputazione e rovinargli la carriera. “Di conseguenza, gli insegnanti evitano di affrontare i problemi di violenza nelle scuole”.

Da sapere
Troppi suicidi

◆ Negli ultimi dieci anni 144 insegnanti si sono uccisi, scrive il Korea Herald citando dati del ministero dell’istruzione. Nel 78 per cento dei casi si è trattato di insegnanti della scuola primaria. Il ministero non cita le cause dei suicidi, ma nel mondo dell’istruzione molti puntano il dito contro la legge per la tutela dei minori introdotta nel 2014. In base alla legge chiunque sospetti un caso di abuso ai danni di un minore può denunciarlo alle autorità senza dover fornire delle prove. Gli insegnanti dicono di essere ingiustamente presi di mira dai genitori convinti che i loro figli subiscano dei torti. Il settore dell’istruzione è a corto di risorse umane e fatica a far fronte alla crisi che stanno vivendo gli insegnanti, scrive il Korea Times. Secondo l’istituto coreano per lo sviluppo educativo, nella prima metà del 2022 più di 36mila insegnanti si sono rivolti ai centri di psicoterapia gestiti dagli uffici regionali per l’istruzione, che gli offrono anche aiuto per proteggere i loro diritti.


Il vasto campo di applicazione della legge sulla tutela dei minori ha inoltre creato un’atmosfera conflittuale: “La scuola, che dovrebbe essere un luogo in cui si educano i ragazzi, è turbata da dispute legali, e tutti devono sopportare cause lunghe e noiose”, spiega Park.

Mentalità del recupero

Secondo gli analisti, l’ossessione dei sudcoreani per l’istruzione è legata alla spinta del paese per la crescita economica dopo la guerra di Corea (1950-1953). La devastazione del conflitto, in un momento in cui lo sviluppo nel resto del mondo procedeva spedito, ha generato nella popolazione una “mentalità del recupero”, afferma Woo Mi-seong, docente dell’università Yonsei di Seoul. Secondo Woo è probabile che i genitori vedano il rendimento dei figli anche come un indicatore del proprio successo nella vita. La competizione scolastica culmina di solito alla fine delle superiori, quando gli studenti si contendono i posti nelle università più prestigiose, che spesso aprono le porte dei lavori più ambiti nei chaebol (le conglomerate controllate da un’unica famiglia) o nella pubblica amministrazione. “La laurea in una di queste università è considerata da tutti il fattore più importante per il successo e il benessere economico”, continua Woo.

Il sostegno necessario

Dopo la mobilitazione, a settembre il parlamento ha approvato una proposta di legge che ristabilisce i diritti degli insegnanti. Per i docenti l’elemento centrale della legge è la revisione dei criteri per decidere se è stato fatto un danno a un bambino e una maggiore protezione contro il licenziamento in caso di denunce.

Sostengono che gli emendamenti alle norme non sono sufficienti e vogliono potersi difendere dalle false accuse di maltrattamenti. Affermano inoltre di non avere il sostegno necessario per gestire le classi in modo efficace. In particolare, chiedono che siano assunti operatori in grado di aiutarli quando devono gestire bambini indisciplinati che rifiutano di lasciare la classe.

Park Du-yong, un insegnante, racconta che a causa dello stress legato al lavoro lui e molti suoi colleghi sono “esausti e al collasso”. Per questo sta lavorando a un’infrastruttura che dia supporto psicologico e legale a chi è in difficoltà. E dice che ha ancora voglia di “crescere” i ragazzi. ◆ gim

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Questo articolo è uscito sul numero 1539 di Internazionale, a pagina 36. Compra questo numero | Abbonati