Il 16 marzo se n’è andato Dandy Bestia, pseudonimo di Fabio Testoni, chitarrista fragoroso e cofondatore con Roberto Freak Antoni nel 1975 degli Skiantos, gruppo capostipite del rock demenziale, definizione coniata dallo stesso Freak, cantante, performer e agitatore culturale. Una coppia non proprio come Jagger-Richards, però quasi. Però quasi è stato uno degli ultimi componimenti di Freak Antoni, un pezzo meraviglioso che comunque non gli ha consentito di arrivare al festival di Sanremo. Che sarebbe stato un po’ come sparare al cuore dello stato, se non fosse che (parole sue) lo stato non ha un cuore. Il potere all’immaginazione è stato per gli Skiantos la chiave per smontare tutto: la lingua, il rapporto con l’industria dello spettacolo e soprattutto la relazione con il pubblico che non va adulato né intrattenuto né inseguito né soddisfatto, ma provocato. La loro opera ha regalato a tutti noi un manuale di sopravvivenza per aiutarci a non “skiantarci” nel pensiero comune. C’è un film bellissimo sul mondo dello spettacolo di Woody Allen, Broadway Danny Rose , in cui il protagonista dopo la sua scomparsa riceve come massima onorificenza di dare un nome a un sandwich nel delicatessen in cui consumava i suoi pasti. Lo striscione comparso domenica scorsa nella curva dello stadio di Bologna è, se possibile, ancora più poetico : “Ciao Dandy dal tuo pubblico di merda”.

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Questo articolo è uscito sul numero 1606 di Internazionale, a pagina 12. Compra questo numero | Abbonati