Ci sono buoni motivi se le cornacchie sono soprannominate “scimmie con le penne”. Sanno riconoscere le facce e le voci umane, aprono le noci lasciandole cadere sulla strada per farle schiacciare dalle auto e possono contare fino a trenta. Quando i cacciatori le prendono di mira, sanno quante persone – e quali – sono entrate o uscite da un capanno. Ora gli scienziati hanno scoperto un altro loro incredibile talento.

Uno studio pubblicato su Science afferma che le cornacchie sono in grado di contare ad alta voce. I ricercatori sostengono che capiscono i numeri e contano in modo simile agli esseri umani, il che fa di loro l’unica altra specie nota con questa abilità. Significa che potrebbero avere “un sistema linguistico simile al nostro”, dice il biologo statunitense John Marzluff, che non ha partecipato allo studio.

Le cornacchie (Corvus corone) somigliano agli umani sotto molti aspetti. Formano coppie durature, imparano a produrre nuovi suoni per tutta la vita e prendono decisioni in base a delle regole. “Sono state queste somiglianze a farmi interessare a loro”, dice Diana Liao, una biologa dell’università di Tubinga, in Germania.

Gli autori della ricerca sottolineano che una caratteristica della lingua umana è la capacità di associare un suono, come una parola, a una cosa vista o sentita. Di fronte a tre mele, per esempio, diciamo “tre”. Prima di padroneggiare completamente quest’abilità i bambini imparano a usare i nomi dei numeri come equivalenti verbali. Dicono “una, due, tre” oppure “una, una, una”, perché il numero dei suoni emessi corrisponde a quello delle mele che vedono. Sanno farlo anche le cornacchie?

Per scoprirlo Liao e i suoi colleghi hanno insegnato a tre cornacchie a riprodurre da uno a quattro richiami quando vedevano un numero arabo su uno schermo o sentivano brevi suoni (un accordo di chitarra equivaleva a un richiamo, un rullo di tamburo a tre). Dopo aver emesso il verso confermavano di aver completato l’esercizio beccando lo schermo. Gli uccelli che emettevano il numero giusto di richiami – per esempio tre se vedevano quel numero o se sentivano il rullo di tamburo – erano ricompensati con un verme, mentre quelli che sbagliavano non ricevevano niente.

Durante migliaia di prove le cornacchie hanno riprodotto quasi sempre il numero di versi corrispondente al segnale, a riprova del fatto “che capivano la struttura dell’esercizio”, nota Liao. Hanno tuttavia commesso degli errori, di solito dopo aver eseguito numerosi esercizi e quando il numero indicato era un tre o un quattro. “Amavano il numero uno e detestavano il quattro”, aggiunge la ricercatrice. A volte manifestavano l’avversione per il quattro rifiutandosi di emettere un suono e limitandosi a beccare lo schermo per concludere l’esercizio.

Pensa prima di aprire il becco

Com’è emerso da un’analisi delle registrazioni audio, le cornacchie si fermavano a riflettere prima di aprire il becco. “Prima di emettere i suoni decidevano il numero”, sostiene Liao, per esempio indugiando un po’ di più quando dovevano produrre una sequenza lunga.

“Per me il risultato più importante è proprio questo”, commenta Marzluff. “Il tempo di reazione più lungo indica che gli uccelli pensano, organizzano e convertono lo stimolo elettrico che dal cervello raggiunge i muscoli con cui emettono il verso. Il ritardo è compatibile con la pianificazione”. Gli esseri umani fanno la stessa cosa per rispondere a una domanda che richiede una frase complessa, osserva.

Lo studio conferma inoltre l’ipotesi che alcuni uccelli userebbero la vocalizzazione dei numeri per diffondere informazioni come la presenza di predatori e la quantità di cibo. Per gli scienziati quest’abilità delle cornacchie è simile a quella dei bambini e potrebbe essere un “precursore evolutivo” del contare vero e proprio.

“Ora sappiamo che le competenze numeriche, un tempo considerate un tratto distintivo dell’intelligenza umana, non sono esclusive della nostra specie”, conclude Marzluff. ◆ sdf

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Questo articolo è uscito sul numero 1565 di Internazionale, a pagina 103. Compra questo numero | Abbonati