La mattina del 4 luglio ci siamo svegliati con una raffica di notizie tutte uguali: “Hanno chiuso il Tapón del Darién (il tappo del Darién). Il nuovo presidente di Panamá, il conservatore José Raúl Mulino, ha mantenuto la promessa fatta in campagna elettorale e ha ordinato d’installare una recinzione di filo spinato in una delle foreste più fitte del mondo, che collega la Colombia a Panamá, per bloccare il passaggio dei migranti. Poche ore dopo è successo l’inevitabile: le persone che volevano passare hanno rimosso alcuni ostacoli e hanno proseguito per la loro strada. Altri punti rimangono inaccessibili e, “al fine di garantire la chiusura dell’area”, l’esercito colombiano invierà 180 soldati a sorvegliarla.
L’installazione del filo spinato il 3 luglio è avvenuta pochi giorni dopo l’incontro tra i governi di Panamá e degli Stati Uniti. I due paesi hanno firmato un accordo preliminare per “scoraggiare la migrazione irregolare” e ridurre, in teoria, “il numero di individui colpiti dal crudele traffico di persone attraverso il Darién”. La misura principale riguarda il rimpatrio immediato di chi attraversa il confine.
Effetti opposti
L’idea di Mulino non è nuova. Decine di paesi hanno costruito barriere per ostacolare il passaggio delle persone. Anche se il muro più tristemente famoso è quello eretto dagli Stati Uniti in vari punti del confine con il Messico, in America Latina l’Ecuador, l’Argentina e la Repubblica Dominicana hanno costruito barriere simili, e il Cile ha scavato dei fossati con lo stesso scopo. La costruzione del muro statunitense era cominciata negli anni novanta con l’operazione Gatekeeper, per impedire l’ingresso di migranti “indesiderati”. Ma gli arrivi continuarono ad aumentare fino al 2006, quando il paese attraversò una grave crisi economica. Dopo la piccola ma molto pubblicizzata espansione della barriera durante l’amministrazione Trump (2017-2021), gli ingressi di migranti sono aumentati di nuovo.
In generale muri, recinzioni e fossati (così come i visti, le tariffe per l’ingresso e altre politiche migratorie restrittive) non scoraggiano chi vuole partire, ma aumentano solo i pericoli e i costi del viaggio. I migranti rischiano e a volte muoiono nel tentativo di superare questi ostacoli, seguendo rotte dove ci sono meno guardie di frontiera e quindi più criminali. La corruzione degli agenti è cresciuta così come sono aumentate le attività informali che offrono servizi di trasporto e guide per attraversare le frontiere, a volte a prezzi molto alti e sotto il controllo della criminalità organizzata.
Più che barriere, i muri sono messaggi d’odio. Servono ad alimentare l’ostilità, il razzismo e la xenofobia. Sono usati come argomenti in campagna elettorale e per intimidire, umiliare, punire e mettere in pericolo persone costrette a spostarsi a causa della povertà e della violenza. Chi costruisce muri sa che non può fermare i flussi migratori ma può renderli un castigo, il più duro possibile.
Nell’agosto 2023 Mulino aveva dichiarato che “chiudere la frontiera del Darién, come alcuni chiedono, è impossibile perché è porosa”. Aveva ragione. Fino a pochi anni fa il Tapón del Darién era ancora all’altezza del suo nome e la densità della vegetazione impediva qualsiasi passaggio umano. Ma la disperazione e la tenacia dei migranti hanno aperto un corridoio in una zona piena di animali, correnti forti e precipizi pericolosi.
◆ Il Tapón del Darién (tappo del Darién) è una distesa di circa 25mila chilometri quadrati di foreste pluviali, montagne e paludi al confine tra Colombia e Panamá. Nel 2023 ha attraversato questa giungla un numero record di migranti, cioè 520mila, di cui un quarto minorenni, più del doppio dell’anno precedente. La maggior parte veniva dal Venezuela, dall’Ecuador, da Haiti e dalla Cina. Reuters
I governi degli Stati Uniti, di Panamá e della Colombia sanno che se metteranno il filo spinato nel Darién non mancheranno le mani per toglierlo; se militarizzeranno la zona, aumenteranno solo i rischi per i migranti; se bloccheranno alcuni passaggi, le persone in transito troveranno altre vie. I migranti continueranno ad arrivare negli Stati Uniti, anche se questi si oppongono.
Washington dice di voler “frenare l’arricchimento delle terribili reti del traffico di esseri umani, che sfruttano migranti vulnerabili”. Sembra una preoccupazione per le persone in transito, che sperò svanisce quando queste entrano nel paese. Inoltre i fatti indicano che, chiudendo il Darién e realizzando rimpatri immediati, si avranno gli effetti opposti a quelli sperati: il cartello del Clan del Golfo, che controlla il traffico di migranti nel territorio colombiano, si rafforzerà; aumenteranno le richieste su questa e altre rotte migratorie, insieme alle cifre di denaro chieste per attraversare la frontiera e agli abusi.
Un’opzione più sicura
I muri, le detenzioni illegali, le separazioni dei bambini dalle famiglie, le boe con seghe rotanti che minacciano di smembrare chi le tocca, le correnti dei fiumi Turquesa e Bravo, le cascate del Darién e un lungo elenco di altri deterrenti e pericoli non hanno scoraggiato le persone dal partire per raggiungere gli Stati Uniti. Potrebbero riuscirci solo il miglioramento dell’economia e il rispetto dei diritti umani nei paesi di partenza. Quello che può fare Washington, e non è poco, è smettere d’interferire nello sviluppo dei paesi a sud.
Il tentativo di chiudere il Tapón del Darién rischia di far ammassare un alto numero di persone in difficoltà nella regione colombiana dell’Urabá e potrebbe spingerle a scegliere rotte diverse sia nella giungla sia via mare, partendo dall’isola San Andrés o da Juradó, nel dipartimento di Chocó. Però non le fermerà. Solo chi considera la traversata un’opzione più sicura che restare dov’è ha il coraggio di affrontare un viaggio potenzialmente mortale. Nessun filo spinato gli farà cambiare idea. ◆fr
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Questo articolo è uscito sul numero 1571 di Internazionale, a pagina 28. Compra questo numero | Abbonati