Fino ad alcuni anni fa, le coste più pericolose al mondo per una nave erano quelle della Somalia: nel 2011 c’era un attacco pirata praticamente ogni giorno. Ora il record è passato alle acque del golfo di Guinea, dove si concentra il 19 per cento degli assalti: qui si denuncia almeno un attacco a settimana, anche se il numero è sottostimato e potrebbe essere anche il doppio.

Il risultato nel Corno d’Africa è stato raggiunto grazie a un misto di elementi (pattuglie internazionali, guardie private a bordo delle navi, equipaggi militari), difficilmente replicabile. Anche perché la Nigeria, nelle cui acque si concentrano gli attacchi, non consente l’ingresso nei suoi porti a navi con uomini armati a bordo. E vista la sua incapacità a gestire la crisi con Boko haram, scrive l’Economist, appare difficile che riesca a controllare i pirati che affollano le sue acque.

Il rischio è che questi ultimi si uniscano ai trafficanti di droga e di armi della regione, a loro volta già collegati ai jihadisti attivi nel Sahel, dando vita a una rete sempre più pericolosa e fuori controllo.

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