La Cina ha eseguito le condanne a morte di tre uomini ritenuti colpevoli dell’attentato compiuto il 1 marzo del 2014 nella stazione di Kunming, la capitale della provincia dello Yunnan, nel sud del paese, in cui sono morte 31 persone. Della strage sono stati accusati i separatisti della regione autonoma dello Xinjiang, che si trova nel nordovest della Cina. I tre uomini, che la corte suprema di Pechino ha giudicato colpevoli di aver “organizzato un gruppo terroristico e commesso degli omicidi volontari”, sono di nazionalità uigura, la minoranza etnica turcofona e musulmana che vive nello Xinjiang.

“La Cina ha fatto ricorso alla pena di morte per fini politici, senza prendere in considerazione le radici del problema. Gli imputati non hanno avuto diritto a un processo degno di questo nome”, ha denunciato Dilxat Rashit, il portavoce del Congresso mondiale uiguro, un’organizzazione che si batte per la difesa della minoranza dello Xinjiang. Gli uiguri si ritengono vittime della discriminazione da parte dei cinesi han, la cui immigrazione nello Xinjiang è favorita, ed esclusi dai benefici dello sviluppo della regione. Afp

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