Almeno 2.500 persone hanno manifestato contro il terrorismo a Garissa, in Kenya, dopo la strage all’università in cui sono morte almeno 148 persone in un attacco del gruppo terroristico di Al Shabaab. Nel corteo, organizzato nell’ultimo giorno del lutto nazionale proclamato dal presidente Uhuru Kenyatta, hanno sfilato cittadini musulmani e cristiani, promettendo di cooperare con le forze dell’ordine per denunciare i miliziani di Al Shabaab che potrebbero nascondersi nella comunità di Garissa.
Su Twitter, con l’hashtag #147notjustanumber, i keniani ricordano i nomi e le storie degli studenti uccisi:
#147notjustanumber. We will name them one by one. pic.twitter.com/bnXDMKQeX7
— Ory Okolloh Mwangi (@kenyanpundit) 5 Aprile 2015
Naming and naming ceremonies a big deal in African culture. Signifies life past, present, future. And so we will name them one by one.
— Ory Okolloh Mwangi (@kenyanpundit) 5 Aprile 2015
“Le cerimonie del nome sono importanti per la cultura africana”, spiega su Twitter l’attivista e cofondatrice dell’applicazione Ushahidi Ory Okolloh. “Dare un nome dà significato alla vita passata, presente e futura. Quindi li nomineremo uno a uno”, scrive Okolloh parlando degli studenti uccisi a Garissa.
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it