Leah N Wanfula aveva 21 anni ed era la prima di nove fratelli ad andare all’università. Gideon Kirui aveva 22 anni e poteva studiare grazie ai soldi raccolti per lui da tutto il villaggio. Selpher Wandia aveva 21 anni e sognava di diventare un’insegnante. Sono i ritratti di alcune delle vittime dell’attacco all’università di Garissa, in Kenya, avvenuto il 2 aprile quando un commando di jihadisti di Al Shabaab ha sequestrato e ucciso 148 persone. Le vittime avevano in maggior parte tra i 19 e i 23 anni.

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Per fare in modo che le vittime non siano ridotte a un semplice numero, è stata lanciata una campagna su Twitter per raccontare le storie di ognuna di loro. Usando gli hashtag #147notjustanumber e #theyhavenames, familiari, amici, giornalisti hanno cominciato a rendere omaggio alla memoria dei ragazzi uccisi, condividendo fotografie e informazioni sulla loro vita.

La campagna è stata lanciata da Ory Okolloh Mwangi, conosciuta anche come @KenyanPundit, quando il bilancio delle vittime era ancora a 147.

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L’iniziativa, ha spiegato al Wall Street Journal, è stata “un tentativo di umanizzare le vittime del terrore”. Secondo Topsy, lo strumento per il monitoraggio dei social network, l’hashtag #147notjustanumber è stato citato 52mila volte. Inoltre è stato creato un documento pubblico per “garantire che i nomi delle vittime degli atti di violenza interni ed esterni non siano mai dimenticati”. Gestito dal blogger keniano noto come Owaahh, il documento funziona come un database open source e chiunque può aggiungere informazioni sugli studenti di Garissa.

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