Lo scontro tra Nazioni Unite e Birmania sui profughi rohingya
La Birmania si è scontrata con le Nazioni Unite durante un vertice in corso a Bangkok, la capitale della Thailandia, sulla crisi umanitaria dei profughi rohingya nel mar delle Andamane e nel golfo del Bengala.
L’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) ha chiesto alla Birmania di concedere la cittadinanza alla minoranza musulmana rohingya, vittima di discriminazioni e persecuzioni, per eliminare alla radice la causa dell’esodo di migliaia di rohingya che si affidano ai trafficanti di uomini per fuggire dalla Birmania. Ma il ministro degli esteri birmano Htin Lynn ha risposto dicendo: “Su questa questione del traffico illegale di esseri umani non potete dare la colpa esclusivamente al mio paese”. Precedentemente Volker Turk, delegato dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, aveva detto che la crisi umanitaria dei migranti non può essere risolta se “la Birmania non si assume la responsabilità di tutte queste persone, garantendo loro la cittadinanza, come ultimo obiettivo”.
Secondo l’Unhcr, sono almeno 2.621 i migranti birmani e bangladesi ancora alla deriva su imbarcazioni in difficoltà nel mare delle Andamane, soprattutto al largo delle coste della Malesia. Mentre altri 3.600 rohingya e migranti dal Bangladesh sono arrivati sulle coste di Indonesia, Malesia e Thailandia dal 10 maggio.