I paesi del sudest asiatico approvano un piano per affrontare le cause della crisi dei migranti

Il piano è stato approvato anche dalla Birmania durante un summit dei paesi della regione a Bangkok. Sarà anche istituita una task force contro i trafficanti di esseri umani

I paesi del sudest asiatico decidono di affrontare le cause alla radice della crisi dei migranti

Alla fine dell’incontro tra i paesi dell’Asia e del Pacifico a Bangkok, la Birmania ha accettato un piano per affrontare le cause alla radice della crisi dei migranti rohingya nella regione. La dichiarazione approvata in chiusura del summit comprende un paragrafo in cui si sottolinea la necessità di affrontare i fattori scatenanti nelle zone di origine dei migranti, di “promuovere il rispetto totale dei diritti umani” e di investire nello sviluppo economico.

Nel corso del summit la Birmania ha fatto sapere che la sua marina ha individuato un’imbarcazione con a bordo settecento migranti, che sta trasportando verso un’isola al largo della sua costa meridionale per determinare la loro identità.

I paesi della regione hanno inoltre deciso di intensificare gli sforzi per la ricerca e il soccorso delle imbarcazioni cariche di migranti in difficoltà nel mare delle Andamane. Sarà istituita una task force contro i trafficanti di esseri umani.

La dichiarazione finale con le raccomandazioni per affrontare “le cause alla radice” della crisi è stata redatta in modo da evitare di irritare la Birmania, che durante il summit ha tenuto a precisare di non essere l’unica fonte del problema. Ma William Lacy Swing, direttore generale dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) si è detto ottimista: “Il fatto che il summit si sia svolto con questa ampia partecipazione è di per sé un buon risultato”, ha precisato.

Lo scontro tra Nazioni Unite e Birmania sui profughi rohingya

La Birmania si è scontrata con le Nazioni Unite durante un vertice in corso a Bangkok, la capitale della Thailandia, sulla crisi umanitaria dei profughi rohingya nel mar delle Andamane e nel golfo del Bengala.

L’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) ha chiesto alla Birmania di concedere la cittadinanza alla minoranza musulmana rohingya, vittima di discriminazioni e persecuzioni, per eliminare alla radice la causa dell’esodo di migliaia di rohingya che si affidano ai trafficanti di uomini per fuggire dalla Birmania. Ma il ministro degli esteri birmano Htin Lynn ha risposto dicendo: “Su questa questione del traffico illegale di esseri umani non potete dare la colpa esclusivamente al mio paese”. Precedentemente Volker Turk, delegato dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, aveva detto che la crisi umanitaria dei migranti non può essere risolta se “la Birmania non si assume la responsabilità di tutte queste persone, garantendo loro la cittadinanza, come ultimo obiettivo”.

Secondo l’Unhcr, sono almeno 2.621 i migranti birmani e bangladesi ancora alla deriva su imbarcazioni in difficoltà nel mare delle Andamane, soprattutto al largo delle coste della Malesia. Mentre altri 3.600 rohingya e migranti dal Bangladesh sono arrivati sulle coste di Indonesia, Malesia e Thailandia dal 10 maggio.

Migliaia di migranti ancora dispersi in mare al largo delle coste malesi

Sono almeno 2.621 i migranti birmani e bangladesi ancora alla deriva su imbarcazioni in difficoltà nel mare delle Andamane, sopratutto al largo delle coste della Malesia. Lo hanno detto l’Agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di rifugiati (Unhcr) e l’Organizzazione mondiale per le migrazioni (Oim) durante una conferenza stampa congiunta a Manila, la capitale delle Filippine. Le stime però “sono al ribasso”, hanno detto i rappresentanti delle due organizzazioni, e il numero reale potrebbe essere molto più alto. “Ogni ora che passa ci sono persone in alto mare che devono essere salvate”, ha detto Bernard Kerblat, il rappresentante dell’Unhcr nelle Filippine.

Nella conferenza stampa è stato lanciato un appello per raccogliere 26 milioni di dollari in aiuti per far fronte al salvataggio, alla ricollocazione o al rientro di circa diecimila persone. Negli ultimi ventisette giorni, da quando la chiusura delle frontiere da parte dei paesi del sudest asiatico ha innescato la crisi dei migranti, sono state portate in salvo almeno 3.302 persone, che si trovavano in mare al largo delle coste dell’Indonesia, della Malesia e della Thailandia. Altre 1.013 sono state rimandante in Birmania e in Bangladesh. Si tratta in maggior parte di migranti rohingya in fuga dalla Birmania.

Marco Boasso, capo missione dell’Oim nelle Filippine, ha esortato i paesi della regione ad assumere “un approccio coordinato e coerente” per risolvere la crisi. Il 29 maggio a Bangkok si terrà un incontro di 19 paesi, soprattutto della regione dell’Asia e del Pacifico, per discutere della questione dei migranti. Stati Uniti e Svizzera parteciperanno come osservatori. Secondo Kerblat, l’incontro sarà “estremamente importante” anche per affrontare il problema del traffico di esseri umani, che ha provocato la crisi attuale.

Centinaia di migranti soccorsi dai pescatori indonesiani

I migranti rohingya continuano ad arrivare in Indonesia. Mercoledì 20 maggio alcuni pescatori hanno soccorso una barca con centinaia di persone a bordo. Solo a maggio circa tremila naufraghi hanno raggiunto le coste di Malesia e Indonesia. Secondo le autorità locali, sarebbero settemila le persone abbandonate in mare.
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La Malesia ordina delle operazioni di salvataggio dei migranti rohingya

Il premier malese, Najib Razak, ha dichiarato che il suo paese condurrà delle operazioni per la ricerca e il salvataggio dei migranti della minoranza musulmana rohingya nel mare delle Andamane. Il suo annuncio arriva alcune settimane dopo che Indonesia, Malesia e Thailandia avevano deciso di respingere le barche dei migranti e di trainarle nelle acque malesi.

La Malesia e l’Indonesia hanno dichiarato che daranno rifugio temporaneo ai migranti che sbarcano sul loro territorio, ma che hanno bisogno di aiuto dalla comunità internazionale per trasferirli.

I rohingya sono in fuga dalla Birmania, dove non riescono a ottenere la cittadinanza. Tra i migranti sulle barche in difficoltà ci sono anche diversi bangladesi, che si spostano per motivi economici. Secondo le stime delle autorità locali, circa settemila persone risultano abbandonate in mare.

Malesia e Indonesia offrono accoglienza temporanea ai migranti

La Malesia e l’Indonesia hanno proposto di offrire accoglienza temporanea alle migliaia di migranti a bordo di navi in difficoltà, a patto che possano essere ricollocati o rimpatriati entro un anno. L’hanno annunciato i ministri degli esteri dei due paesi.

Nei giorni scorsi migliaia di migranti appartenenti alla minoranza musulmana rohingya sono finiti alla deriva nel mare delle Andamane, dopo che Indonesia, Malesia e Thailandia avevano deciso di respingerli.

Salvati quattrocento migranti rohingya in Indonesia

Circa quattrocento migranti rohingya sono stati salvati da un gruppo di pescatori nello stretto di Malacca, al largo delle coste della provincia indonesiana di Aceh, dopo essere stati respinti più volte dalle autorità della Thailandia e della Malesia. L’Indonesia al momento ospita 1.800 rifugiati rohingya.
Khairul Nova, un funzionario della squadra di ricerca e soccorso indonesiana, ha confermato che il salvataggio è avvenuto nella notte tra martedì 19 e mercoledì 20 maggio e tra i superstiti ci sono donne e bambini. Nel gruppo potrebbero esserci anche i migranti dell’imbarcazione che era andata alla deriva nelle acque indonesiane dopo che l’equipaggio e il capitano avevano abbandonato il comando.

Le persecuzioni subite in Birmania dalla comunità musulmana dei rohingya, in un paese a maggioranza buddista, sono tra le cause principali dell’aumento delle partenze. Secondo le Nazioni Unite circa 120mila rohingya sono scappati dalla Birmania negli ultimi tre anni. Per fuggire si affidano ai trafficanti che li conducono in Malesia o in Thailandia e li tengono in ostaggio finché i loro parenti non pagano un riscatto.

Le Filippine pronte ad accogliere i migranti rohingya

Il governo delle Filippine sarebbe pronto ad accogliere migliaia di migranti rohingya fuggiti dalla Birmania, che si trovano alla deriva nel mare delle Andamane in cerca di un approdo. Negli ultimi giorni circa tremila migranti rohingya sono riusciti a sbarcare sulle coste della Malesia, della Thailandia e dell’Indonesia, prima di ordinare i respingimenti nei confronti delle imbarcazioni in arrivo, nonostante l’appello delle Nazioni Unite per evitare una crisi umanitaria.

Ma il viaggio per arrivare nelle Filippine è lungo e rischioso per le imbarcazioni su cui potrebbero esserci fino a ottomila migranti, sprovvisti di cibo e carburante. Una barca con a bordo trecentocinquanta persone risulta bloccata nelle acque indonesiane e non invia segnali da tre giorni.

Il ministro degli esteri della Malesia ha dichiarato che incontrerà gli altri ministri di Indonesia e Thailandia a Kuala Lumpur mercoledì 20 maggio per discutere della situazione.

Le Nazioni Unite condannano il rifiuto dei paesi del sudest asiatico di soccorrere i rohingya

Le Nazioni Unite hanno condannato il rifiuto dei paesi del sudest asiatico di soccorrere migliaia di migranti provenienti via mare dalla Birmania e dal Bangladesh.

Le autorità indonesiane hanno ordinato ai pescherecci di non aiutare i migranti, a meno che le loro barche non stiano affondando. I pescatori possono fornire cibo, acqua o carburante alle barche, ma non possono portare i migranti a riva poiché sarebbe illegale. Almeno 1.300 persone tra rohingya e bangladesi fuggiti dai loro paesi sono state soccorse dagli abitanti di Aceh, in Indonesia, nell’ultima settimana. Il sindaco di Langsa, il porto indonesiano dove arrivano gran parte dei migranti via mare, ha fatto sapere che la città non ha fondi per i soccorsi e non ha ricevuto alcun aiuto dal governo centrale di Jakarta.

Le agenzie umanitarie parlano di una grave crisi umanitaria in corso, mentre sui barconi alla deriva si muore di fame. La portavoce dell’agenzia dell’Onu che si occupa di rifugiati, Vivian Tan, ha definito il rifiuto di soccorrere i profughi “un brutto segno”. Anche la Malesia e la Thailandia hanno chiuso le frontiere impedendo ai migranti di entrare e rimandando indietro chi era riuscito ad arrivare. Intanto la Birmania, che rifiuta di riconoscere i rohingya come suoi cittadini, non accetta di prendersi alcuna responsabilità sulla persecuzione della minoranza musulmana. Tra i migranti ci sono anche bangladesi in cerca di fortuna.

Le Nazioni Unite hanno stimato che sono circa 120mila i rohingya scappati dalla Birmania negli ultimi tre anni. Per fuggire si affidano ai trafficanti che li conducono in Malesia o in Thailandia e li tengono in ostaggio finché i loro parenti non pagano un riscatto.

Un approdo per i rohingya

È previsto per il 20 maggio a Kuala Lumpur un vertice d’emergenza tra i ministri degli esteri di Malesia, Thailandia e Indonesia per discutere dell’emergenza migranti. Dalla scorsa settimana più di 2.500 bangladesi e birmani di etnia rohingya sono sbarcati sulle coste dei tre paesi e almeno cinquemila sono ancora dispersi nel mare delle Andamane senza né cibo né acqua. Leggi

I paesi del sudest asiatico sotto pressione per risolvere la crisi dei migranti rohingya

Il governo della Malesia ha annunciato che il ministro degli esteri incontrerà i suoi omologhi di Indonesia e Thailandia per discutere della situazione di migliaia di migranti rohingya abbandonati in mare dopo la decisione dei tre paesi di chiudere le frontiere. Nell’ultima settimana è cresciuta la pressione internazionale sui governi malese, tailandese e indonesiano per trovare una soluzione regionale alla questione delle imbarcazioni cariche di migranti dalla Birmania e dal Bangladesh respinti e lasciati alla deriva.

Il ministro degli esteri malese, Anifah Aman, incontrerà quello indonesiano, Retno Marsudi, lunedì 18 maggio. Il colloquio sarà seguito da un incontro separato tra Anifah e il ministro degli esteri tailandese, Tanasak Patimapragorn, nel corso della settimana, probabilmente il 20 maggio. Sabato 17 maggio il governo della Birmania ha escluso qualunque sua responsabilità nella crisi dei migranti rohingya e ha detto che potrebbe non partecipare al summit sulla migrazione nell’oceano Indiano convocato il 29 maggio a Bangkok.

Negli ultimi giorni circa tremila migranti rohingya sono riusciti a sbarcare sulle coste della Malesia, della Thailandia e dell’Indonesia. Alcuni di loro hanno raccontato ai giornalisti di molti compagni di viaggio morti di fame e di stenti o annegati. Diverse persone hanno detto che molti migranti sono stati pugnalati a morte, strozzati o gettati in mare durante il viaggio. Circa cento persone sarebbero morte in seguito alle violenze scoppiate sulle imbarcazioni per contendersi il poco cibo rimasto.

Secondo le organizzazioni non governative, sono ancora migliaia i migranti alla deriva nel mare delle Andamane. Circa settecento di loro che sono riusciti a sbarcare sulle coste indonesiane saranno processati dalle autorità.

Chi sono i rohingya e perché vengono abbandonati in mare

È ancora poco chiaro il destino di alcune imbarcazioni cariche di migranti rohingya partite dalla Birmania e respinte dalla Malesia, dalla Thailandia e dall’Indonesia. Secondo le Nazioni Unite, sono circa seimila i migranti alla deriva nel mare delle Andamane e in cerca di un approdo, ma secondo altre stime potrebbero essere trentamila. Come e perché è esplosa la crisi dei migranti rohingya. Leggi

Soccorsi 600 migranti al largo dell’Indonesia

Più di 600 migranti provenienti dal Bangladesh e dalla Birmania sono stati soccorsi da pescherecci indonesiani e sono stati portati nella provincia di Aceh. Erano stati abbandonati dagli scafisti a bordo delle loro imbarcazioni al largo dell’Indonesia. Si presume che migliaia di altri migranti siano nella stessa situazione.

Più di duemila persone sono arrivate in Indonesia e Malesia tra il 10 e l’11 maggio. Secondo le agenzie umanitarie altre migliaia sono alla deriva nel mar delle Andamane da quando la Thailandia ha rafforzato i controlli per limitare il traffico di esseri umani dopo avere scoperto la settimana scorsa alcune fosse comuni con i corpi di presunti migranti rohingya. Anche Malesia e Indonesia hanno deciso di respingere i migranti. La maggior parte di loro appartengono alla minoranza musulmana rohingya e fuggono dalle persecuzioni in Birmania, dove non gli viene concessa la cittadinanza e non gli vengono riconosciuti i diritti fondamentali.

Alla deriva
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