A più di sei mesi dalle proteste di Occupy central, i manifestanti di Hong Kong tornano in strada per la tradizionale veglia notturna del 4 giugno, a ricordare la strage di piazza Tiananmen del 1989. La manifestazione, che ha ricevuto il benestare delle autorità locali, è anche l’occasione per ridare fiato alle proteste contro l’influenza della Cina sulla politica dell’ex colonia britannica, tornata sotto il controllo di Pechino nel 1997 ma con un alto grado di autonomia su temi come libertà d’espressione e democrazia, secondo il principio di “un paese, due sistemi”.

“Occupy, in qualche modo, è stata un piccolo 4 giugno per Hong Kong”, ha dichiarato Lee Cheuk-yan, tra gli organizzatori della veglia, “non dovremmo separare la nostra lotta per la libertà da quella cinese. Dovremmo unirle e combattere insieme”.

Il movimento per la democrazia Occupy central si opponeva all’eccessiva influenza cinese sulla politica di Hong Kong, in particolare per l’imposizione di candidati alle elezioni locali decisi da Pechino. Le proteste, durate 79 giorni ed estese in diversi quartieri centrali della città, furono disperse dalla polizia di Hong Kong.

Durante la veglia per ricordare la protesta condotta nel 1989 da studenti, intellettuali e operai e repressa dall’esercito cinese, sul palco allestito nella zona portuale di Victoria park saranno mostrate immagini e simboli di Occupy. In particolare, verrà portata sul palco una statua raffigurante la dea della democrazia – come quella che gli studenti pechinesi portarono in piazza Tiananmen – con un ombrello giallo, simbolo delle proteste di alcuni mesi fa.

Gli organizzatori prevedono la partecipazione di decine di migliaia di persone, ma quest’anno per la prima volta la Federazione degli studenti di Hong Kong ha deciso di disertare la manifestazione. Billy Fung, presidente dell’Unione degli studenti universitari di Hong Kong, ha spiegato di non essere d’accordo “sul fatto che la Cina debba avere la democrazia prima di Hong Kong”, chiarendo che scendere in piazza una volta all’anno a cantare slogan non è abbastanza.

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