Perché questa è una settimana fondamentale per la Grecia e l’eurozona
La borsa di Atene è di nuovo in difficoltà. Nelle scorse ore l’indice principale ha perso il 4,61 per cento, dopo il meno 4,50 per cento registrato ieri. Nel frattempo la Grecia e i creditori internazionali non hanno ancora trovato un accordo per evitare il default. Se non troveranno un’intesa entro il fine settimana, rischiano di esserci gravi conseguenze per la Grecia e per tutta l’eurozona. Il Guardian ha messo insieme una serie di punti per spiegare perché questa è una settimana fondamentale per il futuro di Atene.
Perché questa è una settimana così importante per la Grecia?
Da mesi il governo di Atene tiene dei colloqui con i suoi creditori internazionali per sbloccare l’ultima tranche di aiuti da 7,2 miliardi di euro. La Grecia ha bisogno di liquidità per ripagare il debito. In caso contrario, Atene potrebbe andare in default e perfino uscire dall’eurozona.
Come funzionano i colloqui sul debito greco?
Nel maggio 2010 la troika (formata da Fondo monetario internazionale, Commissione europea e Banca centrale europea) è intervenuta per risolvere la crisi greca. Dopo l’approvazione di due piani di salvataggio, nel 2010 e nel 2012, la Grecia ha accumulato un cospicuo debito nei confronti dei creditori internazionali. Il totale del debito di Atene ammonta ormai a 315 miliardi, di cui poco meno di 60 in carico a Fmi e Bce (18,6 per cento), 187,4 ai paesi dell’eurozona (59,4 per cento) e 69,2 (il 22 per cento) agli investitori. Il debito greco è pari al 175 per cento del pil. Al tempo stesso, i creditori devono dare ad Atene ancora una parte dei fondi previsti dal secondo piano di aiuti, pari a 7,2 miliardi di euro. In cambio degli aiuti, l’ex troika ha chiesto al governo greco un nuovo piano di riforme per ridurre la spesa pubblica.
L’esecutivo del premier Alexis Tsipras ha dichiarato che le misure di austerità richieste dai creditori sono troppo dure e che una parte del debito greco va cancellata o va pagata in futuro, quando il paese sarà uscito dalla crisi. Tsipras è stato eletto a gennaio e in campagna elettorale ha promesso di opporsi alle misure di austerità, a un nuovo aumento delle tasse e a nuovi tagli alle spese. Il premier ha dichiarato che accetterebbe dei compromessi sulle richieste dei creditori in cambio di sgravi sul debito di Atene. Ma la Germania, il principale creditore di Atene, si oppone.
A che punto sono le trattative?
I colloqui del 14 giugno tra Grecia e i rappresentanti dei creditori internazionali sono naufragati dopo 45 minuti. L’Unione europea ha respinto l’ultimo pacchetto di riforme presentato da Tsipras, definendolo incompleto. C’è un gap di 2 miliardi di euro tra Atene e i creditori sull’avanzo primario, cioè il saldo tra le entrate e le uscite dello stato al netto degli interessi sul debito.
La Grecia continua a chiedere condizioni più morbide per lo sblocco dei fondi. Alexis Tsipras il 15 giugno ha ribadito che si rifiuterà di alzare la tasse e tagliare le pensioni.
Il 18 giugno i ministri dell’Eurogruppo si incontreranno di nuovo: potrebbe essere l’ultima occasione per sbloccare i fondi che serviranno ad Atene per pagare entro il 30 giugno 1,6 miliardi di euro al Fondo monetario internazionale (Fmi).
Cos’altro succederà questa settimana?
Domani si riunisce il consiglio direttivo della Banca centrale europea, per discutere se prolungare il piano di aiuti d’emergenza Ela (Emergency liquidity assistance). La Bce ha continuato a tenere in piedi questo piano di aiuti alle banche greche, che sono alle prese con la diminuzione dei depositi, perché i cittadini greci continuano a prelevare i soldi dai loro conti per portarli all’estero o tenerli in casa.
A giudicare dalle prossime scadenze che attendono la Grecia, le cose sembrano arrivate a un punto critico
Sui giornali si legge che il tempo sta per scadere. È vero?
Sui mezzi d’informazione in questi mesi si è parlato spesso di “ultime occasioni” e “giornate decisive”. Ma, a giudicare dalle prossime scadenze che attendono la Grecia, le cose sembrano arrivate davvero a un punto critico. Oltre al rimborso all’Fmi (entro il 30 giugno), Atene ha anche bisogno di soldi per pagare i dipendenti pubblici e le pensioni. Senza l’aiuto dei creditori, la Grecia prima o poi salterà uno di questi pagamenti e tecnicamente entrerà in default.
Secondo Michael Hewson, analista di Cmc Markets UK, e altri suoi colleghi, ormai è solo una questione di tempo prima che in Grecia siano introdotti i controlli sui capitali, come è successo a Cipro, con limitazioni ai prelievi quotidiani in banca e al trasferimento di soldi all’estero.
Cosa sta succedendo all’economia greca, nel frattempo?
L’economia di Atene è tornata in recessione. Nel primo trimestre del 2015 il pil ha accusato una nuova contrazione, pari allo 0,2 per cento rispetto ai tre mesi precedenti. La disoccupazione resta la più alta dell’eurozona, con un tasso pari al 25,6 per cento. La disoccupazione giovanile supera il 50 per cento. Nel settore finanziario, la fuga dei capitali continua e i depositi bancari greci sono ai minimi decennali.
La Grecia uscirà dall’euro?
Atene non lascerà automaticamente l’eurozona, in caso di default. Secondo molti analisti, tutti i partiti greci cercheranno di evitare la “Grexit”, spaventati dai possibili danni per il paese e per tutta l’Unione europea.
In caso di default, comunque, la Grecia avrebbe bisogno di un aiuto sostanziale per ricapitalizzare le sue banche. Le banche greche possiedono grandi quantità di titoli di stato e titoli garantiti dallo stato, che avrebbero un crollo del loro valore in seguito a un default. Gli istituti di credito greci usano anche i titoli di stato come garanzie per ricevere i fondi d’emergenza dalla Banca centrale europea, ma questo non sarebbe tecnicamente possibile in caso d’insolvenza. E anche il piano Ela potrebbe finire.
Tutti questi fattori aumentano il rischio di una “Grexit”. Senza l’aiuto dei partner europei, la ricapitalizzazione delle banche probabilmente avrebbe bisogno dell’emissione di cambiali di tipo Iou (che il governo userebbe per pagare gli stipendi pubblici e le pensioni). O addirittura il paese sarebbe costretto ad adottare una nuova moneta. In sintesi, con l’arrivo del default e la fine degli aiuti europei, la Grecia uscirebbe dall’euro. Un sondaggio tra alcuni esperti condotto dalla Reuters, ha stabilito che c’è una possibilità su tre che la Grecia abbandoni la moneta unica.
Cosa succede se la Grecia esce dall’euro?
Il paese adotterebbe una moneta drasticamente svalutata. Questo all’inizio potrebbe attirare turisti e investitori stranieri, attirati dai prezzi economici e dal basso costo del mercato del lavoro. Ma nel breve termine, la “Grexit” comporterebbe controlli sui capitali, il caos nei mercati finanziari e un’inflazione elevata.
Cosa succede al resto dell’eurozona se la Grecia lascia la moneta unica?
Ci sono molti rischi per l’eurozona, oltre al danno di perdere un paese dalla grande importanza simbolica come la Grecia. A breve termine si rischia l’instabilità dei mercati finanziari e un danno alla stabilità della moneta unica. L’uscita della Grecia aumenterebbe i timori per gli altri paesi europei colpiti da crisi finanziarie. I tassi d’interesse dei loro titoli di stato salirebbero. D’altra parte, le banche europee hanno ridotto la loro esposizione nei confronti della Grecia e la Banca centrale europea ha ribadito che le riserve finanziarie sono sufficienti a evitare il contagio alle altre economie deboli dell’eurozona.
Sul lungo termine, c’è il rischio che la caduta della Grecia porti altri paesi a uscire dall’euro, mettendo a rischio l’intero progetto dell’euro. L’uscita di Atene, al tempo stesso, costringerebbe il resto dell’Europa a mettere in atto un piano B, ammesso che esista.