La Banca centrale europea ha annunciato che manterrà al livello attuale i fondi di emergenza alle banche della Grecia. L’istituto guidato da Mario Draghi quindi non ricorre a nuove misure d’emergenza né rincara la dose di tensione che si concentra su Atene: la decisione del governo di convocare un referendum sul piano di salvataggio dei creditori, cinque giorni dopo la chiusura degli aiuti già in vigore, ha troncato il negoziato con l’Unione europea e il Fondo monetario internazionale.
Finché l’istituto europeo mantiene attivo l’Ela, cioè appunto la fornitura della liquidità alle banche greche, non dovrebbe esserci bisogno di controllare i capitali in uscita dal paese né di chiudere gli sportelli delle banche. Un’ipotesi che era stata presa in considerazione, pochi momenti fa, dallo stesso ministro delle finanze di Atene, Yanis Varoufakis, in un’intervista alla BBC radio. E soprattutto un’ipotesi che preoccupa i greci, che da giorni fanno la fila davanti ai bancomat per ritirare i propri risparmi.
Il 30 giugno, Atene deve restituire 1,6 miliardi al Fondo monetario internazionale per dimostrarsi un pagatore solvente e credibile e quindi ricevere l’ultima parte degli aiuti accordati nel 2012. Se la scadenza non verrà onorata – com’è ormai quasi certo visto che è saltato l’accordo tra Grecia e creditori – il paese verrà dichiarato insolvente e non potrà avere altri prestiti.
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