La camera ardente prima del funerale di Evgenij Primakov a Mosca. (Sergei Karpukhin, Reuters/Contrasto)

La Russia dice addio a Evgenij Primakov. L’ex primo ministro e ministro degli esteri, morto venerdì 26 giugno all’età di 85 anni, sarà seppellito oggi nel prestigioso cimitero Novodevichy di Mosca. Per l’organizzazione dei funerali ufficiali, trasmessi in diretta tv, il presidente Vladimir Putin ha firmato un decreto ad hoc, istituendo una commissione presieduta dal suo capo di gabinetto, Sergej Ivanov.

Nel decreto seguito alla sua morte, Putin ha definito Primakov uno “statista eccezionale”. Considerato un falco, con una biografia ricchissima, è stato protagonista e testimone dei molti cambiamenti che hanno interessato Mosca dagli anni ottanta a oggi. Primakov iniziò la sua carriera come giornalista radiofonico e inviato speciale negli anni sessanta.

Fu allora che entrò nel vivo la sua attività nei servizi segreti sovietici e poi russi, fino al vertice, quando venne nominato direttore del Servizio segreto estero (Svr), carica che ricoprì dal 1991 al 1996. Fu sostenitore del multipolarismo come alternativa all’egemonia globale degli Stati Uniti – porta il suo nome una dottrina di politica estera, la “dottrina Primakov” appunto, basata sulla mediazione – e di una contemporanea espansione dell’influenza verso il Medio Oriente e le ex repubbliche sovietiche. Sua è stata anche l’idea di un rafforzamento delle alleanze con la Cina e l’India per contrastare le “rivoluzioni colorate” in Asia centrale.

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