Il governo israeliano ha inasprito le politiche nei confronti degli estremisti ebraici dopo la morte di un bambino palestinese di 18 mesi in un incendio doloso, attribuito a ultraortodossi in Cisgiordania, e l’accoltellamento di sei attivisti al gay pride di Gerusalemme. Da martedì tre estremisti sono stati arrestati dai servizi di sicurezza israeliani (Shin Bet) e per la prima volta uno di loro, il diciottenne Mordechai Meyer, è sottoposto al regime di detenzione amministrativa che tradizionalmente era riservato ai presunti attivisti palestinesi.

In base a questa misura, applicata per ragioni di sicurezza, una persona può restare in carcere per un periodo di sei mesi, rinnovabile a oltranza, anche senza incriminazioni formali. I servizi segreti israeliani stanno mantenendo il massimo riserbo sul possibile coinvolgimento dei tre giovani nell’incendio che ha provocato polemiche nel paese e all’estero, oltre che nuove tensioni in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza.

I tre sono sospettati di attività estremiste, hanno fatto sapere dallo Shin Bet, senza precisare se i fermi sono collegati o meno alla morte del piccolo Ali Saad Dawabsha, il bambino palestinese bruciato vivo in un villaggio vicino a Nablus. Mordechai Meyer abita nell’insediamento di Ma’ale Adumim, vicino a Gerusalemme, ed era già stato arrestato per un altro incendio doloso, quello commesso il 18 giugno contro la chiesa della Moltiplicazione dei pani, luogo sacro del cristianesimo nel nord di Israele.

Oltre a Meyer, i servizi segreti israeliani hanno arrestato lunedì uno dei leader del movimento estremista ebraico, Meir Ettinger, 23 anni, e ieri un altro ultraortodosso, Eviatar Slonim. A differenza di Mordechai Meyer, i due uomini sono trattenuti con un procedimento ordinario. Ma i mezzi d’informazione israeliani hanno scritto che non ci sarebbero dubbi sul fatto che Ettinger sarà sottoposto a detenzione amministrativa dopo che saranno scaduti i termini dell’arresto cautelare.

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