Il 29 agosto le autorità ungheresi hanno annunciato di aver completato la prima parte della recinzione costruita alla frontiera con la Serbia, ma i profughi continuano a scavalcare il filo spinato.

Per “prima parte” si intende il posizionamento di tre file di rotoli di filo spinato con le lame, in attesa di una barriera reticolata alta quattro metri che dovrà chiudere i 174 chilometri di frontiera tra l’Ungheria e la Serbia.

Attualmente sono mille i poliziotti che sorvegliano la frontiera, un contingente che dovrà essere rafforzato con altre 2.100 unità, elicotteri e cani entro il 5 settembre, mentre il Fidesz, il partito del primo ministro Viktor Orbán, ha evocato la possibilità di una militarizzazione della frontiera.

Il parlamento ungherese dovrà esaminare un progetto di legge che autorizza il dispiegamento dell’esercito alla frontiera in presenza di alcune condizioni, tra cui l’emergenza determinata da un’immigrazione di massa. L’ingresso sul suolo ungherese attraverso un varco non autorizzato o la rottura del reticolato potrebbe essere punito con diversi anni di carcere.

La militarizzazione della frontiera

A Röszke, migliaia di profughi continuano ad arrivare ogni giorno a piedi costeggiando la ferrovia, dove il filo spinato è aperto per lasciare passare le rotaie. Ottocento metri oltre la frontiera, la polizia ungherese ha installato un “centro di accoglienza”: tre pergolati dove i profughi aspettano di salire su un autobus che li porterà in un campo a qualche chilometro da qui.

Secondo i volontari della ong Migszol, che ha lo scopo di soccorrere i profughi, alcuni cercano ugualmente di attraversare in altri punti, sollevando la parte inferiore del filo spinato per aprirsi un varco, rischiando di ferirsi con le lame. Nonostante la settimana scorsa la Germania abbia annunciato la sospensione degli accordi di Dublino per i profughi siriani, molti migranti cercano di evitare la polizia ungherese. Vogliono evitare di registrare le loro impronte digitali, un’eventualità che potrebbe fornire una base legale al paese in cui faranno richiesta d’asilo per rimandarli a Budapest. Davanti al filo spinato, alcuni aspettano la notte per tentare discappare.

La polizia lascia passare i profughi verso nord

I migranti registrati dalla polizia ungherese vengono indirizzati al campo di Röszke, dove sono trattenuti tra le 24 e le 48 ore. Dopo aver dichiarato la loro identità e aver lasciato le impronte digitali, i migranti ricevono un formulario che gli ordina di recarsi in uno dei campi situati in altre località dell’Ungheria a cui sono stati assegnati. Questo formulario gli consente di prendere il treno gratuitamente per arrivarci. A questo punto, ci vorranno tra le due e le quattro settimane per concludere la procedura per la richiesta d’asilo.

Nel frattempo, anche se i campi cominciano a riempirsi, molti migranti proseguono il viaggio verso l’Europa occidentale. “Se si legge tra le righe, questo formulario è un lasciapassare verso nord”, spiega un volontario di Migszol nel punto informazioni della stazione centrale di Szeged.

(Traduzione di Giusy Muzzopappa)

Questo reportage è stato pubblicato su Le Courrier de Balkans all’interno del progetto #OpenEurope, un osservatorio sulle migrazioni a cui Internazionale aderisce insieme ad altri giornali. Gli altri partner del progetto sono Mediapart (Francia), Infolibre (Spagna), Correct!v (Germania), Le Courrier des Balkans (Balcani), Hulala (Ungheria), Efimerida ton syntakton (Grecia), VoxEurop, Inkyfada (Tunisia), CaféBabel, BabelMed, Osservatorio Balcani e Caucaso, Migreurop, Resf, Centro Primo Levi, La cimade, Medicins du monde.

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