Degli uomini armati hanno preso più di 130 ostaggi il 20 novembre nell’hotel Radisson Blue di Bamako, in Mali. Squadre speciali maliane, francesi e statunitensi hanno fatto irruzione nell’hotel, dopo ore di assedio e hanno liberato gli ostaggi, ma nell’attacco sono state uccise almeno 21 persone, tra cui sei russi, almeno un belga e un americano. Tre attentatori sono in fuga. L’assalto è solo l’ultimo episodio di violenza, messo in atto da gruppi jihadisti, in un paese in guerra da tre anni.
Qual è la situazione in Mali?
Un colpo di stato avvenuto nel marzo del 2012, compiuto da una parte dell’esercito contro il presidente Amadou Toumani Touré, ha portato instabilità in uno dei paesi più poveri dell’Africa occidentale, già segnato da numerose insurrezioni nei territori settentrionali. Nell’aprile del 2012, approfittando della debolezza del governo a causa del golpe e grazie all’alleanza con alcuni gruppi jihadisti, il Movimento nazionale di liberazione dell’Azawad (Mnla), un gruppo tuareg laico e separatista, ha dichiarato l’indipendenza dei territori del nord dal governo centrale. Dopo alcuni mesi, jihadisti e tuareg hanno cominciato a scontrarsi tra loro. L’Mnla, sostenuto dalla popolazione locale, ha cercato di riprendere il controllo di alcuni territori e ha avviato dei colloqui di pace con il governo. Ma a giugno, diversi gruppi jihadisti legati ad Al Qaeda, hanno preso il potere e hanno imposto la legge islamica in alcune zone del nord.
A novembre del 2012 i paesi della Comunità economica degli stati dell’Africa occidentale (Cédéao) hanno deciso di lanciare una missione per riprendere il controllo dei territori settentrionali, ma nel corso dei preparativi, durati diversi mesi, i jihadisti hanno guadagnato terreno spingendosi fino alle porte di Bamako. La crisi ha spinto il governo maliano a chiedere l’intervento militare della Francia, l’ex potenza coloniale.
L’avanzata degli islamisti ha beneficiato del traffico di armi provenienti dalla Libia, dopo la fine del regime di Muammar Gheddafi nel 2011. Nel 2013 una coalizione internazionale guidata dalla Francia, con il mandato delle Nazioni Unite, è intervenuta nel paese per fermare l’avanzata dei jihadisti. Il 10 gennaio del 2013 il presidente francese François Hollande ha lanciato l’operazione Serval, una missione di sostegno militare e logistico alle forze del governo maliano contro i jihadisti. L’operazione si è conclusa il 15 luglio del 2014 ed è stata sostituita dall’operazione Barkhane, lanciata il primo agosto del 2014 per combattere i jihadisti nel Sahara-Sahel.
La missione dell’Onu di stabilizzazione nel Mali (Minusma) è stata istituita con una risoluzione del Consiglio di sicurezza nell’aprile del 2013 ed è rimasta attiva anche in seguito alla conclusione dell’operazione Serval. I caschi blu sono stati regolarmente presi di mira dagli attentati dei jihadisti e la Minusma è la missione che ha subìto le perdite maggiori tra le sedici missioni di peace-keeping dell’Onu in tutto il mondo.
A giugno del 2015 in Algeria il governo maliano ha firmato una tregua con i ribelli tuareg del Mnla, ma le violenze nel nord del paese non si sono fermate. Secondo le Nazioni Unite, circa 140mila i profughi maliani sono stati costretti a lasciare il loro paese a causa della guerra.
Quanto sono frequenti gli attacchi terroristici in Mali?
Gli attacchi terroristici contro civili sono molto frequenti in Mali. Nel 2015 ci sono stati sei attacchi terroristici nel paese, nei quali sono morte 36 persone (senza contare le 21 vittime dell’attacco all’hotel Radisson del 20 novembre). Gli ultimi due attentati sono avvenuti contro i clienti di un ristorante di Bamako e contro i caschi blu dell’Onu alloggiati in un hotel di Sévaré.
Chi c’è dietro l’attentato contro l’hotel Radisson di Bamako?
Secondo le prime informazioni, l’attentato è stato rivendicato dal gruppo Al Morabitun, insieme con un gruppo jihadista affiliato ad Al Qaeda. Ma la rivendicazione non è stata confermata. I due gruppi sono attivi nel nord del paese e sono quindi in guerra contro l’esercito maliano e contro i suoi alleati francesi.
L’obiettivo principale dell’attentato era colpire l’élite maliana, gli equipaggi stranieri delle compagnie aeree, i lavoratori delle aziende internazionali ancora presenti in Mali. A capo dell’organizzazione Al Morabitun c’è il jihadista Mokhtar Belmokhtar, uno dei terroristi più ricercati dell’Africa.
Mokhtar Belmokhtar è il fondatore del gruppo Al Morabitun che nel 2013 si è separato dall’Aqmi (Al Qaeda nel Maghreb islamico) per essere più operativo nel suo territorio (Sahara, Mali, Niger, Ciad, Burkina Faso), pur rimanendo in buoni rapporti con i jihadisti dell’Aqmi. Negli ultimi anni molti capi militari di Al Morabitun sono stati uccisi da raid e operazioni militari francesi in Mali e il gruppo si è notevolmente indebolito. Secondo alcuni analisti, quindi, l’attentato al Radisson è una dimostrazione di forza di Al Morabitun che vuole mostrare di essere capace di colpire un albergo frequentato dagli occidentali nel cuore dalla capitale del paese. L’ultimo attentato di Al Morabitun era avvenuto sempre a Bamako a marzo del 2015 contro il ristorante La Terrasse.
C’è una relazione tra l’attacco a Bamako e quello a Parigi?
Non c’è un collegamento tra i due attentati: gli attacchi di Parigi sono stati rivendicati dal gruppo Stato islamico (Is), mentre gli attacchi di Bamako sono stati rivendicati da gruppi jihadisti vicini ad Al Qaeda. Is e Al Qaeda sono due organizzazioni terroristiche internazionali rivali, in lotta tra loro per il controllo del territorio, per il reclutamento di miliziani e per colpire l’attenzione dell’opinione pubblica internazionale. L’attacco all’hotel di Bamako potrebbe essere un tentativo di Al Qaeda di riconquistare l’attenzione dell’opinione pubblica internazionale e mostrare le sue capacità.
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