Alle 10 del 15 dicembre, con dodici ore di ritardo rispetto a quanto previsto, nello Yemen è entrato in vigore un cessate il fuoco di sette giorni. Per lo stesso giorno è programmato l’inizio dei colloqui di pace a Ginevra, sotto l’egida delle Nazioni Unite. Il conflitto nel paese è entrato in una fase acuta da circa un anno: le forze filogovernative sostenute da una coalizione araba cercano di reprimere la ribellione degli sciiti houthi. Negli scontri cominciati a marzo sono morte almeno seimila persone.

Gli houthi

I combattenti di Ansarullah sono in guerra contro il governo dal 2004. Inizialmente la rivolta aveva come scopo la difesa dello zaidismo – una corrente dello sciismo che si concentra nel nord dello Yemen e a cui aderisce circa un terzo della popolazione – di fronte al proselitismo delle correnti sunnite. I miliziani di questo gruppo prendono il nome di houthi dalla loro guida Abdel Malek Badreddine al Houthi e sono sostenuti dall’Iran.

Nel luglio del 2014 hanno lanciato un’offensiva folgorante, conquistando il 21 settembre la capitale Sanaa con la complicità di alcune unità dell’esercito rimaste fedeli all’ex presidente Ali Abdallah Saleh.

Forti del loro successo, sono avanzati nell’ovest, l’est e il centro del paese prima di dirigersi verso sud dove, alla fine del marzo 2015, hanno conquistato Aden, costringendo il presidente Abd Rabbo Mansur Hadi a rifugiarsi in Arabia Saudita. Quest’ultima ha dunque assunto il comando di una coalizione che ha aiutato le forze leali al governo a riconquistare, l’estate scorsa, cinque province del sud.

Il governo

Inizialmente impotenti di fronte agli houthi, le unità dell’esercito lealista hanno potuto riprendere le operazioni militari solo grazie all’intervento militare della coalizione araba, prima aereo e poi di terra, a fine marzo.

L’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti hanno fornito ai partigiani del presidente Hadi equipaggiamenti militari ultramoderni, schierando migliaia di soldati di terra. Una controffensiva ha quindi permesso la riconquista di cinque province del sud e dello strategico stretto di Bal el Mandeb. A oggi il loro obiettivo è quello di riprendere Sanaa avanzando attraverso il sud e il centro dello Yemen.

Al Qaeda

Al Qaeda nella penisola araba (Aqpa), nata nel 2009 dalla fusione delle succursali saudita e yemenita della rete, aveva sfruttato l’indebolimento del potere centrale nel 2011, causato dall’insurrezione popolare contro l’ex presidente Ali Abdallah Saleh, per rafforzare la sua influenza nel sud e nel sudest.

Guidata dal giugno del 2015 dallo yemenita Qassem al Rimi, succeduto a Nasser al Wahisi, ucciso da un drone statunitense, Aqpa combatte contro gli houthi, ma ha perso terreno rispetto al gruppo Stato islamico (Is).

Stato islamico

L’Is ha realizzato i suoi primi attentati nello Yemen colpendo, il 20 marzo, varie moschee frequentate dagli sciiti a Sanaa (142 morti). In seguito ha ampliato le sue operazioni nel sud, territorio dov’era radicata Aqpa. Il 6 ottobre ha rivendicato quattro attentati suicidi (15 morti) contro la sede del governo e dei siti militari della coalizione araba e, il 6 dicembre, un attentato nel quale è stato ucciso il governatore di Aden.

(Traduzione di Federico Ferrone)

Questo articolo è stato pubblicato la prima volta dall’Afp.

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