Ognuno usa l’immagine che preferisce. Una “nebulosa” (complessa), una “piovra” (che spaventa), un “puzzle” (più rassicurante), una “banda di quartiere” (sociologica), una “brigata” (militare) e così via.
Le esitazioni nel definire la rete francobelga delle persone coinvolte negli attentati del 13 novembre o nella fuga di Salah Abdeslam riflettono le incertezze sulla natura dei legami che uniscono i suoi membri. È innegabile che si sia creata una solida relazione, risalente all’adolescenza, tra Salah Abdeslam e Abdelhamid Abaaoud, organizzatore degli attentati di Parigi, morto nel blitz della polizia a Saint-Denis il 18 novembre 2015.
“È un tipo a posto, lo conosco da più di dieci anni. È uno [di quelli] del quartiere con il quale avevo più affinità”, diceva Abdeslam a proposito del suo amico agli investigatori che lo interrogavano il 28 febbraio 2015. Anche i compagni di Molenbeek che gravitavano intorno al bar dei fratelli Abdeslam sembrano una squadra consolidatasi intorno a piccoli traffici. Ma al di là di questa solidarietà “orizzontale”, costruita sulla delinquenza e l’amicizia, esiste una catena di comando “verticale”? Esistono persone che danno ordini, pianificatori, collegamenti ed esecutori? Gli investigatori cercano ancora una risposta a questa domanda fondamentale.
In Siria, il gruppo Stato islamico (Is) si è dotato di un’amministrazione molto strutturata e piramidale. Secondo le testimonianze di molti jihadisti tornati dalla Siria nel 2015, Abdelhamid Abaaoud occupava un posto nella gerarchia intermedia dell’Amni, il ministero dell’interno dell’Is. Il suo ruolo era quello di formare i futuri kamikaze e preparare il loro ritorno in Europa.
“Orienta le persone […], valuta i dossier [dei volontari pronti a commettere attentati]”, spiegava un jihadista interrogato dal Dgsi (i servizi d’intelligence francesi) nel giungo del 2015. Reda Hamé, un altro membro dell’Is di ritorno in Francia, sosteneva che Abaaoud, dopo averlo addestrato all’uso delle armi, gli aveva dato duemila euro, istruzioni precise sul modo di comunicare tramite un “programma per decriptare” e delle istruzioni per rientrare in Europa: “Mi ha detto di passare da Praga perché è una città tranquilla. Dovevo comprare un telefono e una scheda sim, per poi chiamarlo da un parco. Dovevo fargli uno squillo e lui mi avrebbe richiamato”.
Le operazioni dell’Is sono chiaramente concepite e avviate dalla Siria. Anche il tipo di obiettivo è deciso laggiù. La grande incognita rimane il grado d’autonomia delle cellule in Europa. Sono i terroristi che si trovano sul continente europeo a scegliere il momento in cui passare all’azione? Sono totalmente pilotati da Raqqa o da Mossul? Esiste comunicazione all’interno della rete creata dall’Is oppure questa è rigorosamente compartimentata?
Di sicuro in Belgio l’organizzazione ha saputo sfruttare perfettamente i legami locali degli Abdeslam per massimizzare l’effetto delle proprie macabre azioni clandestine.
I ricercati
Mohamed Abrini. Belga-marocchino di 31 anni, ha fatto perdere le sue tracce all’indomani degli attentati di novembre a Parigi e Saint-Denis. Amico di Salah e Brahim Abdeslam, frequentava il loro bar, Les Béguines, a Molenbeek. Abrini è arrivato nella capitale francese con il resto del commando alla vigilia degli attentati. È tornato a Bruxelles all’alba del 13 novembre 2015. La sera, è stato visto per l’ultima volta in un bar di Molenbeek con Ahmed Dahmani (in seguito i dettagli su di lui). Delinquente ordinario (furti, traffico di droga), Abrini ha lavorato in un panificio e si presume sia stato in Siria per un breve periodo nel giugno del 2015. Suo fratello minore, morto in Siria nel 2014, faceva parte del gruppo di Abdelhamid Abaaoud, uno degli organizzatori degli attentati di Parigi.
Najim Laachraoui. Il giovane (ha 24 anni), la cui reale identità è stata chiarita solo il 21 marzo (prima utilizzava lo pseudonimo di Soufiane Kayal), è ricercato ed è sospettato di essere, con Mohamed Belkaid, uno dei coordinatori da Bruxelles degli attentati parigini. Sarebbe inoltre uno degli artificieri degli attentati avvenuti nella capitale francese e in quella belga. Il suo dna è stato ritrovato su varie cinture esplosive, ma anche nella casa affittata ad Auvelais e nell’appartamento della rue Henri- Bergé a Schaerbeek, dove sono stati preparati gli esplosivi e dove si è nascosto Salah Abdeslam dopo il suo rientro a Bruxelles, il 14 novembre. Najim Laachraoui era con Mohamed Belkaid nell’automobile guidata da Salah Abdeslam e fermata per un controllo alla frontiera tra Austria e Ungheria il 9 novembre 2015. Inizialmente era stato ipotizzato che fosse il “terzo uomo” all’aeroporto di Zeventem, il 22 marzo 2016.
Morti
Khalid e Ibrahim el Bakraoui. I due fratelli erano ricercati dopo la sparatoria del 15 marzo nell’appartamento di Forest dove si era rifugiato Salah Abdeslam. Khalid el Bakraoui, 27 anni, si è fatto esplodere nella metropolitana di Maelbeek. Avrebbe affittato (sotto falso nome) il nascondiglio di Forest, oltre a quello di Charleroi. Suo fratello Ibrahim si è fatto esplodere all’aeroporto. Delinquente comune, era stato condannato per aver sparato alla polizia con un kalashnikov nel 2010 dopo una rapina.
Uccisi
Mohamed Belkaid. Ucciso il 15 marzo nel corso della perquisizione dell’appartamento di Forest, algerino, è stato insieme a Najim Laachraoui uno dei coordinatori degli attentati di Parigi. È lui, in particolare, che avrebbe ricevuto il famoso sms inviato dai kamikaze del Bataclan la sera degli attentati: “Siamo partiti, si comincia”. Ha inoltre aiutato Abaaoud, sempre a distanza, nella sua fuga nei dintorni di Parigi dopo il 13 novembre. Nella ricerca di un nascondiglio, ma anche inviando tramite Western Union 750 euro alla cugina di Abaaoud, Hasna Ait Boulahcen. Si trovava nell’automobile fermata alla frontiera tra Austria e Ungheria insieme a Salah Abdeslam e Najim Laachraoui, il 9 settembre 2015. Avrebbe combattuto in Siria a partire dal 2014.
Arrestati recentemente
Salah Abdeslam. Unico sospetto degli attentati di Parigi a essere stato arrestato vivo, questo cittadino francese di 26 anni è la chiave di volta dell’inchiesta. Il suo interrogatorio del 25 marzo potrebbe sbloccare molte cose. Ha ricoperto un ruolo logistico nella preparazione delle azioni del 13 novembre e ha ammesso che avrebbe dovuto farsi saltare in aria allo Stade de France con gli altri tre kamikaze. Ma avrebbe “fatto marcia indietro”, secondo la sua versione, che gli inquirenti valutano con prudenza. La sera stessa viene trovata traccia di lui nel 18° arrondissement di Parigi e in seguito vicino a Montrouge - dove verrà ritrovata una cintura esplosiva. La mattina seguente è fuggito in Belgio con due amici di Bruxelles. Si sarebbe rifugiato nel quartiere di Schaerbeek prima di essere stanato a Forest il 15 marzo, durante una perquisizione fortuita. Tre giorni dopo sarà arrestato a Molenbeek, dopo quattro mesi di latitanza.
Abid Aberkan. Amico di Salah Abdeslam che ha fatto nascondere in casa di sua madre Djemila, a rue Quatre-Vents a Molenbeek, dopo il 15 marzo e fino al 18 marzo, giorno in cui sono stati entrambi arrestati. Anche lui si trovava, il 17 marzo, ai funerali del fratello di Salah Abdeslam, Brahim.
Amin Choukri. Arrestato il 18 marzo insieme a Salah Abdeslam, al 79 di rue des Quatre-Vents a Molenbeek, la sua vera identità è ancora ignota. È stato messo sotto controllo insieme a Abdeslam, il 3 ottobre, a Ulm (in Germania) e le sue impronte sono state ritrovate nel nascondiglio di Auvelais (in Belgio).
Arrestati dopo gli attentati di Parigi
Ahmed Dahmani. Questo belga marocchino di 26 anni residente a Molenbeek è stato messo sotto controllo insieme a Salah Abdeslam a Patrasso, in Grecia, il 4 agosto. La sera del 13 novembre sarebbe stato visto con Mohamed Abrini in un bar di Molenbeek. Il giorno seguente è stato arrestato ad Antalya (in Turchia), nel corso dello smantellamento di un rete di passeur, i trafficanti di migranti. Arrivato con un volo proveniente da Amsterdam, stava probabilmente per partire per la Siria. Si sospetta che abbia ricercato degli obiettivi per gli attentati di Parigi.
Gelel Attar. Di nazionalità belga, 26 anni e residente a Molenbeek tra il 2011 e il 2013, è partito per la Siria nel gennaio del 2013 con Chakib Akrouh, uno degli assassini dei caffè di Parigi. È stato arrestato il 15 gennaio in Marocco. Akrouh e Attar appartengono al gruppo più nutrito, che gravitava intorno a un particolare reclutatore: Khalid Zerkani di Bruxelles. Questo giro di reclutamento è stato oggetto di un processo, la scorsa estate in Belgio, al termine del quale Attar e Akrouh hanno ricevuto una condanna di cinque anni in contumacia.
Hamza Hattou, Mohamed Amri e Ali Oulkadi. I primi due sono belgi: sono loro che hanno recuperato Salah Abdeslam il 14 novembre. Il terzo è francese: amico di Brahim Abdeslam, lo stesso giorno ha preso un caffè con Salah a Laeken, a nord di Bruxelles, prima di lasciarlo a Schaerbeek, un comune vicino. Hamza Attou e Mohamed Amri sono stati arrestati il 14 novembre, Ali Oulkadi il 22. Ammettono di aver aiutato Salah Abdeslam ma negano di essere stati al corrente delle sue attività terroristiche.
Abdoullah Courkzine. Arrestato in Belgio il 24 dicembre, questo belga di 30 anni ha fatto varie telefonate con la cugina di Abdelhamid Abaaoud, il presunto istigatore degli attentati del 13 novembre, tra la sera degli attentati e il blitz di Saint-Denis, durante il quale sono stati uccisi Hasna Ait Boulahcen e lo stesso Abaaoud.
Mohammed Bakkali. Si presume che abbia affittato la casa di Auvelais, vicino a Charleroi, che sarebbe servita da nascondiglio prima degli attentati e l’appartamento di rue Henri-Bergé, a Schaerbeek, dove Salah Abdeslam si è rifugiato per qualche tempo. È stato arrestato il 26 novembre a Bruxelles.
Lazez Abraimi. Dichiara di essere “un rigattiere”. Amico di Abaaoud e dei fratelli Abdeslam, questo marocchino di 39 anni è stato fermato il 19 novembre a Laeken, al volante di una Citroën Berlingo nella quale sono stati ritrovati del sangue e un’arma da fuoco (una pistola smontata a pezzi, nascosta in fondo a una borsa), secondo il Nouvel Observateur.
(Traduzione di Federico Ferrone)
Questo articolo è stato pubblicato sul quotidiano francese Libération.
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