È stato come un masso lanciato nel Danubio. Il ministro degli esteri del Lussemburgo Jean Asselborn ha chiesto di escludere provvisoriamente l’Ungheria dall’Unione europea per aver violato i suoi valori fondamentali.
Secondo il capo della diplomazia del Granducato, il governo conservatore di Viktor Orbán ha sfidato le regole della democrazia con la sua politica autoritaria e le sue tendenze isolazioniste. “Chi costruisce recinzioni contro i profughi, chi viola la libertà di stampa o l’indipendenza della magistratura, dovrebbe essere temporaneamente o definitivamente escluso dall’Unione”, ha detto Asselborn.
Budapest sta organizzando per il 2 ottobre un referendum sul piano europeo di ripartizione dei profughi, un progetto contro il quale il primo ministro e il suo partito, Fidesz, si oppongono con decisione, anche se il numero di migranti che cercano di entrare in Ungheria è calato nelle ultime settimane.
Per garantirsi il favore della popolazione, le autorità hanno inviato a milioni di ungheresi una pubblicazione di 18 pagine esortandoli a votare “no”, spiegando che le “ripartizioni forzate mettono in pericolo la cultura e le tradizioni” nazionali.
Le basi di una nuova Unione
Mentre i ventisette si riuniscono il 16 settembre a Bratislava, in Slovacchia, per gettare le basi di una nuova Unione dopo il terremoto del referendum sulla Brexit, le dichiarazioni di Asselborn hanno provocato scompiglio. Il ministro degli esteri ungherese Péter Szijjártó ha replicato definendo Asselborn il “classico nichilista” che vuole la “distruzione della sicurezza e della cultura in Europa”.
Alcuni esponenti delle diplomazie europee hanno preso le distanze dalle affermazioni del ministro lussemburghese. Tra loro, il ministro degli esteri austriaco Sebastian Kurz e quello tedesco Frank-Walter Steinmeier, che ha spiegato di non essere personalmente favorevole all’esclusione di uno stato membro.
L’Ungheria ha ancora un posto in Europa? Il Lussemburgo, la cui influenza in quanto membro fondatore dell’Unione è grande rispetto alle sue piccole dimensioni, sembra pensare di no. Ma le affermazioni di Asselborn, così come la reazione immediata di Budapest, mostrano che il dibattito sull’identità europea non è ancora chiuso.
(Traduzione di Andrea De Ritis)
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