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In Turchia cominciano i processi contro i poliziotti accusati di golpe

La polizia turca fuori del tribunale nel distretto di Silivri, alla periferia di Istanbul, dove si svolgeranno i processi contro alcuni dei presunti partecipanti al colpo di stato del 15 luglio, il 27 dicembre 2016. (Ozan Kose, Afp)

Ventinove poliziotti saranno giudicati a partire dal 27 dicembre nel corso del primo processo organizzato a Istanbul contro i presunti partecipanti al colpo di stato del 15 luglio per esautorare il presidente Recep Tayyip Erdoğan. Questo processo si terrà nella più grande sala delle udienze della Turchia, in un palazzo che si trova di fronte alla prigione di Silivri, alla periferia della metropoli turca.

Ventuno dei 29 imputati rischiano fino a tre condanne all’ergastolo per “tentativo di sovversione dell’ordine costituzionale” e per “tentativo di sovversione del governo”. Gli altri otto rischiano fino a 15 anni di prigione per “appartenenza a un’organizzazione terroristica armata”.

Tre piloti di elicottero della polizia sono stati portati a giudizio per essersi rifiutati di trasportare gli agenti delle forze speciali alla residenza presidenziale di Huber, a Istanbul, durante il golpe. Altri agenti sono accusati di aver rifiutato di obbedire all’ordine di opporsi ai golpisti e di aver cercato di scoraggiare la resistenza della popolazione, postando dei messaggi sui social network. Secondo i mezzi d’informazione turchi, 24 di questi imputati sono già in detenzione provvisoria, uno è in fuga e gli altri sono agli arresti domiciliari.

Il tentativo di colpo di stato del 15 luglio, che ha causato circa 270 morti e duemila feriti, è attribuito da Ankara al predicatore Fethullah Gülen, che vive negli Stati Uniti e di cui la Turchia chiede l’estradizione. Gülen, che respinge queste accuse, è a capo di un movimento chiamato Hizmet (che significa servizio in turco), che conta un’importante rete di scuole, di associazioni e di imprese. Un’organizzazione che il governo considera terroristica.

Nuovi arresti
La settimana scorsa il presidente Erdoğan ha affermato che il giovane poliziotto che ha ucciso l’ambasciatore russo ad Ankara era legato al movimento di Gülen. “Questa vile organizzazione è ancora presente nella nostra polizia, così come nel nostro esercito”, ha detto il presidente, aggiungendo che i sostenitori di Gülen devono ancora essere eliminati dalle istituzioni turche.

Oltre ai presunti golpisti, le purghe avviate dopo il 15 luglio hanno preso di mira anche gli ambienti filocurdi e i mezzi d’informazione. Le organizzazioni non governative accusano il potere di approfittare di questa occasione per soffocare ogni voce critica. La portata di queste misure suscita preoccupazione in occidente, in particolare nell’Unione europea, le cui relazioni con la Turchia si sono sensibilmente deteriorate in questi ultimi mesi.

D’altra parte il ritmo degli arresti non sembra rallentare. Il 26 dicembre il ministero dell’interno ha annunciato che nel corso della settimana scorsa sono state arrestate 1.096 persone collegate all’organizzazione gulenista.

Questi processi avranno una portata storica in Turchia

Dopo quello di Istanbul molti altri processi sono previsti nel quadro dell’inchiesta sul colpo di stato fallito. In particolare il 20 febbraio a Mugla (nel sudovest del paese) saranno giudicate 47 persone accusate di aver cercato di uccidere Erdoğan. Questi processi avranno una portata storica in Turchia, dove 41mila persone sono state arrestate dopo il 15 luglio. Il 26 dicembre anche a Denizli, nel sudovest del paese, è cominciato il processo contro 60 persone.

La sala delle udienze di Silivri, dove il 27 dicembre saranno ascoltati gli imputati, ha un forte potere simbolico perché era stata costruita per accogliere il processo cosiddetto Ergenekon, dal nome dell’organizzazione accusata di aver organizzato un colpo di stato nel 2013.

All’epoca i gulenisti erano tra gli accusatori. Circa 275 persone – giornalisti, ufficiali, avvocati e professori universitari – erano state condannate per aver cospirato contro Erdoğan. Ma in seguito la maggior parte dei condannati era stata assolta, e oggi le autorità accusano i gulenisti di aver truccato le indagini e di aver prodotto delle prove false.

(Traduzione di Andrea De Ritis)

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