1. Marisa Merz, The sky is a great space
Met Breuer, New York, fino al 24 maggio
Marisa Merz, l’unica donna tra gli esponenti dell’arte povera, e la meno conosciuta, è stata spesso identificata più come moglie di Mario Merz che come artista con una sua voce. Dopo più di mezzo secolo di scarsa attenzione critica, il Met Breuer la fa emergere come l’artista più vivace di un movimento spesso segnato da pretese intellettuali e poetiche, i cui temi astratti, che si appellavano alla natura e alla metafisica, avevano (e hanno tuttora) poca presa sulla sensibilità statunitense. Novant’anni è un po’ tardi per un debutto artistico. Questa operazione non è una mossa revisionistica ma il miglior riconoscimento, anche se tardivo, di una carriera di grande spessore. Si comincia nella cucina di casa Merz con sculture fatte di lamiera, punti metallici e scaglie di cuoio che Marisa realizzò con pinza e cesoie mentre si occupava della figlia Beatrice. Le sculture che aprono questa mostra hanno ancora tracce di olio di cucina e fumo di sigaretta stratificate nel tempo. Un’installazione del 1976 occupa l’intera parete con quadrati di filo di ferro grandi quanto delle presine, fissati al muro con chiodi di ottone. L’intenzione un po’ presuntuosa predicata da Germano Celant – di colmare la dicotomia tra arte e vita (un modo elegante per esaltare il rifiuto del piedistallo e l’esaltazione del materiale povero) – in Marisa assume un sapore diverso, se non altro per la sua posizione marginale e domestica nell’arte del novecento. The New Yorker

2.Rivoluzioni russe, Revolution: russian art 1917-1965
Royal academy, Londra fino al 17 aprile
Sembra un insetto mostruoso sospeso al soffitto della sala della Royal academy e gira lentamente proiettando la sua sagoma appuntita sul fondale bianco. È la riproduzione moderna dell’aliante progettato tra il 1929 e il 1932 da Vladimir Tatlin, l’artista più visionario dell’avanguardia russa. Pensato come bicicletta volante per il lavoratore, è tuttora il simbolo più struggente delle aspirazioni umane negli anni successivi alla rivoluzione russa. Revolution celebra il centenario della rivoluzione d’ottobre ispirandosi a una mostra allestita nel 1932 al Museo di stato di Leningrado, il primo riconoscimento pubblico dell’arte astratta, uno spartiacque nella storia della cultura sovietica. The Telegraph

3. Fabio Mauri
Madre, Napoli, fino al 6 marzo
Nato a Roma nel 1926, Fabio Mauri visse gli anni del fascismo ai margini, ma in seguito dedicò la sua vita a chiedersi il perché del fascismo. Il Madre di Napoli gli dedica una retrospettiva monumentale, la rassegna più completa dopo la mostra con cui nel 1994 la Galleria nazionale d’arte moderna di Roma lo consacrò tra i più grandi maestri del secondo dopoguerra. Si apre con il Muro occidentale o del pianto, una parete di valigie che poggia su un’unica immagine: nell’unica valigia aperta, un’immagine di Ebrea, la performance del 1971 in cui una giovane con una stella di David tatuata sul corpo, si consuma nella solitudine dei deportati. El Cultural

Questa rubrica è stata pubblicata il 17 febbraio 2017 a pagina 89 di Internazionale. Compra questo numero| Abbonati

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