A prima vista, un Alexis de Tocqueville dei giorni nostri potrebbe trovare sconcertanti le dolorose divisioni che stanno segnando gli Stati Uniti. Eppure, osservando la situazione da più vicino, è evidente che da un certo punto di vista il paese non è mai stato così coeso. I sobborghi alberati ai margini delle città statunitensi, così assortiti e in rapida crescita, sono schierati in modo uniforme dalla parte dei democratici, al punto che in questi contesti è difficile imbattersi in qualche forma di disaccordo. I repubblicani – più anziani e meno propensi a spostarsi – vivono in comunità altrettanto compatte, più lontane dai grandi centri abitati. Questo significa che gli Stati Uniti, più che spaccati, sono ghettizzati. Una realtà che è evidente soprattutto a ridosso delle elezioni.
Nel sobborgo di Washington dove vivo, e dove Donald Trump ha preso solo il 4 per cento dei voti alle presidenziali del 2016, l’affiliazione politica della comunità è dimostrata dagli innumerevoli cartelli elettorali di Joe Biden davanti alle case. Ma basta guidare per venti minuti nelle campagne del Maryland per avere l’impressione di varcare un confine politico. I cartelloni di Donald J. Trump sono dovunque. Ma lungo il confine tra questi due mondi così diversi esistono ancora luoghi dove i “rivali” politici convivono. Uno di questi luoghi è Easton, un’anonima cittadina della Pennsylvania orientale dove ho assistito a diversi eventi elettorali.
Un tempo snodo dei traporti alla confluenza tra i fiumi Lehigh e Delaware, Easton ha sempre tratto beneficio dalla sua collocazione geografica. Il centro abitato si trova a un centinaio di chilometri sia da Philadelphia sia da New York, una distanza accettabile per i pendolari. Molte famiglie ci si sono trasferite attratte dai prezzi contenuti delle case, mentre i turisti ci vanno per ammirare il parco a tema dedicato ai colori Crayola. Easton non è una città ricca, ma nemmeno povera. Non è dinamica, ma negli ultimi anni ha accolto molti nuovi abitanti. Il fatto di essere in equilibrio tra culture politiche e categorie socioeconomiche diverse ha contribuito a trasformarla in un terreno di scontro, per di più in uno degli stati più contesi in vista delle elezioni.
Pochi indizi
La contea di Northampton, di cui Easton è capoluogo, è una delle tre contee della Pennsylvania che nel 2016 sono passate dai democratici ai repubblicani, permettendo a Donald Trump di conquistare lo stato per pochissimi voti. Nel quadrilatero racchiuso da quattro strade in cui ho accompagnato Karen Frey – un’amichevole attivista repubblicana che indossava una felpa rossa con la scritta “Deplorables Club” e una mascherina “Trump 2020” sempre appesa al polso, insieme a un taser, un “allarme antistupro” e uno spray al peperoncino – c’era più o meno lo stesso numero di cartelli per Trump e per Biden.
Per il resto non c’erano molti indizi sull’affiliazione politica degli occupanti delle case. Nelle circa quaranta abitazioni visitate da Frey, la presenza di una statua della Madonna o di una bandiera con la scritta “Sosteniamo la polizia” non bastava a stabilire se dentro ci vivesse una famiglia democratica o repubblicana. Davanti a una casa abbiamo trovato cartelli a sostegno della polizia, degli insegnanti e di Joe Biden. “Non votiamo per Trump qui, lasciateci in pace”, ha urlato il proprietario rivolgendosi a Frey dal finestrino della sua macchina. Easton ricorda l’America di un tempo, ma con un conflitto politico assolutamente moderno. Il risultato è un microcosmo degli effetti che questo stesso conflitto politico sta avendo sugli Stati Uniti.
Tra le persone interpellate da Frey, poche hanno ammesso di essere ancora indecise sul voto. E anche quelle, probabilmente, stavano semplicemente cercando di essere gentili. Solo un’elettrice ha manifestato una certa indecisione in vista delle lezioni. “Voto per il partito, non per il candidato”, ha spiegato Lisa, repubblicana da una vita e fermamente contraria all’aborto. Tutti gli altri sono sembrati piuttosto decisi.
Poco più di metà delle persone ha dichiarato di voler votare per i democratici (“soprattutto quest’anno”, hanno aggiunto in molti). Questo ha prodotto scene imbarazzanti. “Mi dispiace, sono sicuro che lei è una brava persona, ma io ho novantadue anni, ho votato sia per i repubblicani sia per i democratici e non ho idea di come lei possa apprezzare un uomo come Trump”, ha detto un residente rivolgendosi a Frey.
Frey è convinta che Fox News sia “troppo liberale” e pensa che gli elettori democratici siano degli adoratori di satana
Poi l’uomo si è lanciato in un’analisi spietata dell’operato di Trump, prima di concludere con una nota personale, cercando di trattenere le lacrime: “Mio padre è arrivato qui dall’Italia. Trump odia gli immigrati. Ho cinque fratelli che sono morti per difendere questo paese. E quello stronzo li ha chiamati ‘perdenti’”. Quando Frey, visibilmente scossa, ha cercato di scagionare il presidente, l’uomo ha ricordato gli attacchi di Trump a John McCain, senatore e veterano di guerra morto nel 2018. Frey ha ribattuto con una storia chiaramente falsa secondo cui McCain avrebbe causato la morte di 134 marinai statunitensi nel 1967. “Dio la benedica”, ha tagliato corto l’uomo.
“Si moltiplica”, ha detto Frey mentre si allontanava, senza spiegare a cosa si riferisse. Anche se nel 2016 ha bussato “a più di tremila porte”, la donna non è ancora abituata alle reazioni negative. Le campagne elettorali moderne sono basate soprattutto sul contatto con gli elettori già affiliati, ma Frey ha gentilmente accettato di non fare distinzioni e di parlare con tutti. Dalle sue tesi, che tendevano irrimediabilmente al falso, mi è sembrato evidente che Frey faccia pienamente parte dell’universo profondo dei fedelissimi di Trump.
Convinta che Fox News sia “troppo liberale”, Frey si informa guadando il canale via cavo di estrema destra One America News Network e leggendo Epoch Times, un quotidiano che sostiene Trump ed è prodotto da una setta Falun Gong che diffonde messaggi antisemiti e teorie del complotto come quella di QAnon. Ogni volta che ha incontrato un elettore di Trump il suo sollievo era palpabile. Iniziava subito a riferirsi a Joe Biden chiamandolo “comunista” e dichiarava che qualunque cristiano elettore dei democratici è “un adoratore di satana”.
Il politologo Lee Drutman attribuisce il disprezzo reciproco tra le tribù politiche degli Stati Uniti a tre fattori: le divisioni culturali (comprese le bolle mediatiche); i margini di scarto ridotti alle elezioni nazionali, che le fanno apparire ogni volta decisive, e la nazionalizzazione della politica, che ha spazzato via le problematiche locali, un tempo al centro della vita delle comunità. Tutti questi elementi sono riscontrabili a Easton, anche se gli elettori rivali vivono a stretto contatto tra loro. Quali lezioni possiamo trarre da questo scenario?
La prima è che la politica esaspera la realtà. Anche se molti elettori hanno manifestato un certo fastidio per le idee dei loro vicini, non ho visto nessun segno delle spaccature di cui parlavano gli elettori dei due partiti. In una placida mattinata domenicale, ho visto i sostenitori di Trump e i suoi oppositori tosare l’erba del prato e portare a passeggio i cani insieme. È probabile che lontano dai periodi elettorali la maggioranza della popolazione non pensi affatto alla politica. Considerando la situazione attuale, è una constatazione confortante.
Resta il fatto che sarà molto difficile riprendersi da queste elezioni, anche perché i repubblicani, spinti dal loro presidente, stanno già cercando di metterne in dubbio il risultato. Le prime parole che mi ha rivolto Frey sono state: “Stiamo cercando di vincere in modo pulito. Noi siamo il Partito repubblicano”. Frey ha ripetuto diverse volte che il voto per posta può causare brogli elettorali. Tutto questo lascia pensare che lo scontro sia destinato a intensificarsi in una società la cui tolleranza non può essere infinita.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
Questo articolo è uscito su Lexington, la rubrica dell’Economist dedicata agli Stati Uniti.
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