C’è mai stato un presidente del consiglio italiano più fortunato di Mario Draghi? O uno più sfortunato? Entrerà in carica con più di 200 miliardi di euro dal recovery fund dell’Unione europea da spendere. Ma prenderà anche il controllo dell’economia europea dai peggiori risultati, in piena pandemia e con una maggioranza parlamentare che renderà difficile raggiungere un accordo su qualsiasi cosa, per non parlare delle controverse riforme strutturali che la Commissione europea vuole vedere attuate mano a mano che gli aiuti vengono erogati.

Il 12 febbraio, mentre si preparava ad annunciare un governo composto da un misto di politici e tecnici, solo il partito di estrema destra Fratelli d’Italia aveva rifiutato la possibilità di salire a bordo del carrozzone di “Super Mario”. Il Movimento 5 stelle (M5S), ideologicamente variegato, il principale gruppo parlamentare, ha dato la sua approvazione a seguito di un voto online dei suoi iscritti (con un tiepido 59 per cento di voti a favore di Draghi). Anche l’estrema destra della Lega nord ha rinunciato frettolosamente al suo euroscetticismo per iscriversi alla maggioranza parlamentare italiana, e al governo.

L’ex presidente della Banca centrale europea deve affrontare sia una sfida scoraggiante sia un’opportunità unica. La sfida è far fronte agli effetti del covid-19 in un paese duramente colpito dal virus. L’Italia è quarta nell’Unione per numero di morti in proporzione alla popolazione. Nel 2020 la sua economia è diminuita dell’8,8 per cento, rispetto al 5 per cento della Germania. Se alla fine di marzo il blocco dei licenziamenti sarà revocato, si stima che altre 250mila persone finiranno sul mercato del lavoro. L’opportunità di Draghi, tuttavia, è quella di utilizzare il recovery fund per cominciare a invertire due decenni di declino economico. Anche prima della pandemia, il pil reale pro capite degli italiani era inferiore a quello dell’inizio del secolo. Dietro questa performance disastrosa c’è una serie di ostacoli alla crescita, tenuti saldamente in piedi da gruppi d’interesse.

Obiettivi a lungo termine
Nelle consultazioni con le varie parti sociali, Draghi ha accennato a come intende affrontare sia la sfida sia l’opportunità. Le aree prioritarie da lui indicate sono la sanità (un obiettivo centrale deve essere l’accelerazione delle vaccinazioni); l’istruzione (ha suggerito di prolungare l’anno scolastico per consentire agli studenti di recuperare il ritardo accumulato l’anno scorso); la protezione delle persone e delle aziende dagli effetti della pandemia; e, meno scontato, l’ambiente (che coincide con le priorità della Commissione europea e dell’M5s). Gli obiettivi di riforma del presidente del consiglio incaricato dovrebbero poi includere il fisco italiano, la burocrazia e un sistema di giustizia civile lento e imprevedibile che scoraggia sia le aziende italiane sia gli investimenti esteri.

Ma questi obiettivi hanno bisogno di anni, quindi la prima domanda che sorge è come conciliare gli obiettivi a lungo termine di Draghi con le scadenze rigorose dell’Unione e – punto largamente trascurato nell’euforia che circonda la sua nomina – la breve aspettativa di vita del suo governo. I contratti per l’ammontare del 70 per cento del recovery fund devono essere aggiudicati e firmati entro la fine del 2022 e il resto deve essere fissato entro l’anno successivo. Nel frattempo, all’inizio del 2023, ci dovrebbero essere le elezioni politiche. Ma, data l’avversione dei partiti a una campagna elettorale invernale, è più probabile che saranno nella prima metà del prossimo anno. Draghi potrebbe dimettersi ancora prima se si candidasse alla presidenza della repubblica, elezione prevista per il febbraio del 2022. “Penso che stabilirà un metodo di lavoro per il prossimo governo”, afferma Veronica De Romanis, che insegna economia europea all’università Luiss.

Una seconda domanda è quanta impopolarità Draghi è disposto a rischiare. Quando il governo uscente ha suggerito un anno scolastico più lungo, ha suscitato le proteste dei sindacati. La riforma fiscale di solito favorisce alcune parti della società a scapito di altre. E anche l’approccio di Draghi nel salvare le aziende potrebbe rivelarsi controverso. L’anno scorso ha copresieduto un gruppo di lavoro del Gruppo dei trenta, un organo informale di banchieri e funzionari che ha cercato di capire come rilanciare il settore imprenditoriale dopo la pandemia. Ha concluso che i governi dovrebbero concentrarsi sul sostegno alle aziende redditizie e sulla gestione del percorso di quella che il copresidente ha definito “la necessaria distruzione creativa”.

Draghi è popolare. Ma l’elettorato e il parlamento italiani sono notoriamente volubili. “Se comincia subito con queste riforme di cui parliamo da vent’anni, avrà una possibilità di successo”, dice Giuliano Noci, docente di strategia e marketing al Politecnico di Milano. “Ma se aspetta più di un mese, i sentimenti cambieranno”.

L’originale di questo articolo è stato pubblicato dall’Economist.

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