Battaglia tra il Perù e la Repsol per la marea nera arrivata sulle coste
“Come sopravvivremo?”. A La Ventanilla, sulla costa centrale del Perù, i pescatori sono in preda alla disperazione dopo lo sversamento di migliaia di barili di petrolio proveniente da una raffineria dell’azienda spagnola Repsol, che ha scaricato la responsabilità sull’onda lunga provocata dall’eruzione vulcanica a Tonga.
“Abbiamo perso il nostro mezzo di sostentamento e non sappiamo quando tutto questo finirà”, racconta Miguel Angel Nuñez, venuto davanti ai cancelli della raffineria La Pampilla per protestare insieme ad altre centinaia di pescatori e denunciare le conseguenze sulla loro attività della marea nera del 15 gennaio.
Quel giorno le isole di Tonga hanno subìto un’eruzione vulcanica devastante, talmente potente da aver provocato uno tsunami che ha raggiunto le coste degli Stati Uniti, del Giappone e del Cile. Il Centro nazionale per le operazioni d’urgenza ha dichiarato che due donne sono morte annegate in una spiaggia del nord del Perù a causa di “onde anomale”.
Un problema che durerà anni
Secondo i vertici della raffineria, di proprietà della Repsol, l’incidente è avvenuto durante il processo di scarico del greggio da una nave cisterna, complicato dalla violenta ondata che quel giorno si è abbattuta sulle coste peruviane a causa dell’eruzione vulcanica a Tonga, nel Pacifico, a oltre diecimila chilometri di distanza.
La nave, battente bandiera italiana, trasportava 985mila barili di greggio. Seimila sono finiti in mare. Le autorità peruviane hanno proibito all’equipaggio di salpare fino a quando non sarà fatta luce sull’incidente.
“Speriamo che la Repsol riconosca i danni. La marea nera è stata provocata dalla loro negligenza”, accusa Miguel Angel Nuñez. I pescatori si sono presentati alla manifestazione con reti da pesca e uccelli morti coperti di petrolio.
“Anche con gli equipaggiamenti adeguati e lavorando nel modo corretto, l’operazione di pulizia durerebbe comunque almeno due anni”
La costa di La Ventanilla, situata una trentina di chilometri a nord di Lima, è famosa per la sua biodiversità marina. Parte del pescato è usato per la preparazione del famoso ceviche, un piatto di pesce marinato tipico della gastronomia peruviana. I pescatori lavorano su piccola scala, con tecnologie tradizionali e con basso uso di capitale, raccogliendo il pesce principalmente dalla spiaggia o dagli scogli. I pochi che possiedono piccole imbarcazioni percorrono solo brevi distanze lungo la costa. “Questa catastrofe non è una questione di pochi mesi. Durerà per anni. Non abbiamo più lavoro. Cosa faremo?”, si dispera Roberto Espinoza.
Il 19 gennaio il governo peruviano ha chiesto un risarcimento al gruppo spagnolo. Secondo le autorità la marea nera ha colpito più di 174 ettari (270 campi da calcio) sul litorale e 118 ettari in mare.
Le spiagge inquinate sono più di una ventina. Secondo il ministero dell’ambiente “questa situazione terribile mette in pericolo la flora e la fauna in due aree protette”, la Riserva nazionale del sistema delle isole e degli isolotti del Gruppo dei Pescatori e la Zona protetta di Ancón.
Richiesta di volontari
Poco dopo l’incidente i responsabili della raffineria avevano parlato di uno “sversamento limitato” annunciando di aver piazzato barriere di contenimento. “Il loro piano di emergenza è fallito e hanno lasciato che la marea nera avanzasse. È per questo che ci sono gli uccelli morti”, denuncia Roberto Espinoza. Nella zona sono stati ritrovate anche carcasse di pinguini.
Con indosso gli equipaggiamenti protettivi, i dipendenti della raffineria hanno lavorato tutta la giornata del 19 gennaio per recuperare il petrolio sulla spiaggia di Cavero, una delle più colpite. Muniti di pale e spugne, hanno ammassato il petrolio in grandi sacchi di plastica e bidoni. Sotto il sole ardente dell’estate australe l’odore di petrolio è particolarmente forte. “È tossico, brucia la faccia”, racconta un lavoratore, Pedro Guzman.
“Con gli equipaggiamenti adeguati e lavorando nel modo corretto, l’operazione di pulizia durerebbe comunque almeno due anni”, ha spiegato lo specialista peruviano dell’ambiente Marino Morikawa.
Il 20 il governo peruviano ha annunciato di voler reclutare volontari per la pulizia delle spiagge. Il presidente ha garantito che le operazioni saranno guidate dal governo per minimizzare il danno della marea nera sulle spiagge delle zone costiere di La Ventanilla, nelle province di Callao, Santa Rosa e Ancón, a nord della capitale.
La giustizia peruviana ha avviato un’inchiesta per inquinamento ambientale a carico dei responsabili della raffineria. Secondo le autorità l’azienda rischia una sanzione fino a 34,5 milioni di dollari. “Lo stato sarà inflessibile. Ci sarà una sanzione conforme alle azioni e alle negligenze dell’azienda”, ha dichiarato il ministro dell’ambiente Rubén Ramirez.
La portavoce della Repsol in Perù, Tine Van Den Wall Bake Rodríguez, ha respinto le accuse. “Non possiamo stabilire chi sia responsabile di questo sfortunato incidente”, ha dichiarato.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
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