Più di 43 anni. Teodoro Obiang Nguema Mbasogo, 80 anni, è il capo di stato vivente che detiene il record mondiale di longevità al potere, fatta eccezione per le monarchie. Alle elezioni del 20 novembre si è presentato per ottenere il sesto mandato come presidente della Guinea Equatoriale, un piccolo stato petrolifero dell’Africa centrale con uno dei regimi più chiusi e autoritari del mondo.

Nel 2016 aveva vinto con il 93,7 per cento dei voti e in questi ultimi anni sembrava si stesse preparando a cedere il potere a suo figlio Teodoro Nguema Obiang Mangue, detto Teodorín, noto nome del jet set internazionale, famoso per il suo tenore di vita lussuoso e già condannato in Francia per un caso di peculato.

Mentre da due anni il padre limita le sue apparizioni in pubblico, Teodorín ha ottenuto sempre più visibilità: onnipotente e temuto vicepresidente, oltre che ministro della difesa, non ha rinunciato a mostrarsi sui social network circondato da belle ragazze o al volante di lussuose macchine sportive, tanto rare quanto costose. A metà dicembre del 2021, tutti si aspettavano che il partito al potere nel paese, il Partito democratico della Guinea Equatoriale (Pdge), designasse Teodorín come candidato al posto del padre. Ma probabilmente le figure di spicco del regime e la cerchia ristretta di Teodoro Obiang hanno ritenuto troppo precoce e provocatorio presentarlo come successore, in un momento in cui il paese è più dipendente dagli aiuti esterni a causa del calo dei profitti legati alla vendita di idrocarburi in corso dal 2014 e della pandemia di covid-19.

Ossessione per i colpi di stato
A quel congresso il Pdge aveva deciso, contro ogni pronostico, di non ufficializzare alcuna nomina. Solo due mesi fa, il leader ottantenne ha svelato la sua candidatura. Nel 2016, poco prima della sua rielezione, aveva dichiarato al settimanale Jeune Afrique: “Ormai è tanto tempo che sono al potere, ma il popolo vuole ancora che sia il presidente. È l’ultima volta che mi presento”. Quindi, incalzato sulla successione preparata per Teodorín, aveva detto: “La Guinea Equatoriale non è una monarchia, (…) ma non posso farci niente se ha del talento”.

All’inizio Teodoro Obiang era capo di un paese senza grandi risorse e gli altri presidenti africani lo trattavano con sufficienza

Il 3 agosto 1979, insieme a un gruppo di ufficiali, Teodoro Obiang prese il potere con le armi esautorando lo zio, il brutale dittatore Francisco Macías Nguema, che fu fucilato due mesi più tardi. Da allora gli è rimasta l’ossessione per i colpi di stato. La sua guardia personale è composta di militari del suo clan considerati a lui fedeli, ma – la prudenza non è mai troppa – le sue guardie del corpo sono israeliane e la sicurezza del palazzo è in parte affidata ad agenti zimbabweani e ugandesi. Dalla sua ascesa al potere afferma di avere scongiurato almeno dieci tentativi di colpi di stato o di omicidio e a ciascuno ha risposto con un intensificarsi della repressione, accusando a casaccio gli oppositori in esilio e le “potenze straniere”.

All’inizio Teodoro Obiang era capo di un paese senza grandi risorse e gli altri presidenti africani lo trattavano con sufficienza, ma dagli anni novanta ha beneficiato della scoperta del petrolio nelle acque territoriali. Le carte si rimescolano, la Guinea Equatoriale si arricchisce. Nel 2021 il paese, poco popolato, secondo la Banca mondiale ha il terzo pil pro capite più alto dell’Africa, ma la ricchezza è concentrata nelle mani di poche famiglie, mentre la grande maggioranza degli 1,4 milioni di abitanti vive sotto la soglia di povertà.

La Guinea Equatoriale è regolarmente citata dalle ong come uno dei paesi più corrotti. A luglio, in Francia, Teodorín Obiang è stato condannato in via definitiva a tre anni di carcere con la condizionale, a una multa di 30 milioni di euro e alla confisca di tutti i suoi beni in un processo per peculato. Dal 2021 gli è vietato il soggiorno nel Regno Unito per le accuse di “corruzione” e “appropriazione indebita di fondi pubblici” nel suo paese. Sempre l’anno scorso, negli Stati Uniti, ha dovuto rinunciare a 26 milioni di dollari di beni per mettere fine ad alcuni processi per corruzione.

Nel paese è ammessa solo un’opposizione di facciata. Fino al 1991, il Pdge era il partito unico, prima che il potere cominciasse a tollerare dei piccoli movimenti “d’opposizione”, che Obiang fa reprimere quando diventano troppo minacciosi.

In questo piccolo paese soprannominato dai critici di Obiang “la Corea del Nord africana”, gli arresti e le scomparse di oppositori sono frequenti, e molti di loro hanno trovato rifugio all’estero, soprattutto in Spagna, l’ex potenza coloniale.

(Traduzione di Thomas Lemaire)

Da sapere
Sesto mandato

Secondo i risultati preliminari comunicati dal governo il 21 novembre 2022, il presidente uscente Teodoro Obiang Nguema Mbasogo ha vinto le elezioni con più del 99 per cento dei voti.


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