La posta in gioco è molto alta. Le auto che si guidano da sole sono forse la più grande promessa tecnologica del ventunesimo secolo. Sono una di quelle poche tecnologie che potrebbero cambiare il mondo, ma sul serio, non nel modo in cui tutti, nella Silicon valley, parlano di cambiare il mondo. Tanto che il loro potenziale in termini di sicurezza al volante diventa quasi secondario rispetto alle trasformazioni economiche e culturali che potrebbero provocare.

Tutte le persone che oggi non possono guidare da sole, per esempio i non vedenti, potrebbero avere più libertà di movimento. Se le auto che si guidano da sole diventassero la norma, sarebbero creati e distrutti interi settori dell’economia, cambiando il mondo del lavoro, gli spostamenti in città, e il modo in cui le città stesse sono progettate e collegate tra di loro.

Costruire la tecnologia alla base di questi cambiamenti significa ottenere un grande potere. È per questo che la concorrenza è così forte. Ci sono un sacco di soldi in ballo. Parliamo di miliardi di dollari all’anno di potenziali profitti, forse di più. Tutti i principali protagonisti lo sanno. Per alcune aziende è una lotta per la vita o la morte e tutte vogliono uscirne vincitrici.

Waymo (ex Google)

Quando Google (oggi Alphabet) ha lanciato il suo programma di sviluppo di auto senza pilota nel 2009, non aveva alcuna concorrenza. L’idea di un’auto che si guidava da sola era culturalmente inedita: perfino le auto volanti della fantascienza del ventesimo secolo di solito avevano un pilota. Così quando Google ha cominciato a parlare pubblicamente del progetto, nel 2010, non era ancora chiaro quanto facesse sul serio. “Alcune di queste cose si riveleranno un grande successo, e altre svaniranno”, disse all’epoca un investitore al Los Angeles Times, riferendosi ai molti e insoliti progetti di Google.

Non sappiamo se sarà un grande successo, ma è ovvio che Google – che nel frattempo ha scorporato la sua divisione automobili autonome e ha creato un’azienda chiamata Waymo – si sta impegnando a fondo in questo compito. Le auto di prova circolano ormai nelle strade di quattro stati: California (dal 2009), Texas (dal 2015), Arizona (dal 2016) e Washington (2016).

Sul suo sito Waymo afferma di aver coperto più di tre milioni di chilometri con la guida automatica, perlopiù su strade cittadine. “Se consideriamo le ore passate in strada, è l’equivalente di oltre trecento anni di guida per un essere umano. Che si aggiungono al miliardo e mezzo di chilometri guidati nelle simulazioni nel solo 2016”.

Uber

Uber si è lanciata nel mondo delle auto senza guidatore in modo “uberesco”: con uno scandalo. Nel 2015 l’azienda che mette in contatto passeggeri e autisti ha assunto l’intero dipartimento di robotica dell’università Carnegie Mellon, circa quaranta esperti di robotica e ingegneri e alcuni tra i massimi esperti di sistemi di guida automatica.

Da allora l’impegno di Uber nello sviluppo dei veicoli automatici è aumentato, considerato il vantaggio economico di fare a meno di un guidatore che trattiene una percentuale per ogni corsa. Nel 2016 Uber ha cominciato a testare le sue auto che si guidano da sole sulle strade di Pittsburgh e ha brevettato un sistema di mappe autonomo – per ridurre la dipendenza da concorrenti come Google e Apple – strappando a Google il suo maggiore esperto di mappe. Nel 2016 Uber ha anche acquisito un’azienda di camion senza guidatore, Otto, per 680 milioni di dollari.

Eppure l’azienda continua a essere oggetto di polemiche. Dopo una disputa per non aver chiesto dei permessi per le sue auto in California nel 2016, l’azienda ha cambiato rotta richiedendo un’autorizzazione per effettuare dei test nello stato (poi sospesi temporaneamente dopo l’ultimo incidente in Arizona). Nel febbraio 2017 Waymo ha sporto denuncia presso un tribunale federale affermando che, prima di lasciare l’azienda per fondare Otto, un ex ingegnere di Google aveva trafugato alcuni segreti sulle auto senza guidatore. Secondo Waymo, quando Uber ha acquisito Otto l’ingegnere ha usato le informazioni per contribuire alla costruzione di una scheda elettronica per i sistemi di guida automatica di Uber. La disputa legale è destinata a diventare il primo scontro sulla proprietà intellettuale nell’era delle auto senza guidatore.

Apple

La Apple rimane uno degli attori più misteriosi in questa competizione. Da un lato l’azienda non può permettersi di non occuparsi di questa tecnologia, visto che molti dei suoi concorrenti lo stanno facendo. Dall’altro è un po’ strano pensare alla Apple come a un’azienda automobilistica. A essere onesti, tuttavia, è quello che si diceva di Google nel 2010. E non tutte le aziende di auto senza guidatore dovranno produrre le auto: alcune si limiteranno ad affittare il software di guida automatica ai produttori di automobili.

Per anni si sono rincorse voci sul fatto che la Apple avesse in cantiere un progetto segreto di automobile automatica. Ma si è detto anche che il progetto – al quale, secondo il Wall Street Journal, lavoravano nel 2016 centinaia di dipendenti – aveva numerosi problemi organizzativi e di gestione. Solo nel dicembre 2016 la Apple ha dichiarato che stava lavorando a un progetto di auto, con una lettera spedita alla National highway traffic safety administration, l’agenzia governativa che fa parte del dipartimento dei trasporti.

“L’azienda sta investendo molto sullo studio dell’apprendimento automatico e dell’automazione”, ha scritto Steve Kenner della Apple, “è entusiasta all’idea di sperimentare il potenziale dei sistemi automatici in molti campi, compreso quello dei trasporti”.

A parte questo, tuttavia, Apple è rimasta come al solito molto riservata a proposito del suo lavoro.

Tesla

La Tesla ha un approccio completamente diverso dalla Waymo, la sua principale concorrente. Mentre la Waymo vuole costruire sistemi di guida completamente automatica, la Tesla (per garantire in tempi brevi una maggiore sicurezza) sta aggiungendo un po’ alla volta dei sistemi autonomi sui suoi veicoli già esistenti. Ma c’è un grosso dibattito su quale sia il metodo migliore per la sicurezza di tutti.

L’ammistratore delegato della Tesla, Elon Musk, ha dichiarato che è “moralmente deplorevole” dover aspettare finché la tecnologia sarà così avanzata da garantire la completa autonomia. Eppure i critici dell’approccio della Tesla dicono che alcune caratteristiche dei sistemi semiautomatici costituiscono una sorta di area grigia che non permette ai guidatori di sentirsi completamente al sicuro. Il marketing realizzato per Autopilot, il sistema di Tesla, ha lasciato intendere che le auto Tesla siano più automatiche di quanto sono in realtà. Il nome stesso Autopilot (pilota automatico) suggerisce l’idea che il guidatori possa anche distrarsi.

Questa preoccupazione è riemersa nella primavera 2016 quando un guidatore che stava usando Autopilot è morto durante un incidente automobilistico. All’epoca, l’Autopilot della Tesla era in modalità beta, il che significa che ai guidatori che lo testavano in strada era richiesto di prestare attenzione a ogni possibile rischio. Indagini federali hanno poi concluso che la responsabilità dell’incidente non era di Autopilot.

Sul suo sito la Tesla sostiene che tutti i suoi veicoli “hanno l’hardware necessario a garantire una guida automatica più sicura di quella umana”, ma quest’affermazione è fuorviante: il suo hardware potrà forse un giorno permettere un sistema di “guida interamente automatica”, ma non siamo ancora a questo punto.

Qualunque sia il giusto approccio per costruire un’auto veramente autonoma, il senso d’urgenza della Tesla contribuisce ad aumentare il ritmo della competizione nel mondo delle auto senza guidatore.

Case automobilistiche tradizionali

Come la Tesla, molte case automobilistiche tradizionali stanno annunciando il loro ingresso in campo. Da un certo punto di vista ha senso: in fondo producono già automobili, al contrario di Apple, Google o Uber. Per rimanere competitivi, i costruttori tradizionali devono evolversi adesso piuttosto che cercare di recuperare il terreno perduto più tardi (cosa che forse dovranno comunque fare).

Tra quelle che più si sono sforzate di farlo, per esempio, c’è la Volvo. Uno dei suoi progetti, chiamato Drive Me, prevede l’arrivo di cento auto senza guidatore sulle autostrade svedesi: esattamente come succede con i test di Google e Uber sulle strade degli Stati Uniti, una persona siederà dietro al volante, pronta a prendere il controllo del veicolo se necessario. Nel marzo 2017 la Toyota ha presentato il suo primo prototipo di auto che si guida da sola, frutto dell’istituto di ricerca sull’intelligenza artificiale di Toyota inaugurato nel 2015 con un investimento di un miliardo di dollari.

La Ford ha annunciato nell’agosto 2016 il suo progetto di “produrre dei veicoli dotati di un sistema di guida totalmente autonomo” entro il 2021. Sei mesi dopo ha annunciato un investimento di un miliardo di dollari nell’azienda di software Argo AI, una startup specializzata in automobili automatiche: “Ford è il principale azionista di Argo AI, ma siamo strutturati per agire in maniera indipendente”, ha dichiarato la startup. “Questo è la sfida più stimolante della mia carriera e potrebbe anche essere la più importante”, ha scritto Chris Brewer, capo degli ingegneri del dipartimento sviluppo veicoli automatici della Ford a marzo 2016. “Provate a pensarci: cosa c’è di meglio, per progettare un’auto che si guida da sola, di un’azienda che produce automobili da oltre cento anni?”.

Come succede per Ford e Argo AI, altre aziende tecnologiche e automobilistiche stanno creando delle collaborazioni. La Chrysler e Google hanno annunciato nel maggio 2016 che si sarebbero associate per creare un furgoncino senza guidatore, mentre la Volvo e Uber hanno annunciato la loro collaborazione nell’agosto 2016.

Nuovi arrivati

C’è da aspettarsi che nuove startup si lancino nella corsa alle auto senza guidatore nei prossimi anni. Un esempio è la Drive.ai, nata nel 2016, che sta creando un software di apprendimento profondo per i veicoli automatici.

Ce ne saranno altri. Chris Urmson, a capo del progetto auto di Google, ha lasciato l’azienda nell’agosto 2016. Nel dicembre 2016 Recode, il sito web di Kara Swisher specializzato in tecnologia, ha riferito che Urmson stava lanciando il suo personale progetto di automobili senza guidatore.

La storia ci dice che la prima azienda a costruire una nuova tecnologia non è sempre quella che alla fine guadagna di più. Lo stesso potrebbe accadere nel settore dei veicoli autonomi.

Tutta questa faccenda è ricca d’incertezze. Ma una cosa è certa: lo spazio culturale occupato dall’automobile sta vivendo rapide e radicali trasformazioni. È sicuro che, strada facendo, alcuni ne usciranno clamorosamente vincitori e altri perdenti.

(Traduzione di Federico Ferrone)

Questo articolo è uscito su The Atlantic.

This article was originally published on The Atlantic. Click here to view the original. © 2017. All rights reserved. Distributed by Tribune Content Agency.

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