Nella lunga sequenza di traumi che hanno segnato gli Stati Uniti negli ultimi anni i fatti di Charlottesville dell’estate 2017 occupano un posto particolare. Tra l’11 e il 12 di agosto centinaia di neonazisti, suprematisti bianchi e militanti di varie formazioni di estrema destra si riversarono per le strade della città della Virginia cantando slogan razzisti, antisemiti e antimusulmani, imbracciando fucili semiautomatici, sventolando svastiche e altri simboli nazisti e bandiere confederate. Centinaia di attivisti di sinistra scesero in strada per contestarli.

Il 12 agosto un suprematista bianco si lanciò con la sua auto contro i manifestanti antifascisti, uccidendo Heather Heyer e ferendo 19 persone. In quel conflitto c’era la sintesi di una tensione politica e sociale che da decenni non era a quei livelli, e che per alcuni poteva essere il preludio di una nuova guerra civile. In quei giorni l’estrema destra aveva due obiettivi: unificare le varie frange del nazionalismo bianco – approfittando dell’indulgenza di Donald Trump, presidente da pochi mesi – e impedire la rimozione di una statua equestre di Robert E. Lee, il generale che aveva guidato le truppe sudiste durante la guerra civile.

Negli anni successivi la battaglia del movimento antirazzista prese il sopravvento, alimentata dagli omicidi della polizia e dalle politiche dell’amministrazione Trump. Le formazioni di estrema destra sono ancora molte e sono attive, ma la loro minaccia è stata affrontata e per certi versi ridimensionata, soprattutto dopo l’assalto al congresso del gennaio 2021 da parte dei sostenitori di Trump. C’è un oggetto che in qualche modo sintetizza questa fase storica. È la testa della statua del generale Lee.

Abbiamo bisogno di statue giuste
Negli Stati Uniti e nel mondo sono state abbattute centinaia di monumenti. Ma gli eroi non ci mancano. Molti di loro non sono stati abbastanza celebrati, perché erano donne o neri.

Per quattro anni si è discusso di cosa fare del monumento, che intanto era sorvegliato da guardie armate e in alcune occasioni vandalizzato con vernice e graffiti. Nel luglio del 2021 è stato finalmente rimosso e consegnato al museo di storia afroamericana di Charlottesville, che ha proposto un piano per riutilizzarne il metallo. La statua, che pesava quasi tre tonnellate, è stata separata dal cavallo e tagliata in nove pezzi. Qualche giorno fa la parte più importante, la testa, è stata portata in una fonderia ed è stata sciolta.

All’operazione hanno assistito poche decine di persone, tra cui alcuni giornalisti. Il Washington Post ha pubblicato un articolo corredato da video che mostrano le varie fasi del processo. Il luogo in cui è avvenuta la fusione non è stato rivelato, per paura di ritorsioni violente da parte degli attivisti di destra. Si sa solo che il lavoro è stato fatto in una fonderia gestita da un nero (tante altre avevano rifiutato l’incarico) in una piccola città del sud fuori dalla Virginia. Il 26 ottobre è stata organizzata una conferenza stampa a Charlottesville in cui Andrea Douglas, direttrice del museo, e Jalane Schmidt, docente di studi religiosi dell’università della Virginia, hanno reso pubblica la notizia.

Il Washington Post ha descritto la fusione come una sorta di cerimonia religiosa: “Douglas ha reso omaggio ai quasi quindicimila schiavi che vivevano a Charlottesville all’inizio della guerra civile e che costituivano la maggioranza della popolazione della città. Schmidt ha parlato del ‘rischio morale’ di mantenere intatte le statue confederate. Il reverendo Isaac Collins, un ministro metodista che ha aiutato a trasportare i pezzi della statua, ha detto che celebrare la causa sudista attraverso monumenti pubblici costituisce peccato. Poi ha concluso: ‘C’è una storia diversa del sud da raccontare, e per farlo dobbiamo liberarci di tutti questi miti’”.

Negli ultimi anni negli Stati Uniti sono stati rimossi almeno 160 monumenti confederati. “Nella maggior parte dei casi sono stati messi in un deposito. Alcuni sono stati collocati sui campi di battaglia della guerra civile che celebrano la causa sudista. Altri sono stati esposti nei musei, dove gli storici possono aggiungere il contesto necessario”. Nel paese ce ne sono ancora centinaia, quasi tutti al sud. Almeno cento sono in Virginia.

Questo testo è tratto dalla newsletter Americana.

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