Il New Hampshire è uno degli stati più interessanti del paese a livello politico. Visto dall’Europa sembra un posto molto strano, e non può nemmeno essere inquadrato attraverso le chiavi di lettura che da qualche anno usiamo per interpretare la politica statunitense.
Incastrato tra il Massachusetts, il Vermont, il Maine, l’oceano Atlantico e il Canada, è grande quasi come la Sicilia, ma con gli stessi abitanti di Milano. Non ha metropoli (la città più popolosa, Manchester, ha appena 115mila abitanti), quindi le persone vivono prevalentemente in aree rurali. I bianchi sono la stragrande maggioranza della popolazione (92 per cento), e le persone di origine asiatica sono più degli afroamericani (1,9 per cento contro 3 per cento).
Se valutassimo questi elementi secondo due delle “regole” della politica nazionale (1. Le città tendono a votare a sinistra e le aree rurali a destra; 2. I bianchi tendono a preferire il Partito repubblicano), penseremmo che il New Hampshire sia uno stato solidamente conservatore. In realtà non è così: ha votato per i candidati presidenziali repubblicani per gran parte del secolo scorso, ma poi si è avvicinato molto ai democratici, che dal 1992 hanno vinto sette volte su otto. Nel 2020 Joe Biden si è imposto con un margine di sette punti su Donald Trump, ma lo stato non può essere considerato terreno sicuro per i democratici: i repubblicani riescono a far eleggere un loro governatore dal 2016 e al momento sono in maggioranza (per pochi seggi) al parlamento statale.
Questa condizione, in bilico tra i due grandi partiti, è dovuta ad alcune caratteristiche molto peculiari dell’elettorato. Il New Hampshire è uno degli stati con i livelli più alti d’istruzione del paese ed è anche tra quelli meno religiosi, due elementi che spostano la bilancia dalla parte dei democratici, soprattutto quando in gioco alle presidenziali c’è un politico come Donald Trump, molto radicale e amato dai cristiani conservatori.
Allo stesso tempo, l’orientamento di molti elettori è condizionato da una forte vena libertaria, cioè l’insofferenza verso gli interventi della politica e verso le regole in generale. Una caratteristica che in questo momento allontana ulteriormente il New Hampshire dalle dinamiche politiche del resto degli Stati Uniti, in cui i democratici diventano sempre più interventisti in politica economica e i repubblicani vogliono decidere su vari aspetti della vita delle persone (basti pensare alle leggi approvate in molti stati per vietare l’aborto, colpire i diritti lgbt e censurare determinati libri).
Il motto del New Hampshire è “Live free or die”, vivi libero o muori, un modo di concepire la politica che si applica a vari temi, a cominciare dal rapporto con le tasse. Chi vive in New Hampshire non paga tasse sul reddito né imposte sulla vendita di beni e servizi. Come ha scritto Vox, “per un politico del New Hampshire appoggiare un aumento delle tasse è controproducente quasi come sostenere Vladimir Putin”.
Le condizioni fiscali favorevoli attirano persone da altri stati, che una volta trasferite tendono a votare per i repubblicani nelle elezioni locali. Ma l’approccio libertario riguarda tanti altri aspetti sociali: il New Hampshire è l’unico stato dove non è obbligatorio per gli adulti indossare il casco in moto o le cinture di sicurezza in macchina, e il suo parlamento è stato il primo a legalizzare i matrimoni tra persone dello stesso sesso.
Tutte queste dinamiche insieme generano elettori totalmente fuori dagli schemi della politica nazionale. Scrive Vox: “Il New Hampshire è quel luogo insolito in cui l’opposizione all’obbligo dei vaccini può andare di pari passo con la difesa del diritto all’aborto”.
Quanto agli elettori democratici, sono più progressisti rispetto a quelli del resto del paese, un elemento comune ad altri stati della regione, come Massachusetts e Vermont. Nelle primarie democratiche del 2016 il senatore socialista Bernie Sanders sconfisse nettamente Hillary Clinton, staccandola di 23 punti, e in quelle del 2020 Joe Biden arrivò quinto.
Un altro aspetto molto interessante del New Hampshire, che a sua volta contribuisce a tenere lo stato in bilico tra democratici e repubblicani, è l’alto livello di impegno politico. Lo stato è di fatto in campagna elettorale permanente. La camera dei rappresentanti dello stato ha 400 deputati, il che la rende il terzo organo legislativo eletto più grande del mondo anglofono, dopo la camera degli Stati Uniti e la camera dei comuni del Regno Unito. In più si vota per assegnare tanti incarichi statali, e per ogni carica si vota ogni due anni, una regola che costringe gli elettori a restare informati e i politici a darsi da fare una volta eletti e a promuovere i risultati ottenuti.
Un dato curioso: il New Hampshire è uno degli stati dove i parlamentari sono pagati meno: 100 dollari all’anno senza diaria (non devono lasciare il loro lavoro quando vengono eletti). Dal sito ufficiale del governo statale: “Il New Hampshire è orgoglioso del suo parlamento dei cittadini, così chiamato perché i membri non sono politici di professione ma provengono da una serie di occupazioni diverse: lavoratori autonomi, pensionati, casalinghe, studenti e avvocati. Per il loro tempo e il loro impegno ricevono un compenso di 200 dollari a mandato più le spese di viaggio. Il presidente della camera e il presidente del senato ricevono 250 dollari a mandato per le loro funzioni aggiuntive”.
Alle elezioni presidenziali il New Hampshire esprime solo quattro grandi elettori, quindi il risultato nello stato diventa rilevante a livello nazionale solo nel caso di un’elezione molto incerta (per diventare presidente bisogna arrivare a 270 grandi elettori).
Il New Hampshire non è determinante nemmeno per la vittoria alle primarie dei partiti, ma essendo uno dei primi stati a votare riceve sempre molta attenzione, da parte sia dei candidati sia dei mezzi d’informazione; può contribuire ad affossare una candidatura che era considerata forte o, come spera Nikki Haley quest’anno, a sparigliare le carte in una corsa che sembra già decisa. Da tempo c’è chi sostiene che i partiti dovrebbero cambiare il calendario delle primarie, sostituendo Iowa e New Hampshire con due stati che rispecchino in modo più fedele la varietà demografica dell’elettorato statunitense.
- Donald Trump ha stravinto i caucus dell’Iowa, staccando i suoi avversari di circa trenta punti percentuali.
- Trump ha vinto in 98 contee su 99, confermando un consenso solido nelle zone rurali e tra gli elettori della classe operaia.
- In New Hampshire Nikki Haley punta sul voto degli elettori indipendenti e moderati. Ma gli ultimi sondaggi non sono positivi per lei.
- Il 21 gennaio il governatore repubblicano della Florida Ron DeSantis si è ritirato dalle primarie.
Questo testo è tratto dalla newsletter Americana.
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