Le cose fatte finora da Trump sull’immigrazione sono un caso di scuola sul suo modo di governare: per la distanza enorme tra le promesse e quello che riesce effettivamente a realizzare; e per il metodo ormai collaudato, in cui l’obiettivo dichiarato serve in realtà a coprirne un altro, quasi sempre più radicale e spesso illegale.

Il piano di espulsioni di massa di immigrati irregolari, per esempio, non si avvicina a quello che Trump aveva promesso in campagna elettorale e dopo l’insediamento. Gli agenti dell’Immigration and customs enforcement (Ice, l’agenzia responsabile del controllo della sicurezza delle frontiere) hanno arrestato 18mila persone a febbraio del 2025, ottomila in più rispetto allo stesso mese dell’anno precedente (l’Ice ha smesso di pubblicare i dati sugli arresti giornalieri all’inizio di febbraio quando si è resa conto che i numeri erano in calo). Gli ultimi dati disponibili mostrano però che le espulsioni erano state di più verso la fine della presidenza di Joe Biden.

Tutto questo era prevedibile, visto che l’Ice non ha le risorse per mettere in atto il piano di Trump. L’agenzia ha meno di seimila agenti in tutto il paese, il cui lavoro consiste principalmente nella gestione dei casi d’immigrazione, per esempio assicurando il rispetto degli appuntamenti con i tribunali. La campagna del presidente ha sicuramente avuto effetti gravi – in particolare quello di seminare il terrore tra gli immigrati e i loro figli – ma si sta rivelando più che altro una copertura per altri obiettivi, cioè compiere vendette e reprimere il dissenso.

Lo dimostra il caso di Mahmoud Khalil, studente della Columbia university arrestato l’8 marzo e al momento detenuto in un carcere della Louisiana. Khalil è stato tra i leader delle proteste organizzate nella primavera 2024 in molti atenei statunitensi contro la guerra israeliana nella Striscia di Gaza.

È nato in Siria da genitori palestinesi, è negli Stati Uniti grazie a una green card, un permesso di soggiorno permanente, ed è sposato con una statunitense. Secondo l’amministrazione Trump avrebbe partecipato a manifestazioni a favore di Hamas e sarebbe un pericolo per la sicurezza nazionale. Al momento non sono state formalizzate accuse nei suoi confronti. La Casa Bianca sta cercando di espellerlo e Trump ha detto che “sarà il primo di molti”. L’11 marzo un giudice di New York ha bloccato temporaneamente l’espulsione di Khalil, che per giorni non è riuscito a parlare con il suo avvocato.

Trump minaccia scuole e università “che permettono manifestazioni illegali”
Il 4 marzo il presidente statunitense Donald Trump ha annunciato sul suo social network Truth Social di voler “sospendere tutti i finanziamenti federali alle scuole e alle università che permettono manifestazioni illegali”.
 

Secondo molti giuristi è in corso una persecuzione che viola in modo sfacciato le leggi e la costituzione: il primo emendamento sulla libertà d’espressione, e anche il quinto e il quattordicesimo, che garantiscono il giusto processo. L’attacco contro Khalil è un esempio della ritorsione contro le università, soprattutto quelle d’élite, che in questi anni sono diventate il principale bersaglio della destra statunitense, e s’inserisce in una battaglia più ampia contro il mondo della cultura, in cui rientrano i tentativi di smantellare il dipartimento dell’istruzione, i tagli ai fondi degli atenei (a cominciare dalla Columbia) e gli attacchi all’autonomia degli insegnanti.

Ma la vicenda di Khalil è soprattutto l’ultima prova di forza di Trump per allargare il perimetro dei suoi poteri e per testare il livello di resistenza del sistema. Sull’Atlantic Adam Serwer ha sintetizzato nel modo migliore il pericoloso scenario verso cui gli Stati Uniti rischiano di scivolare un po’ alla volta: “I leader che aspirano al potere assoluto cominciano sempre demonizzando i gruppi che non hanno il potere politico per resistere, e che l’opposizione potrebbe essere restia a difendere. L’assalto di Trump ai princìpi fondamentali del primo emendamento può cominciare con Khalil, ma non finirà con lui. Colpirà chiunque trovi utile prendere di mira. Trump e i suoi consiglieri sperano semplicemente che l’opinione pubblica sia abbastanza miope da credere che chi non è un criminale, un terrorista, uno straniero o un traditore non ha nessun motivo per preoccuparsi. Alla fine lo stato non dovrà più rispettare nessun diritto, perché l’opinione pubblica lo avrà sacrificato in nome della punizione di persone a cui è stato detto che non li meritavano”.

Questo testo è tratto dalla newsletter Americana.

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