A inizio ottobre negli Stati Uniti si è celebrata la “banned books week”, la settimana dei libri proibiti. È una ricorrenza che esiste dal 1982 ed è promossa dall’American library association (l’organizzazione che riunisce le biblioteche del paese) per difendere il diritto alla lettura e ricordare i testi che sono stati tolti dagli scaffali delle biblioteche e dalle scuole o che si vogliono togliere. L’ultimo anno è stato particolarmente ostile verso i libri: dal luglio 2022 al giugno 2023 le richieste di censura sono aumentate di un terzo, arrivando a 3.362.
Chi fa i reclami? Verrebbe da rispondere una schiera di cittadini intransigenti, ma una giornalista del Washington Post ha analizzato migliaia di solleciti in tutto il paese e ha scoperto che il 60 per cento era opera di undici adulti soltanto. Ognuno di loro aveva contestato decine o addirittura centinaia di volumi.
Tra i contestatori seriali c’è Jennifer Petersen, una mamma di 48 anni della Virginia. Tra il 1 maggio 2022 e il 27 febbraio 2023 Petersen ha letto 73 libri adottati nelle scuole pubbliche di Spotsylvania, la sua contea, e ha chiesto che 71 non fossero più accessibili agli studenti, consegnando 434 pagine di note. Le sue obiezioni non riguardano tanto testi scritti da o su persone non bianche o che appartengono alla comunità lgbt+, come invece capita con la maggior parte delle denunce. Lei segue un unico criterio per giudicare un testo: ha contenuti che per la legge della Virginia possono essere considerati sessualmente espliciti, pornografici o osceni?
Fino a due anni fa Petersen non si preoccupava minimamente di cosa si leggesse nelle scuole. Aveva cominciato a partecipare alle riunioni del consiglio scolastico (l’organo che rappresenta la comunità e gestisce gli istituti locali) nel 2020, per protestare prima contro le chiusure per la pandemia e poi contro l’obbligo d’indossare la mascherina. L’anno successivo, a una di quelle riunioni, dei genitori che non conosceva si sono lamentati di due libri in dotazione nelle biblioteche: 33 Snowfish, che racconta le vicende di alcuni ragazzi senza fissa dimora, tra cui una tossicodipendente che si prostituisce e un bambino in fuga da uno zio che abusa di lui; e Chiamami col tuo nome, incentrato su un amore gay. Petersen è andata nel panico.
Sapeva benissimo che online i bambini e i ragazzi potevano trovare di tutto, e che per alcuni genitori è giusto permettere ai figli di leggere testi che affrontano certi temi in modo molto trasparente. Ma era convinta che questo tipo di decisioni andassero prese in famiglia e che i libri con scene di sesso non avrebbero dovuto essere disponibili a scuola.
Così si è messa a indagare, spesso confrontando il catalogo delle biblioteche del suo distretto scolastico con le liste dei titoli più colpiti dalla censura stilate da gruppi come l’American library association o Pen America, un’organizzazione che tutela la libertà di espressione di scrittori e intellettuali.
Iscriviti a Doposcuola |
La newsletter su scuola, università e ricerca. A cura di Anna Franchin. Ogni due settimane, il sabato.
|
Iscriviti |
Iscriviti a Doposcuola
|
La newsletter su scuola, università e ricerca. A cura di Anna Franchin. Ogni due settimane, il sabato.
|
Iscriviti |
All’inizio il suo piano era leggere ad alta voce i passaggi più imbarazzanti di questi libri durante le riunioni del consiglio scolastico, sicura che gli adulti avrebbero ammesso che era necessario disfarsene. Invece decine di genitori, studenti e insegnanti sono intervenuti per difendere i testi.
Nessuno ha fatto un reclamo. Allora ci ha pensato lei. Il 1 maggio 2022 ha presentato sette esposti, tra le opere prese di mira c’era anche Amatissima di Toni Morrison. Nei quattordici mesi successivi ha contestato altri 64 titoli. Per ogni libro ha scritto un riassunto della trama e l’elenco delle pagine che aveva trovato inappropriate (1.335, circa il 5,5 per cento delle 24.172 pagine lette). In alcuni casi aggiungeva anche il numero di parolacce o di termini usati per indicare i genitali.
Secondo le regole del distretto scolastico, per ogni esposto il preside (a volte in collaborazione con i bibliotecari) deve formare un comitato di revisione composto da cinque o sei insegnanti e genitori della scuola. Nessuno di questi gruppi ha condiviso le opinioni di Petersen. A quel punto lei ha fatto ricorso contro questi pareri, per cui sono stati creati altri comitati di revisione, composti da altri insegnanti e genitori, stavolta a livello distrettuale. Ma anche loro hanno difeso i libri. L’ultima parola spettava al soprintendente (il funzionario a capo del distretto, eletto dal consiglio scolastico), che la scorsa primavera ha chiesto di ritirare quattordici libri.
Per alcuni Petersen è una fanatica, che con i suoi interventi produce uno spreco di denaro, tempo e risorse. La responsabile delle biblioteche delle scuole superiori del distretto stima che lo scorso anno lei e altri dieci bibliotecari hanno dedicato ai reclami quaranta ore alla settimana, ritagliate nel loro tempo libero. Per questo lavoro né a lei né ai suoi colleghi sono stati pagati gli straordinari.
Per altri invece, compresi alcuni presidi del distretto, Petersen è un’eroina. Il soprintendente ha dichiarato che ha “sensibilizzato” le famiglie sul materiale che i figli trovano nelle biblioteche. Diversi genitori e abitanti di Spotsylvania, di etnie e religioni diverse, la difendono con convinzione: ricordano che è buddista, non una fondamentalista cristiana, e condannano gli attacchi che subisce online e di persona.
Un portavoce del distretto ha confermato che l’anno scorso sono stati tolti dagli scaffali 35 libri: i quattordici segnalati del soprintendente, diciotto che sono stati eliminati dai bibliotecari prima che fossero sottoposti a revisione, e altri tre sono stati limitati agli studenti delle superiori. La maggior parte degli altri libri contestati da Petersen devono ancora essere valutati.
- Uno dei libri per l’infanzia più osteggiati di sempre dai genitori statunitensi è It’s perfecty normal! di Robie H. Harris, un testo pubblicato trent’anni fa che parla di corpi e sessualità. Un giornalista di Slate, padre di due bambini piccoli, lo affronta insieme a un’educatrice.
- I danni che la guerra ai libri sta provocando al sistema bibliotecario, in un commento del Guardian.
- Ad agosto Pen America ha pubblicato un rapporto sulle leggi statali approvate dal 2020 che possono essere definite “d’intimidazione educativa”: non sono direttamente forme di censura ma contribuiscono a creare un clima poco sereno nelle scuole, allargando gli spazi d’intervento per genitori, funzionari e semplici cittadini. Ogni anno queste misure sono aumentate di oltre il 50 per cento, passando da sette nel 2021 a più di 17 nel 2023. L’organizzazione ha monitorato 393 proposte di legge in più di 40 stati e le ha sintetizzate in un database.
- La storia conflittuale tra gli Stati Uniti e alcuni libri, dal 1650 a oggi, ripercorsa dal National Geographic.
Questo testo è tratto dalla newsletter Doposcuola.
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it