“Ai margini della società, a destra del centro” è il titolo di un articolo che il settimanale danese Weekendavisen ha dedicato alle elezioni. Non alle europee, ma alle skolevalg, le votazioni nelle scuole della Norvegia, che simulano le legislative o le amministrative anticipandole di qualche settimana. Quando si sono svolte le ultime, nel settembre 2023, quella che tradizionalmente è sempre stata la forza politica più temibile, il Partito laburista (centrosinistra), è arrivata solo terza, bocciata soprattutto dagli studenti maschi (l’ha votata appena il 7 per cento di loro). Invece i conservatori e il Partito del progresso (Frp, estrema destra) hanno ottenuto insieme quasi il 42 per cento delle preferenze. In un ipotetico parlamento dei giovani, formerebbero una solida maggioranza insieme al Partito liberale e al Partito popolare cristiano.

Dopo il voto, il leader dei giovani conservatori norvegesi Ola Svenneby ha commentato: “Penso che possiamo dichiarare morta la generazione Greta Thunberg” (in seguito si è scusato pubblicamente). Mentre Simen Velle, presidente dell’ala giovanile dell’Frp, è stato ribattezzato “il re del cortile” delle scuole.

Le skolevalg hanno ormai una lunga tradizione in Norvegia, che le ha introdotte nel 1989 su proposta di un giornalista della Nrk, la radio e la televisione pubbliche. Sono organizzate e coordinate a livello nazionale (dall’agenzia centrale che si occupa dell’istruzione), e sono aperte a tutti gli istituti secondari. Funzionano come delle normali elezioni, per cui prevedono una campagna elettorale a cui partecipano le sezioni giovanili dei partiti; confronti a scuola con gli studenti; sondaggi; seggi, urne e schede elettorali; e la pubblicazione dei risultati sui giornali, sui siti d’informazione e all’Nrk.

Facciamo votare i bambini
Il divario generazionale negli ultimi decenni è diventato un fattore politico sempre più importante. David Runciman propone di estendere il diritto di voto ai bambini perché la politica democratica dovrebbe aprirsi al loro punto di vista.

La simulazione di settembre ha generato un acceso dibattito nel paese, che con il passare dei mesi si è concentrato sulle questioni di genere, sollecitato anche dall’uscita del tanto atteso (e contestato) rapporto finale della cosiddetta Commissione per gli uomini. Questo gruppo era stato istituito dal governo norvegese nell’agosto 2022 per capire quali sfide si trova davanti la popolazione maschile del paese, dai bambini agli anziani, e proporre delle soluzioni. Ne hanno fatto parte diciassette persone, uomini e donne, con esperienze varie: c’erano un ex leader sindacale, una ricercatrice, un attivista lgbt, un’ufficiale di marina, un ex calciatore, un medico, una consulente politica.

La commissione si è soffermata su molti ambiti, dall’istruzione al lavoro, dalla famiglia alla salute e alla partecipazione alla vita pubblica, individuando quelle che potrebbero essere definite delle fragilità: per esempio, i bambini escono dalle elementari con voti più bassi rispetto alle loro compagne; gli uomini sembrano soffrire di più la solitudine, hanno una salute peggiore, muoiono prima, commettono due suicidi su tre.

Svenneby, come Velle, è tornato spesso su queste “vulnerabilità del maschio” e sulle sue idee per affrontarle. “Credo che i ragazzi condividano la nostra visione del mondo”, ha detto a Weekendavisen. “Essere conservatori è diventato figo”. Non si tratta solo di dinamiche politiche, ma anche culturali, basta vedere quanti giovani seguono personalità e influencer di destra come Andrew Tate o Jordan Peterson per avere consigli su come vivere.

“La popolarità di questi personaggi spiega in parte perché abbiamo vinto”, ha continuato Svenneby. “Molti credono che l’uguaglianza sia andata troppo oltre. Se chiedete ai ragazzi se pensano che la mascolinità sia qualcosa di cui si parla in modo positivo o negativo, quasi tutti risponderanno che è qualcosa di negativo: viene automaticamente associata a comportamenti aggressivi e alla mancanza di controllo. Invece potrebbe essere collegata a qualità positive come la lealtà, la volontà di proteggere gli altri e di assumersi delle responsabilità”.

Uno dei componenti della Commissione per gli uomini, Sylo Taraku, autore e consigliere del centro studi Agenda (di orientamento progressista), aggiunge un altro elemento. Partendo dal peso che ormai hanno figure come Tate, sulla rivista culturale Subjekt osserva: “Molti giovani uomini cercano una guida, dei consigli. Hanno bisogno di un modello a cui ispirarsi. Il principio per cui ‘solo tu sai cosa è meglio per te’ non è sbagliato, ma ai ragazzi serve anche un supporto. Se nessuno comunica con loro, nessuno si occupa delle loro paure e delle loro aspettative, allora lo spazio è lasciato a persone come Tate”. La destra l’ha capito, la sinistra no.

Taraku però ci tiene a fare delle precisazioni sul lavoro della commissione e sui malintesi che può aver provocato. “Nell’introduzione del rapporto abbiamo volutamente scritto che il prossimo passo nella lotta per l’uguaglianza di genere è includere i problemi maschili, per non dare l’impressione che la parità sia stata raggiunta o che si debba tornare indietro. Concentrarsi sulle difficoltà degli uomini è controverso, perché sappiamo che in tutto il mondo sono i diritti delle donne a essere regolarmente violati. Quello che intendevamo dire è che in Norvegia abbiamo percorso abbastanza strada per poter fare il passo successivo”.

Anche in Danimarca, sebbene da meno tempo che in Norvegia, si fanno le skolevalg: ragazze e ragazzi possono scegliere tra undici organizzazioni giovanili dei partiti, che si spartiscono 175 seggi di un parlamento fittizio. Nel febbraio di quest’anno le skolevalg si sono svolte per la quinta volta, e hanno coinvolto 71mila studenti dall’ottava alla decima classe (cioè dai quindici ai diciassette anni). Come in Norvegia il centrodestra, rappresentato da Alleanza liberale, ha sbaragliato la concorrenza, ottenendo il 30,5 per cento dei voti degli studenti. Alle elezioni scolastiche precedenti, quelle del 2021, il partito era arrivato sesto. E anche qui la percezione di alcuni è che l’attenzione della sinistra alle politiche femminili – reazioni al #MeToo, leggi sul consenso, congedi di maternità e quote rosa – abbia spinto i giovani maschi a destra.

“Ma Alleanza liberale ha davvero vinto le elezioni scolastiche a causa della parità di genere? Oppure la ragione è che Alex Vanopslagh (il leader del partito e prima della sua ala giovanile) è l’unico politico di spicco capace spiegare le aliquote fiscali su TikTok usando gli smarties? In altre parole: stiamo sopravvalutando la capacità di riflessione politica dei ragazzi?”, si chiede Laura Attens in un altro articolo su Weekendavisen. Per rispondere a questa domanda la giornalista è andata in due scuole secondarie, a Middelfart (un comune di neanche ventimila abitanti) e ad Allerød (una cittadina ancora più piccola, a mezz’ora di strada dalla capitale) subito dopo le skolevalg.

Gli studenti dovevano votare considerando 25 temi, tra cui la cittadinanza a diciotto anni, trasporti pubblici gratuiti, pene più severe per chi compie atti violenti, cambiare il numero di insegnanti per classe alle primarie, togliere le tasse sui lavori occasionali svolti da minorenni e modificare quelle per la fascia di reddito più alta.

“Molte persone hanno votato senza pensarci troppo”, è stata la risposta sincera che un ragazzo ha dato alla giornalista. “Ma tutti abbiamo visto Vanopslagh su TikTok. È abbastanza simpatico”.

Le classi si sono animate parlando di argomenti come il servizio militare sia per le donne sia per gli uomini, ma sembravano un po’ smarrite se gli si chiedeva un’opinione su proposte più elaborate, come rendere l’educazione sessuale “più critica rispetto alle norme sociali”. “I politici prendono questioni che per noi non sono un grande problema e le trasformano in grandi problemi”, ha concluso un ragazzo. “Stiamo cominciando solo ora a farci un’idea sulle cose”, interviene un compagno. “Tra due o tre anni potremmo pensarla in tutt’altro modo”.

Questo testo è tratto dalla newsletter Doposcuola.

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