Il 4 aprile il consiglio dei ministri italiano ha approvato il decreto sicurezza, che ha ripreso la maggior parte delle misure contenute nel ddl sicurezza (o ddl 1660), bloccato al senato e rinviato alla camera per la mancanza di copertura finanziaria una settimana fa.

Il governo ha quindi usato lo strumento del decreto per approvare in tempi rapidi una norma che è stata definita dal giurista Patrizio Gonnella dell’associazione Antigone “il più grande e pericoloso attacco alla libertà di protesta nella storia repubblicana”. Il ddl aveva ricevuto molti rilievi dal Quirinale sulla sua costituzionalità, in parte accolti dal nuovo decreto. Di fatto, tuttavia, quasi tutti i contenuti del ddl sono stati ripresi nei 34 articoli del decreto, che prevede:

Più tutele per la polizia e i militari in servizio. Gli agenti di polizia in servizio saranno dotati di bodycam (un dispositivo di registrazione audio, video e fotografico). Gli agenti e militari indagati o imputati per abusi avvenuti durante il servizio non saranno sospesi, e lo stato sosterrà le loro spese legali, fino a diecimila euro per ogni fase del procedimento.
Sanzioni più dure per le proteste e i blocchi stradali. Nel decreto c’è un’aggravante (che fa aumentare la pena fino a un terzo) per il reato di danneggiamento di beni, se viene commesso con violenza o minaccia nei confronti di una persona. La punizione in questo caso può arrivare fino a cinque anni di carcere e 15mila euro di multa. In più, per il nuovo il reato di lesioni personali gravi o gravissime a un pubblico ufficiale in servizio potrà scattare l’arresto in flagranza, se avviene durante manifestazioni pubbliche. L’articolo 26 del ddl sicurezza, che prevedeva da uno a cinque anni per chi partecipa a una rivolta con atti di violenza o minaccia o resistenza all’esecuzione degli ordini impartiti anche se la resistenza è passiva, è stato lievemente ritoccato nel decreto legge. Ma è stato mantenuto il principio della punibilità della resistenza passiva che le opposizioni hanno ribattezzato “norma anti-Gandhi”. Il blocco stradale, che ora è un illecito amministrativo, diventa un reato. Potrà essere punito con un mese di carcere e una multa fino a 300 euro. Ma se avviene nel corso di una manifestazione, e sono più persone a bloccare la strada, allora la pena può arrivare fino a sei anni.
Reato di resistenza in carcere, nei Cpr e negli hotspot. È introdotto il reato di rivolta all’interno di un carcere, che colpirà tutti coloro che promuovono, organizzano, dirigono o partecipano a una rivolta che coinvolge tre o più persone. Sarà punito chi commette atti violenti o minacce, ma anche chi resiste passivamente e si limita a non seguire gli ordini impartiti “per il mantenimento dell’ordine e della sicurezza”. Le stesse regole si applicheranno anche nei Cpr, ma non nei centri di accoglienza per migranti.
Sim per i migranti. Per acquistare una sim telefonica, un migrante dovrà presentare un documento d’identità, non più il permesso di soggiorno come previsto dal ddl in precedenza.

Sanzioni più dure per chi protesta contro le grandi opere. Il decreto modifica alcuni articoli del codice penale in materia di violenza, minaccia o resistenza a un pubblico ufficiale e interviene nel caso in cui la violenza o la minaccia sia commessa per impedire la realizzazione di un’opera pubblica o di un’infrastruttura strategica. Il decreto fa saltare la “neutralizzazione” delle attenuanti rispetto alle aggravanti, ma allo stesso tempo, mentre il ddl aumentava la pena di un terzo, il decreto è più severo perché l’aumenta della metà. La dicitura “opera pubblica” e “infrastruttura strategica” è sostituita da “infrastrutture destinate all’erogazione di energia, di servizi di trasporto, di telecomunicazioni o di altri servizi pubblici”.
◆ Maggiori tutele per i servizi segreti. Dal decreto è saltato l’obbligo della pubblica amministrazione a collaborare con i servizi segreti, norma che era stata denunciata sia dalle università sia dall’ordine dei giornalisti, ma sono previste maggiori tutele per gli agenti dell’intelligence.
Revoca della cittadinanza. È già possibile revocare la cittadinanza italiana a una persona che l’ha acquisita, se è condannata in via definitiva per specifici reati. La revoca prima poteva essere disposta entro tre anni dalla condanna definitiva, ora il periodo è esteso a dieci anni.
Criminalizzazione della cannabis light. È vietato importare, cedere, lavorare, distribuire, commerciare, trasportare, inviare, spedire e consegnare le infiorescenze della canapa coltivata, la cosiddetta cannabis light. Ma rispetto alla prima versione della norma il divieto non si applica alla produzione agricola di semi per gli usi consentiti dalla legge.
◆ Aggravante se un reato è commesso in una stazione. Per i reati non colposi contro la vita e l’incolumità, contro il patrimonio o contro la libertà personale, sarà un’aggravante il fatto che il reato sia stato commesso dentro (o nelle vicinanze di) una stazione ferroviaria, una metropolitana o dentro un vagone.
Reato di occupazione abusiva di immobili. Nasce un reato per chi occupa abusivamente un immobile abitato da altri o se ne appropria con un raggiro. Si rischiano fino a sette anni di carcere, se il reato è commesso contro persone anziane o inferme, oppure su edifici pubblici, si può procedere d’ufficio.
◆ Reato di truffa per gli anziani. Un nuovo reato è dedicato alla truffa aggravata nei confronti di anziani. Sarà punito con pene da due a sei anni di carcere, e una multa fino a tremila euro.

Criminalizzazione del dissenso

L’approvazione del decreto ha provocato proteste a Roma, dove ci sono stati scontri tra manifestanti e forze dell’ordine durante il corteo, ma le critiche alla nuova norma sono numerose anche da parte dei giuristi e dell’opposizione.”È una notte buia per lo stato di diritto in Italia”, ha commentato l’associazione Antigone. “Il decreto, approvato per cancellare la discussione parlamentare, ricalca perfettamente il ddl con un impianto repressivo, illiberale che produrrà un sovraffollamento carcerario ingestibile”, ha concluso l’organizzazione.

Nello Rossi, magistrato e direttore del periodico Questione giustizia, ha commentato: “Si materializza l’ennesimo decreto legge contenente nuove norme incriminatrici, nuove aggravanti, nuove sanzioni e nuovi aumenti di pena.

Il ricorso ai decreti legge, usati anche quando non ricorrono i requisiti di necessità e di urgenza voluti dalla costituzione, è sempre un fatto negativo. E non è un bene che vi sia ormai assuefazione e rassegnazione per un metodo di legiferare adottato da tutti i governi, quale che ne sia il colore e la composizione”.

Ma, aggiunge il magistrato, “in materia penale l’abuso della decretazione d’urgenza è particolarmente grave. La scelta di stigmatizzare e sanzionare penalmente determinate condotte dovrebbe essere una decisione estrema, attentamente meditata e ampiamente discussa in parlamento. Ma questa indispensabile ponderazione è quasi sempre impedita dal ricorso ai decreti legge, normalmente convertiti in tempi ridotti e a scatola chiusa, senza spazio per modifiche e miglioramenti in sede parlamentare”.

All’origine della trasformazione del disegno di legge sicurezza in un decreto legge non c’è alcuna necessità e urgenza, secondo il giurista, “l’unica vera urgenza è quella di impedire una discussione approfondita in parlamento e l’unica vera necessità sta nel porre rapidamente fine al pericoloso dibattito che si stava sviluppando, tra i giuristi e nella più ampia opinione pubblica, sugli errori, sulle sgrammaticature, sulle incongruenze, sulle contraddizioni, sulle magagne del testo presentato dal governo”.

Per il Forum disuguaglianze e diversità, “il decreto intreccia una serie di elementi funzionali a una deriva autoritaria: criminalizza dissenso e conflitto di chi lotta per diritti, ambiente o un futuro migliore; intimidisce le libertà civili, mettendo in discussione lo stato di diritto; colpevolizza i differenti e i poveri, come le famiglie in difficoltà abitativa, trasformandoli in nemici utili per la propaganda; crea un ulteriore squilibrio costituzionale attribuendo più potere alle forze di polizia e ai servizi segreti. Inoltre, non affronta l’insicurezza delle persone, ma la strumentalizza senza dare risposte alle tante altre insicurezze come il lavoro, la crisi climatica e quella abitativa, la stabilità economica, l’accesso alle cure sanitarie”.

La rete nazionale contro il ddl sicurezza, che aveva convocato le manifestazioni a Roma il 4 aprile, ha commentato: “Da ora in poi, l’Italia è un paese meno democratico, dove l’agibilità politica per chi dissente è fortemente limitata, dove i diritti degli ultimi sono un problema di ordine giudiziario e non sociale”.

Questo articolo è tratto dalla newsletter Frontiere.

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