Quando toccherà a me morire, voglio andarmene in pace nel sonno, come mio nonno. Non urlando di terrore, come i passeggeri a bordo del suo autobus. Se avete riso a questa battuta è perché nel vostro cervello sono accadute tre cose in rapida successione. Primo, avete individuato un’incongruità: avevate immaginato mio nonno che giaceva in pace nel suo letto, ma poi vi siete resi conto che in realtà stava guidando un autobus. Secondo, avete risolto l’incongruità: mio nonno si è addormentato al volante. Terzo, la regione del vostro cervello denominata giro paraippocampale vi ha aiutato a capire che non dicevo sul serio, perciò vi è venuto da ridere. E tutto questo vi ha fatto provare un po’ di gioia.
Mi rendo conto che dopo quest’analisi probabilmente non starete più ridendo. “L’umorismo può essere sezionato, come una rana”, osserva lo scrittore E. B. White, “ma muore durante il processo e le viscere risultano repellenti per chiunque non abbia una pura mente scientifica”. Mi sembra giusto. L’umorismo è però un affare serio per quello che riguarda la felicità, e coltivare la capacità di trovare dell’umorismo nella vita, anche nei momenti più bui, può essere il segreto che ci protegge dalla disperazione.
I ricercatori hanno teorizzato che il senso dell’umorismo è composto da sei variabili fondamentali: l’abilità cognitiva di creare o capire le barzellette, la capacità di apprezzare e divertirsi per una barzelletta, schemi comportamentali di scherzare e ridere, un temperamento allegro o spiritoso, un atteggiamento scanzonato nei confronti della vita e il ricorso all’umorismo come strategia di fronte alle avversità. Avere senso dell’umorismo può quindi voler dire essere divertenti o apprezzare le cose divertenti.
Positivo o negativo
Consumare umorismo dà gioia e allevia le sofferenze. In una ricerca del 2010 pubblicata sul Journal of aging research, i ricercatori hanno somministrato per otto settimane a un gruppo di anziani una “terapia umoristica” fatta di barzellette quotidiane, esercizi di risate, storie divertenti e così via. Un gruppo di controllo non ha ricevuto la stessa terapia. Alla fine dell’esperimento le persone nel primo gruppo riferivano di sentirsi nel 42 per cento dei casi più felici rispetto all’inizio. Erano per il 35 per cento più felici rispetto al secondo gruppo e avevano avvertito una diminuzione della sensazione di dolore e solitudine.
È tuttavia importante fare attenzione al tipo di umorismo che si consuma e si condivide. L’umorismo può essere positivo se non è finalizzato a sminuire o danneggiare gli altri, o quando si ride di se stessi. Può anche essere negativo se attacca gli altri o se viene usato per sminuire se stessi. L’umorismo positivo è associato all’autostima, all’ottimismo e alla soddisfazione nella vita, e a una diminuzione di depressione, ansia e stress. L’umorismo negativo segue uno schema contrario: può generare benessere nell’immediato, ma acuisce l’infelicità.
I ricercatori che studiano l’umorismo di fronte a una tragedia hanno scoperto che le battute possono aiutare le persone ad affrontare il dolore
e la perdita
Perché l’umorismo porti a un vero aumento della felicità, il tempismo è fondamentale. Se vi è capitato di fare una battuta su una situazione tragica e nessuno ha riso, potreste aver cercato di rimediare al passo falso chiedendo “Troppo presto?”. I ricercatori che studiano l’umorismo di fronte a una tragedia hanno scoperto che le battute possono in realtà aiutare le persone ad affrontare il dolore e la perdita. Ma la battuta non può essere troppo vicina né troppo lontana dall’evento. Se fate una battuta nel bel mezzo di un terribile disastro naturale verrete allontanati da tutti; se ne fate una sul terremoto di San Francisco del 1906 la maggior parte delle persone non saprà di cosa state parlando. Se però azzeccate il momento giusto potreste arrecare un grande sollievo.
Per avere questo senso del tempismo comico serve quella che gli scienziati sociali definiscono “capacità di creare umorismo”, una capacità alla quale Jennifer Aaker e Naomi Bagdonas, autrici del libro Humor, Seriously, attribuiscono molti altri benefici, come il successo negli affari. Essere divertenti però è l’unica dimensione del senso dell’umorismo che a quanto pare non accresce la felicità, un fenomeno a volte definito il paradosso del pagliaccio triste. In un esperimento del 2010 pubblicato sulla rivista Europe’s journal of psychology, i ricercatori hanno chiesto alle persone di scrivere le didascalie di una serie di vignette creando delle battute in risposta a situazioni frustranti di tutti i giorni. Hanno scoperto che non esiste alcuna relazione significativa tra l’essere divertenti (secondo il giudizio di valutatori esterni) e la felicità o l’infelicità. Un’altra ricerca ha rilevato come i comici professionisti ottengano punteggi più alti rispetto alla norma della popolazione nella misurazione dei tratti psicotici.
È la risata di per sé ad arrecare il grosso dei benefici dell’umorismo, non necessariamente il fatto di far ridere gli altri. La risata inoltre funziona come un lubrificante sociale, facilitando le interazioni anche quando non c’è di mezzo alcun umorismo. Anzi, una ricerca ha evidenziato che solo nel 10-15 per cento dei casi le risate sono generate da qualcosa anche solo lontanamente divertente. Per il resto servono a mostrare emozioni come l’essere d’accordo o la semplice convivialità. Fate caso alle normali interazioni che avrete oggi e ve ne renderete conto.
Tre lezioni utili
Da questo breve excursus nella scienza dell’umorismo possiamo trarre diverse lezioni utili da applicare per migliorare la nostra qualità della vita.
- Evitate di essere austeri
Il consiglio più ovvio è quello di non essere austeri e privi di senso dell’umorismo. Ho già scritto del senso di colpa che alcuni provano nel comportarsi in modo allegro in un mondo così pieno di legittime preoccupazioni. Secondo alcuni la spensieratezza è inappropriata se ci preoccupiamo di crisi e ingiustizie. Ma è un errore pensarla in questo modo, visto che l’austerità non risulta attraente per gli altri e di conseguenza nuoce alla vostra causa. Naturalmente ci sono casi in cui l’umorismo è fuori luogo – ricordate, il tempismo è tutto – ma meno di quello che potreste pensare. Alcuni dei migliori elogi funebri che abbia mai ascoltato sono stati anche i più esilaranti.
I ricercatori hanno scoperto che due ideologie particolarmente prive di senso dell’umorismo sono il fondamentalismo religioso e il militarismo. Non mi sorprende perciò che il clima ideologico fondamentalista e pugilistico che si respira negli Stati Uniti (e in molti altri paesi) sia anche così privo di umorismo o che i politici fondamentalisti siano così pronti a usare come arma gli attacchi contro l’umorismo. Per essere più felici non partecipate alla guerra contro le barzellette.
- Non preoccupatevi di essere divertenti
La mia defunta madre adorava le barzellette, ma non era capace di ripeterle. Tutte le volte che cominciava a raccontarne una, prima ancora di arrivare alla fine rideva talmente tanto che nessuno capiva quale fosse la battuta finale. La sua tecnica per raccontare le barzellette non sarà stata un gran che, ma inavvertitamente aveva scoperto uno dei segreti della felicità: consumare umorismo è molto meglio che fornirlo.
È anche molto più semplice. Le persone divertenti tendono ad avere delle particolari caratteristiche neurologiche innate e di solito un’intelligenza superiore. Le persone a cui piacciono le cose divertenti invece danno semplicemente priorità all’umorismo, coltivano la capacità di apprezzarlo e si concedono la possibilità di ridere. Per ottenere i benefici dell’umorismo in termini di felicità lasciate che siano gli altri a raccontare le barzellette, voi ascoltate e ridete.
- Siate positivi
È provato che le barzellette negative, dannose o eccessivamente cupe esercitano una forza corrosiva sul benessere vostro e degli altri. Questo genere di umorismo tende a essere nichilista anziché spensierato. Il suo presupposto è: “Niente ha importanza, dunque mi prendo gioco di qualcosa di prezioso, come la mia vita o la tua”.
Gli effetti negativi sulla felicità sono in alcuni casi piuttosto diretti, come quando si prende in giro qualcuno ferendolo, si dice che si preferirebbe essere morti o si racconta una barzelletta che denigra un gruppo di persone. Altri casi invece possono essere meno palesi, come per esempio i nostri schemi di utilizzo dei social network. Quel meme caustico ma esilarante che state per pubblicare risulta soddisfacente nell’immediato, ma con ogni probabilità abbasserà il vostro stato di benessere e quello di chi ne ride.
C’è una ragione ancora migliore per lavorare da subito sulla vostra capacità di apprezzare l’umorismo: può alleviare il tremendo fardello che abbiamo sopportato collettivamente nell’ultimo anno e mezzo. Come ha dimostrato la ricerca citata prima, l’umorismo ha una caratteristica quasi anestetizzante, abbassa la concentrazione sul dolore e ci permette di ricordare le gioie della vita.
Questa idea non è nuova. Lo scrittore fiorentino Giovanni Boccaccio portò a termine il Decamerone più o meno nel 1353, mentre la peste nera imperversava in Europa uccidendo probabilmente quasi un terzo della popolazione. Il libro è composto da cento racconti comici narrati da dieci amici, sette donne e tre uomini, che trascorrono insieme un periodo di quarantena in una tenuta di campagna per evitare la pestilenza. Ebbe un successo enorme portando a persone in tutta Europa un po’ di sollievo dalla paura della malattia e dalla noia dell’isolamento, mentre la peste continuava a dilagare. Non evitava i temi della malattia e della morte, ma non li enfatizzava neanche. Il punto fondamentale era che la vita può essere piuttosto esilarante anche in condizioni terribili, ma scoprirlo dipende dal nostro atteggiamento.
E questo vale anche oggi. La vita è piena di tristezza e tragedie. Al tempo stesso però è piuttosto divertente.
(Traduzione di Giusy Muzzopappa)
Questo articolo è stato pubblicato sul sito dell’Atlantic.
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