Il 12 novembre Sergio Massa, del partito peronista al governo e attuale ministro dell’economia, si è confrontato con il candidato di estrema destra Javier Milei nell’ultimo dibattito prima del secondo turno delle elezioni presidenziali argentine, il 19 novembre. Secondo molti analisti si tratta del voto più importante dalla fine della dittatura nel 1983. Massa ha dominato la discussione, soprattutto nella prima parte, evitando di parlare dell’inflazione e della crisi economica, mettendo Milei alle strette con una serie di domande a cui doveva rispondere sì o no e alludendo alla sua instabilità emotiva. Milei ha passato gran parte del tempo a difendersi, accusando l’avversario di essere “un bugiardo” e parte della casta responsabile di aver impoverito il paese.
Durante la discussione Massa ha sottolineato più volte i ripensamenti e i cambiamenti di programma di Milei, che dopo il primo turno ha messo da parte alcune delle proposte più polemiche del suo programma, come la soppressione dell’educazione pubblica, la liberalizzazione del porto d’armi e la fine dei sussidi sociali. E gli ha rimproverato l’alleanza, dopo il voto del 22 ottobre, con la candidata di destra Patricia Bullrich (arrivata terza) e il leader del suo partito, l’ex presidente Mauricio Macri, che ha governato dal 2015 al 2019. Tuttavia Milei non ha mai perso le staffe mentre Massa ha inspiegabilmente sprecato l’opportunità di parlare dei diritti umani e della convivenza democratica, alla luce delle preoccupanti dichiarazioni di Victoria Villarruel, candidata alla vicepresidenza di Milei, che nega il terrorismo di stato durante il regime militare.
In un articolo molto interessante pubblicato sul País, la scrittrice argentina Claudia Piñeiro scrive che la difesa della dittatura militare, e il ricordo nostalgico di quegli anni, fatta dal partito di Milei, La libertad avanza, è più grave degli indici economici, anche se a settembre l’inflazione in Argentina aveva raggiunto il 140 per cento e l’indice di povertà nel primo semestre di quest’anno ha superato il 40 per cento, con ripercussioni su più della metà dei bambini argentini.
C’è un’ulteriore aggravante, sottolinea Piñeiro: “La rivendicazione della dittatura – portata avanti non in modo generale, ma citando i nomi di militari condannati per la sparizione di persone, furto di bambini, tortura e omicidio, per farci credere che non sono i criminali che sembrano – ha spinto altri a esprimere opinioni ugualmente aberranti. Per esempio, un militare in pensione ha pubblicato su TikTok il video di una Falcon verde, l’auto usata dagli squadroni della morte durante il regime per sequestrare e far sparire i dissidenti politici, aggiungendo che nel suo portabagagli c’era posto per sette persone. Una frase che pesa oggi, a quarant’anni dal ritorno della democrazia. Oppure c’è stato il caso di un utente di Instagram che ha mandato un messaggio all’attrice Dolores Fonzi, dopo che lei aveva pubblicato un video in cui invitava a non votare per Milei. Nel messaggio l’avvertiva che avrebbe sepolto i suoi figli nel giardino di casa sua”.
Questo “Frankenstein della politica”, conclude Piñeiro riferendosi a Javier Milei, ha smesso di essere un esperimento, ha preso vita e potrebbe diventare il prossimo presidente dell’Argentina. La paura si sta diffondendo e, anche nel centrodestra, molti hanno preso le distanze dalle sue affermazioni in difesa delle atrocità commesse dalla dittatura. Qualche giorno fa un gruppo di influenti economisti – tra cui il francese Thomas Piketty e l’indiano Jayati Ghosh – ha pubblicato una lettera aperta per mettere in guardia dai pericoli di alcune proposte del candidato di estrema destra, come dollarizzare l’economia o abolire la banca centrale. Se da una parte gli economisti capiscono il profondo desiderio degli elettori di avere una stabilità economica, viste le ricorrenti crisi finanziarie nel paese sudamericano e l’inflazione molto alta, dall’altra avvertono che “le soluzioni apparentemente semplici sono attraenti, ma possono provocare più devastazione nel mondo reale nel breve periodo e al tempo stesso ridurre lo spazio politico sul lungo periodo”.
Per capire meglio chi è Javier Milei, come mai ha conquistato la fiducia di milioni di argentine e argentini, giovani e meno giovani, e perché è una minaccia per la democrazia, Revista Anfibia e il quotidiano spagnolo El País hanno collaborato per produrre un podcast, che si può ascoltare qui.
Questo testo è tratto dalla newsletter Sudamericana.
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