I giornalisti scappano dall’Ecuador
Nell’unica stazione radio della cittadina di Baeza, nella provincia ecuadoriana del Napo, il conduttore del programma mattutino Juan Carlos Tito aggiorna gli ascoltatori sulle condizioni meteorologiche, sulle recenti interruzioni di corrente e sulle riparazioni di un ponte che attraversa un fiume vicino. Negli ultimi ventiquattro anni Tito è stata la voce fidata di Radio Selva, cha trasmette notizie importanti per la comunità di questa cittadina di duemila abitanti sugli altopiani andini. Ma ora trasmette dall’estero.
Dopo aver indagato sulle bande della droga a Baeza e dintorni, nel 2023 Tito ha ricevuto diverse minacce di morte. Così, a ottobre, lui, la moglie e produttrice di spettacoli Elvira del Pilar Nole e i loro due figli hanno caricato qualche valigia su un’auto presa in prestito e sono fuggiti da Baeza nel cuore della notte. “Eravamo assolutamente certi che nelle 48 ore successive ci avrebbero attaccato”, ha detto Nole. “Quindi siamo stati costretti a scappare”.
Oggi Tito e Nole conducono il loro programma di due ore, Buenos días América, dalla cucina di un appartamento di una città latinoamericana di cui preferiscono non dire il nome per ragioni di sicurezza. Al giornalista colombiano John Otis, che ha raccontato la loro storia per il Committee to protect journalists (Cpj), hanno spiegato che “non possono tagliare il cordone ombelicale con Baeza perché sono l’unica fonte d’informazione locale per la città”.
A causa della violenza provocata in Ecuador dagli scontri tra organizzazioni criminali che si contendono il traffico di droga, sempre più giornalisti ricevono minacce per il loro lavoro. Quindi decidono di autocensurarsi o scelgono di andare in esilio.
Secondo César Ricaurte, il direttore dell’associazione ecuadoriana Fundamedios, che si occupa di libertà di stampa, dal 2023 a oggi sedici lavoratori della stampa sono andati via dal paese andino perché temevano per la loro vita. “Ogni inchiesta che secondo questi gruppi rappresenta un pericolo per i loro affari si traduce in minacce ai giornalisti”, ha detto Ricaurte.
Al di là dell’Ecuador, tra il 2020 e il 2023 il sostegno che il Cpj offre ai professionisti dell’informazione in esilio è aumentato del 227 per cento. I giornalisti di Iran, Afghanistan e Nicaragua sono tra quelli che hanno ricevuto maggiore aiuto.
Questo testo è tratto dalla newsletter Sudamericana
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