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Il blackout più lungo di Cuba

L’Avana, 20 ottobre 2024. (Adalberto Roque, Afp)

Il 18 ottobre un guasto alla centrale termoelettrica di Antonio Guiteras, a Matanzas, la più grande del paese, ha lasciato quasi dieci milioni di persone al buio. La sera stessa, in un discorso trasmesso dalla tv di stato, il presidente Miguel Díaz-Canel ha riconosciuto che Cuba attraversa un’emergenza energetica e ha assicurato che il governo stava lavorando per ristabilire velocemente il servizio. Dopo essere stato in parte ripristinato per qualche ora, il servizio elettrico è collassato di nuovo il 19 ottobre. Le autorità hanno ordinato la chiusura delle scuole di tutti i gradi, delle attività culturali e ricreative e di quelle considerate non essenziali per dare la priorità al funzionamento degli ospedali. Nel pomeriggio del 21 ottobre la metà dei due milioni di abitanti dell’Avana, la capitale, ha avuto di nuovo la corrente mentre nelle altre province si è dovuto aspettare il giorno dopo.

Secondo il primo ministro cubano Manuel Marrero Cruz l’emergenza energetica è dovuta soprattutto allo stato delle infrastrutture, all’embargo statunitense in vigore dagli anni sessanta e alla scarsità di combustibile. “Il problema”, scrive nell’editoriale El País, “è strutturale e mette in evidenza non solo l’inefficacia della politica energetica cubana, ma il fallimento di tutta la gestione del regime. La crisi infatti è la conseguenza di un circolo vizioso in cui una rete elettrica obsoleta e l’assenza di investimenti hanno consolidato la dipendenza dal petrolio importato, che è la prima fonte di elettricità nel paese. A questo si sono aggiunti altri fattori di disequilibrio, come la crisi del Venezuela, il principale alleato dell’Avana nella regione”.

Il problema non è nuovo ma non è mai stato così grave. “Cuba”, continua il quotidiano spagnolo, “ha vissuto vari momenti di profonda crisi economica ed energetica, come il periodo speciale negli anni novanta dopo il crollo dell’Unione Sovietica e i ripetuti blackout dei primi anni duemila. Ma l’ultima e prolungata interruzione di corrente dimostra che la situazione è diventata ormai insostenibile: in tre giorni il sistema elettrico è collassato almeno quattro volte”.

Il malcontento non ha tardato a farsi sentire. Secondo Justicia11, un’organizzazione che dal 2021 si occupa di diffondere e verificare le informazioni sulle proteste pubbliche a Cuba, durante le lunghe ore senza elettricità nel paese ci sono state almeno ventotto proteste. Sui social network sono stati pubblicati video di cacerolazos, cioè manifestazioni rumorose, spesso con pentole e mestoli. In molti quartieri della capitale la gente è scesa per strada gridando slogan contro il presidente.

Da parte sua il 21 ottobre Díaz-Canel ha risposto al malcontento assicurando “che la rivoluzione non tollererà mai questo genere di comportamenti e che tutti saranno processati adeguatamente, con il rigore che presuppongono le leggi rivoluzionarie”.

“Nel quartiere del Vedado, all’Avana, si sentivano persone che protestavano con le pentole al buio”, racconta la giornalista cubana Carla Gloria Colomé. “Il blackout è probabilmente il momento che più spinge i cubani a sollevarsi: nascondendosi nell’anonimato che deriva dalla mancanza di luce, in modo che la polizia politica non possa dare un volto e un nome alla protesta, le persone ne approfittano per protestare. Sono poche le cose che infastidiscono i cubani quanto la mancanza di luce. Sembrano abituati, ma la verità è che nessuno si adatta alle gocce di sudore che scorrono sulla fronte, al poco cibo che marcisce nel frigorifero, alle divise dei bambini stropicciate, al ventilatore di cartone per soffiare aria al bambino che non si addormenta e non smette di piangere”.

Quando il paese rimane senza luce, emergono con più forza le disuguaglianze: “Nei giorni del blackout”, racconta Colomé, “Cuba si divide tra chi ha un generatore elettrico e chi ne è sprovvisto, tra chi riesce a dormire grazie ai ventilatori ricaricabili e chi a malapena chiude occhio. Il blackout diventa una questione di classe e di sopravvivenza. Ma quando la corrente manca per giorni interi a un certo punto tutti finiscono sullo stesso piano: si scaricherà la batteria del ventilatore, la luce della lampada ricaricabile o di quella a petrolio e tutti saranno in balìa del destino e della stanchezza”.

Questo testo è tratto dalla newsletter Sudamericana.

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