Il mese sacro di Ramadan rappresenta per gli 1,8 miliardi di musulmani nel mondo un periodo di digiuno, di riflessione e di rapporto privilegiato con Dio. In concreto, significa anche ritrovarsi tutti i giorni al tramonto a cena con la famiglia, gli amici o i vicini per l’iftar, la rottura del digiuno.

È anche prevista la preghiera quotidiana in moschea nonché, prima e durante il mese di Ramadan, il pellegrinaggio annuale alla Mecca intorno alla pietra nera della Kaaba insieme ad altri due milioni di musulmani. Com’è possibile far convivere quest’intensa socialità con la lotta al covid-19?

Dall’Algeria sono arrivate le prime voci contrarie al digiuno in questo periodo. Il politico e appassionato sostenitore di un islam riformista Noureddine Boukrouh ha pubblicato l’8 aprile sul quotidiano Le Matin d’Algérie un’analisi in cui chiedeva la cancellazione del digiuno per motivi di salute. Se la crisi causata dal nuovo coronavirus non si fosse normalizzata prima dell’inizio di Ramadan, ipotizzava Boukrouh, allora “la tradizione religiosa, invariabile nello spazio e nel tempo, dovrà confrontarsi con una questione potenzialmente imbarazzante: dovrà permettere la sospensione del digiuno quest’anno, perché la gola secca potrebbe favorire il contagio, o esporci ai rischi di un maggior contagio? Quale ragione deve prevalere? Tutelare la vita di un numero imprecisato di persone o un precetto religioso?”.

Rassicurazioni sanitarie
La polemica scoppiata in Algeria si è sgonfiata dopo che l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha rassicurato sul fatto che chi digiuna non corre rischi maggiori di essere contagiato, come riporta il sito Masrawy, dal momento “che non sono stati finora condotti studi sul digiuno e sui suoi effetti sull’infezione da nuovo coronavirus”. L’Oms ha invece insistito sull’importanza di ridurre al massimo gli assembramenti religiosi durante il mese di Ramadan e, a ogni modo, di dare priorità alle direttive statali piuttosto che a quelle religiose.

Nell’ottocento il pellegrinaggio alla Mecca fu sospeso tre volte a causa della peste

Anche se l’islam non ha un’unica autorità di riferimento in campo religioso, i suoi principali legislatori hanno trovato un certo consenso su come affrontare la minaccia del virus. Davanti all’alto numero di contagi nel regno, i leader religiosi dell’Arabia Saudita hanno raccomandato di pregare a casa. Il Gran muftì, lo sceicco Abdulaziz al Sheikh, ha espresso la stessa opinione dicendo che le preghiere del mese di Ramadan così come quelle della festa dell’Aid el Fitr, la festa di chiusura del mese santo, dovranno svolgersi da casa.

Per ora il pellegrinaggio non è stato ufficialmente cancellato, anche se il 27 febbraio il regno ha chiesto ai fedeli di “aspettare a organizzare il viaggio” e di rimandare a date future le loro prenotazioni. Il pellegrinaggio non è mai stato cancellato da quando esiste l’Arabia Saudita. Nel corso dell’ottocento successe, ricorda Middle East Eye, durante la grande peste del 1831, che uccise tre quarti dei pellegrini, e successivamente altre tre volte tra il 1837 e il 1858, a causa di varie epidemie di peste e colera.

Alternative al digiuno
In Egitto Dar al Iftaa, una delle più importanti fondazioni religiose del paese, che svolge un ruolo consultivo nel diritto islamico, in una diretta Facebook ha affrontato “la questione del digiuno in tempo di coronavirus”. Mahmoud Shalabi, il direttore del dipartimento dedicato alle fatwa (pareri giuridici) di Dar al Iftaa, spiega che “il digiuno è obbligatorio per ogni adulto che non ha malattie mentali, a parte pochi casi. Per esempio, se una donna ha le mestruazioni o se una persona è malata: in quel caso al posto del digiuno si deve dar da mangiare ai poveri ogni giorno”. Shalabi conferma così che le istanze religiose non vanno contro i pareri dei medici: se un dottore sconsiglia la pratica del digiuno, il credente può esimersi dall’obbligo.

Nella pratica, però, le misure di isolamento saranno difficili da mettere in atto, ha commentato scherzosamente Shereen, un popolare account su Twitter critico verso il governo, in un messaggio recente: “‘Mi sto isolando: vedo solo mio marito e la sua famiglia, i miei genitori e mia sorella e i suoi figli. E mia sorella è una ‘dottoressa’ – tutti dicono così in Egitto”.

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Il periodo di Ramadan sarà di sicuro uno stress per le riunioni di famiglia e per la spesa in preparazione della festa. Il corrispondente di Al Jazeera in Iraq faceva notare che all’avvicinarsi del mese di Ramadan le strade di Baghdad erano ancora parecchio affollate nonostante il coprifuoco.

Il mese sacro è anche l’occasione per guardare le serie televisive prodotte appositamente per questo periodo dell’anno e le sue lunghe notti insonni. Quest’anno, spiega Al Araby al Jadid, per via del nuovo coronavirus molte di queste serie sono rimaste senza gli ultimi episodi, e altri, come il programma del comico egiziano Hany Ramzy, non hanno proprio potuto essere realizzati perché il comico aveva previsto di girare in Cina.

Virus e spiritualità
Le nuove tecnologie arrivano in aiuto dei musulmani anche nel campo della spiritualità: “Potremo essere fisicamente distanti, ma ciò non significa che saremo soli durante questo Ramadan. Ecco come rimanere in contatto, unire e condividere le proprie esperienze con migliaia di altri”, spiega la pagina Facebook del Ramadan Tent Project per i musulmani di Londra. Se non sarà possibile ritrovarsi sotto una tenda per condividere la cena come ogni anno, il sito propone incontri online per discutere di questioni religiose e spirituali.

Su Al Araby al Jadid [l’editorialista Sama Rashid crede che l’isolamento](link: https://www.alaraby.co.uk/opinion/2020/4/19/رمضان-في-زمن-كورونا-1) dettato dal nuovo coronavirus abbia in un certo senso anticipato il Ramadan: “Il mese sacro arriva quest’anno mentre tutti i musulmani del mondo stanno già osservando con i propri occhi la potenza di dio e la sua capacità di far piegare chi lo serve. Se i musulmani erano già certi del potere di dio ora saranno rafforzati nel loro credo, come dice il detto: ‘Chi ha ascoltato ha capito più di chi ha solo visto’”.

Più laico, il quotidiano filopalestinese Al Quds al Arabi insiste invece sul bisogno di ricordare lo spirito festivo con un bel reportage fotografico a Gaza, Hebron e il Cairo sulla costruzione di fanous, le lanterne colorate che illuminano le strade del Medio Oriente in questo mese: “I musulmani stanno preparando le lanterne del Ramadan. Un modo di riportare un po’ di luce e di gioia dopo che il virus ha gettato così tante ombre sulle nostre vite”.

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