Ibrahima D. non sa quasi niente della droga che fuma ogni giorno da sei mesi mescolata al tabacco. Sa solo che “ne basta un pizzico per ritrovarsi in un altro mondo, dove si può riposare e non avere più problemi”, dice il meccanico di cinquant’anni che indossa una giacca di pelle strappata. “Il kush è più forte di qualsiasi droga abbia mai provato. Ho visto persone collassare e non rialzarsi più”.

Sotto la lamiera ondulata di una pensilina del mercato di Colobane, nel centro della capitale senegalese Dakar, tanti senzatetto come lui consumano il kush. Sopraffatti, stendono i loro corpi gracili sulle panchine, a volte al sole. “È una droga che va alla grande in Senegal”, dice con l’aria compiaciuta Ababacar S., uno spacciatore guineano di trent’anni. Nella tasca più piccola dei jeans conserva alcune dosi di polvere grigiastra che ha riposto in pezzetti di carta ripiegati.

Lui la compra in pacchettini, che quantifica a gesti e non in grammi (“larghi due dita e spessi un dito”), per 15mila franchi cfa (23 euro) l’uno, all’autostazione di Diamniadio, a 35 chilometri da Dakar. Poi rivende la singola dose a 500 franchi cfa (0,76 euro). Cosa c’è dentro? “È più o meno come la cannabis”, risponde dando un tiro alla sigaretta che ha rollato con dentro una spolverata di kush. All’improvviso i suoi gesti diventano lenti e sembra perdere i sensi. La nostra conversazione finisce lì.

Fino a poco tempo fa non sapevamo molto sulla composizione del kush. Si diceva che contenesse ossa umane e veleno per topi. Ora dai test realizzati per un rapporto pubblicato il 25 febbraio dall’Iniziativa globale contro la criminalità organizzata transnazionale (Gi-Toc) emerge che alla base ci sono due psicoattivi molto potenti, che danno dipendenza e sono letali. Il kush contiene nitazeni – oppiodi sintetici fino a venticinque volte più forti del fentanyl – o Mdmb-4en-pinaca, un cannabinoide sintetico nove volte più potente del thc. “Secondo i test, le due sostanze raramente vengono mescolate”, precisa il rapporto.
A uno di questi due psicoattivi si aggiungono foglie di altea (leggermente psicoattive), acetone, formalina (il prodotto usato per l’imbalsamazione) e a volte del tramadol.

In Senegal “i sequestri di kush sono diventati frequenti negli ultimi mesi e ormai avvengono ogni settimana”, dichiara un agente dell’Ufficio centrale per la repressione del traffico illecito di stupefacenti. L’ultimo annuncio pubblico risale al 30 gennaio e parlava di 77 pacchetti sequestrati a Fatick, 150 chilometri a sudest di Dakar. “La droga è già tagliata, pronta da consumare”, spiega la stessa fonte, secondo cui questo indica l’attività di cartelli ben organizzati provenienti dalla Sierra Leone. “Nella regione i sierraleonesi hanno un ruolo importante nell’importazione e nello smercio, visto che il loro paese è un centro nevralgico del traffico di kush”, si legge nel rapporto del Gi-Toc.

Il kush è stato individuato per la prima volta proprio in questo paese anglofono dell’Africa occidentale, nel 2016. “Il primo grande trafficante di kush che abbiamo scoperto si chiama M. Om”, racconta Lucia Bird, la direttrice dell’osservatorio sulle economie illecite in Africa occidentale presso il Gi-Toc. È un nigeriano che sarebbe stato espulso dal Regno Unito. Lui e un suo stretto collaboratore, soprannominato Silver, sono sospettati di aver creato in Sierra Leone una rete di distributori e rivenditori, che impiegava altre persone espulse dal Regno Unito. Dopo di loro, tra il 2020 e il 2022, altri gruppi più o meno organizzati hanno fatto crescere il traffico di kush in Sierra Leone e, più in generale, nell’Africa occidentale.

“In base alle nostre ricerche, i primi carichi di kush a base di cannabinoidi sintetici sarebbero stati importati premiscelati dal Regno Unito”, precisa Bird. Nel marzo 2024 un sequestro di trecento chili di kush nel porto di Rotterdam ha confermato che anche i Paesi Bassi sono coinvolti in questo traffico.

Come per molte altre droghe, le diverse sostanze chimiche che compongono il kush arrivano in Africa nascoste nei carichi delle navi. Ma gli autori del rapporto hanno stabilito che una parte arriva per posta a Freetown, la capitale sierraleonese. “Dal 2022 il traffico di kush si è ‘democratizzato’ in Sierra Leone”, racconta Bird. “Nel paese c’è una moltitudine di soggetti coinvolti nello smercio di questa droga, di cui circolano diverse varietà. Oggi per produrla non è necessario far parte di una rete criminale: basta avere una connessione internet e un po’ di soldi”.

Dai precursori chimici (i prodotti che servono alla sintesi degli stupefacenti) alle foglie di altea (usata nei ristoranti in Europa), tutte le componenti del kush possono essere comprate online, nello specifico sul sito cinese Alibaba. “La Cina produce l’Mdmb-4en-pinaca e i nitazeni, e ne garantisce l’esportazione”, affermano i ricercatori. Rispetto al kush già pronto, venduto da un cartello e proveniente sempre da uno stesso posto, è più difficile per le autorità tracciare il kush che arriva in Sierra Leone in componenti separate e poi viene assemblato sul posto.

“È ancora più dannoso per i consumatori, perché composizioni e dosaggi cambiano continuamente”, si lamenta Ansu Konneh, che dirige l’unico centro di disintossicazione sierraleonese. Con la frammentazione e l’esplosione della vendita di kush nel 2022, il numero di morti è aumentato, dice il dottore. “Si parla di centinaia, se non di migliaia di morti”, conclude. Circa un anno fa il presidente della Sierra Leone Julius Maada Bio ha dichiarato lo stato di emergenza sanitaria per le conseguenze del kush sulla salute pubblica.

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