In Francia il 29 giugno è stata approvata in via definitiva la legge sulla bioetica che, tra le altre cose, apre anche alle donne single e a quelle in coppia omosessuale l’accesso alla fecondazione assistita, finora riservato agli eterosessuali sposati con problemi di infertilità.
Già appoggiata da François Hollande durante la sua campagna presidenziale del 2012, l’anno successivo la misura era stata poi accantonata durante l’accesissimo dibattito per la legge sul matrimonio ugualitario come compromesso con la parte più conservatrice del parlamento e dell’opinione pubblica. In seguito Emmanuel Macron l’ha inclusa nel suo programma elettorale e, dopo un lungo iter parlamentare, è stata inserita all’interno della nuova legge sulla bioetica, di cui è stata l’aspetto più discusso.
La legge, adottata a larga maggioranza, estende a tutte le donne la possibilità di ricorrere alla fecondazione assistita fino all’età di 43 anni. Il procedimento sarà rimborsato dal sistema sanitario nazionale, come avviene oggi per le coppie etero con problemi di infertilità. Per rispettare il diritto di ogni bambino di conoscere il proprio padre biologico, la norma permette a tutte le persone concepite con una donazione di seme di accedere, una volta raggiunta la maggiore età, all’identità del donatore o, se lo preferiscono, solo alle sue informazioni non identificanti, come il motivo della donazione, le caratteristiche fisiche o la sua storia medica.
Per le coppie lesbiche è previsto un meccanismo di filiazione speciale, in cui le due donne dovranno effettuare un riconoscimento di maternità congiunto e anticipato. In questo modo saranno automaticamente riconosciute entrambe madri del bambino fin dal momento del parto e appariranno regolarmente sul suo atto di nascita. La legge mantiene in vigore il divieto di accesso alla fecondazione assistita per le persone transgender e quello di accedere alla gestazione per altri.
Le Monde lo definisce “l’epilogo di anni di dibattiti infiammati”, nati da quando l’approvazione della legge sul matrimonio ugualitario aveva incluso il diritto per le coppie omosessuali di adottare bambini ma non quello per le coppie lesbiche di ricorrere a tecniche di fecondazione assistita. “Per le associazioni lgbt+”, spiega il quotidiano, “è la conclusione di una lunga battaglia e tra loro, nonostante ‘le imperfezioni’ del testo finale, oggi prevale il sollievo, come riconoscono in coro i leader delle associazioni”.
Liberi di scegliere
Nelle stesse ore in cui il parlamento francese adottava la nuova legge sulla bioetica, sempre il 29 giugno il governo spagnolo ha approvato un disegno di legge che mira a garantire l’uguaglianza reale ed effettiva delle persone transgender e rafforzare la tutela dei diritti lgbt+. Una misura che, se sarà tramutata in legge, permetterà a chiunque abbia più di 14 anni di chiedere la riassegnazione del sesso e del nome all’anagrafe senza bisogno di documentazione medica.
Il testo, che è il risultato di un serrato braccio di ferro tra le forze politiche della coalizione di maggioranza – il Partito socialista (Psoe) e Podemos – abolirebbe l’attuale legislazione che, per ottenere il cambio di sesso sui documenti d’identità, richiede una diagnosi di disforia di genere e un trattamento ormonale obbligatorio.
Secondo le nuove disposizioni invece, solo ai ragazzi tra i 12 e i 14 anni sarebbe richiesta un’autorizzazione giudiziaria, mentre alle persone tra i 14 e i 16 anni basterebbe il consenso dei genitori (o tutore legale) e quelle con più di 16 anni non avrebbero bisogno di alcuna autorizzazione. Vale a dire che, dai 16 anni in poi, in Spagna si potrebbe cambiare nome e sesso all’anagrafe semplicemente per propria volontà, senza nessuna necessità di un trattamento ormonale né tantomeno di interventi chirurgici e conseguente sterilizzazione.
Oltre al nuovo meccanismo per la riassegnazione del genere, la cosiddetta “ley trans” aprirebbe l’accesso alla riproduzione assistita alle donne in coppia omosessuale e alle “persone trans che possono restare incinte”; riconoscerebbe fin dalla nascita entrambe le madri, anche se non sono sposate; aumenterebbe la tutela dei diritti delle persone intersessuali; vieterebbe le terapie di conversione per le persone lgbt+ e infine inserirebbe nei programmi scolastici il tema della diversità.
Ma è soprattutto la questione dell’autodeterminazione del genere che ha causato maggiori resistenze, sia all’interno della coalizione di maggioranza che tra alcune femministe storiche spagnole. “In particolare”, spiega il quotidiano La Vanguardia, “una parte del movimento femminista ritiene che questa legge rappresenti una minaccia per i diritti delle donne, perché rischia di cancellare la nozione di sesso biologico all’anagrafe, e quindi anche quella di donna, annullando così ogni rivendicazione femminista”.
Prima di approdare al congresso dei deputati, la legge dovrà passare attraverso una serie di organi consultivi e il dibattito in parlamento si preannuncia molto duro. Il testo rischia di essere pesantemente modificato, ma c’è anche la possibilità invece che, proprio come è successo con la legge sul matrimonio ugualitario del 2005, la Spagna torni a fare uno scatto in avanti sui diritti civili che la confermerebbe come uno dei paesi più avanzati in fatto di tutela della comunità lgbt+.
A prescindere da quale forma finale prenderà la ley trans, il dibattito spagnolo e quello francese sottolineano ancora una volta la cronica arretratezza dell’Italia in fatto di diritti civili. Sia Francia sia Spagna hanno infatti introdotto leggi contro l’omotransfobia nei loro ordinamenti già da parecchi anni – la Francia nel 2003, con il presidente di centrodestra Jaques Chirac, e la Spagna addirittura nel 1995 – e l’inclusione dell’omotransfobia tra i crimini d’odio è un principio ormai assodato nelle loro società.
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