Anche secondo gli standard distorti della guerra, l’attacco sferrato domenica mattina da Mosca contro la città ucraina di Sumy è stato di una sfacciataggine sconvolgente. Due missili balistici dotati di bombe a grappolo – secondo Kiev – hanno colpito il cuore della città di confine mentre le famiglie andavano in chiesa, aspettavano l’inizio di uno spettacolo teatrale o semplicemente passeggiavano in una mite giornata di primavera.
Il bilancio delle vittime è attualmente di 34 morti, tra cui due bambini. Le immagini della scena mostrano corpi delle vittime in strada, un filobus e auto carbonizzate, macerie e vetri ovunque. Un attacco sconsiderato, crudele e feroce, con conseguenze del tutto prevedibili per chi ha dato l’ordine e sganciato gli ordigni.
Pianificare un raid in pieno giorno nel centro di una città, pienamente consapevoli della presenza di civili, riflette una cultura dell’impunità russa che è stata tollerata troppo a lungo senza una reazione efficace. Nonostante questo, l’approccio di Washington – sotto la guida di Donald Trump – è stato quello di cercare una via diplomatica per porre fine alla guerra trattando direttamente con Mosca, mantenendo però un silenzio quasi totale sugli attacchi russi contro i civili.
I colloqui tra Stati Uniti e Russia sono proseguiti senza interruzione negli ultimi due mesi, proprio mentre gli attacchi russi contro le città ucraine sembrano intensificarsi. La scorsa settimana nove adulti e nove bambini sono stati uccisi da un missile balistico russo con bombe a grappolo che ha colpito un parco giochi a Kryvyj Rih.
Le persone sono morte nelle loro auto e i corpi di alcuni bambini sono stati trovati nel parco. Nonostante questo, all’inizio l’attacco è stato condannato con tono fiacco dall’ambasciatrice statunitense in Ucraina, Bridget Brink, che allineandosi alla posizione della Casa Bianca non ha esplicitamente attribuito la responsabilità alla Russia, limitandosi a scrivere su Twitter: “Ecco perché questa guerra deve finire”.
In seguito Brink ha annunciato le dimissioni e ha cominciato a usare toni più diretti. Il 13 aprile ha attribuito esplicitamente alla Russia l’attacco di Sumy e ha confermato l’uso di bombe a grappolo. Ora che sta per andarsene può parlare più liberamente, mentre Putin continua a giocare con Trump e il resto dell’amministrazione statunitense a intavolare negoziati di pace che, dopo due mesi, non sono arrivati a quasi niente.
L’11 aprile Vladimir Putin ha parlato quattro ore con Steve Witkoff, imprenditore immobiliare e finanziatore repubblicano, oggi diventato uno dei principali consiglieri di Trump sull’Ucraina e sul Medio Oriente. Non è chiaro cosa si siano detti, ma secondo alcune fonti Witkoff starebbe sostenendo l’idea che il modo più rapido per ottenere un cessate il fuoco da parte della Russia sia costringere Kiev a cedere quattro province attualmente solo in parte occupate dalle forze russe, comprese le città di Cherson e Zaporižžja.
Il contrasto tra le uccisioni e le distruzioni di Sumy e la foto della stretta di mano tra Witkoff e Putin è fin troppo evidente per la maggior parte degli osservatori. Non è chiaro perché si dovrebbe anche solo prendere in considerazione l’idea che l’Ucraina ceda del territorio (qualcosa che perfino gli Stati Uniti non possono facilmente imporre a Kiev), mentre la Russia continua a colpire deliberatamente i civili in pieno giorno.
Ma Mosca è convinta – e si comporta di conseguenza – di poterla fare franca. Il Cremlino ignorerà le condanne dei leader europei e aspetterà che l’attenzione dei mezzi di informazione si sposti altrove, continuando quasi certamente a colpire le città ucraine senza alcun reale obiettivo militare. Gli attacchi con i droni sono ormai all’ordine del giorno e crescono i timori che siano regolarmente equipaggiati con bombe a grappolo. Insieme a loro sono usati anche uno o due missili balistici, difficili da intercettare.
Il presidente ucraino Volodymyr Zelenskyj spera che Trump si renda conto che Putin non sta negoziando in buona fede. L’attacco contro Sumy certo non suggerisce una forte volontà di pace. Ma non è chiaro se e quando la Casa Bianca riterrà che la sistematica uccisione di civili impone di esercitare una vera pressione sulla Russia per spingerla a negoziare davvero, invece di continuare a essere indulgente con il Cremlino.
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