Il campo di container bianchi si estende su 63mila metri quadri, su una collina disabitata. Dalle imbarcazioni da diporto che entrano nella baia di Lakki, nella parte meridionale di Lero, non si vede altro. Formano il nuovissimo campo profughi da 1.860 posti, il cui accesso è vietato al pubblico, e che dovrebbe entrare in funzione entro la fine dell’estate su quest’isola greca di ottomila abitanti, e che conta oggi 75 richiedenti asilo.

“Sarà dotato di minimarket, ristoranti, lavanderie, scuole, bancomat, campi da basket”, spiega Filio Kyprizoglou, la sua futura direttrice. Sarà insomma un “villaggio, con tutti i servizi inclusi per i richiedenti asilo”, dice elettrizzata.

Ma il “villaggio” sarà circondato da alte mura, e da una strada periferica destinata alle pattuglie di polizia, a sua volta circondata da un muro ricoperto di filo spinato. Dalla sua taverna sul porto di Lakki, Theodoros Kosmopoulou osserva con amarezza questa “nuova prigione”, la cui costruzione è cominciata a febbraio, su terreni di proprietà dello stato greco.

Questo nuovo centro sorvegliato di Lero è uno dei cinque campi profughi greci in costruzione sulle isole vicine alla Turchia dove sono arrivati migliaia di profughi negli ultimi anni. Per queste strutture l’Unione europea ha investito 276 milioni di euro. Se quello di Lero è ben visibile nella baia di Lakki, i centri che sorgeranno a Coo, Samo, Chio e Lesbo saranno, invece, spesso isolati dalle città.

Questi campi cosiddetti transitori potranno ospitare in tutto 15mila richiedenti asilo o persone a cui la richiesta è stata respinta. Saranno tutti operativi a fine anno, spera la Commissione europea. Quello di Samo, con 3.600 posti, sarà aperto quest’estate, seguito da Coo, duemila posti, e Leros. La gara d’appalto per la costruzione dei campi di Chio (da 1.800 a tremila posti) e Lesbo è stata resa pubblica a maggio.

Se l’Europa li definisce “centri di prima accoglienza polifunzionali”, il ministero greco dell’immigrazione parla invece di “strutture controllate chiuse”. Devono sostituire i vecchi campi, gli hotspot, già presenti su queste isole e che accolgono oggi novemila migranti. Già sovraffollate dai tempi della loro creazione, nel 2016, queste strutture sono spesso denunciate per le loro indegne condizioni di vita. Per trattare le domande d’asilo servono spesso vari mesi.

Aziende private per gestire i campi
Nei nuovi campi i rifugiati avranno una risposta alle loro domande entro cinque giorni, assicura il ministero dell’immigrazione greco. Le persone respinte saranno tenute in sezioni chiuse – unicamente gli uomini soli – in attesa del loro allontanamento.

Un operatore di un’organizzazione umanitaria internazionale, che preferisce rimanere anonimo, teme che le procedure d’asilo saranno “effettuate più rapidamente e aumenterà il numero di richieste respinte. Il governo di destra sta diventando sempre più duro con i rifugiati”, dice. Atene, dove oggi si contano circa centomila richiedenti asilo (dato del maggio 2021, fornito dall’Alto commissariato per i rifugiati delle Nazioni Unite, Unhcr), ha effettivamente inasprito la sua politica migratoria durante la pandemia.

Ogni centro, circondato da mura, sarà diviso in aree compartimentate per minori non accompagnati, famiglie e così via

La Grecia ha anche appena esteso la lista delle nazionalità che possono essere rimandate nel paese vicino. La Turchia ora è considerata un “paese sicuro” per siriani, bangladesi, afgani, somali e pachistani.

Per mettere in pratica questa procedura d’asilo, il governo conta sull’organizzazione e soprattutto sulla sorveglianza di questi campi, secondo i piani dettagliati che Manos Logothetis, segretario generale del ministero dell’immigrazione, spiega con orgoglio nel suo ufficio di Atene. Ogni centro, circondato da mura, sarà diviso in aree compartimentate per minori non accompagnati, famiglie e così via. I richiedenti asilo potranno muoversi tra queste aree separate solo con una “carta d’identità” magnetica.

Questa gli permetterà anche di lasciare il campo, solo durante il giorno, avverte Manos Logothetis: “Se tornano dopo il tramonto, resteranno fuori fino al giorno successivo, in un luogo predisposto a questo scopo. Dovranno giustificare il loro ritardo alle autorità del centro”. Le “autorità” presenti all’apertura saranno l’Unhcr, i servizi sanitari e d’asilo greci, Europol, l’Organizzazione mondiale delle migrazioni (Iom), Frontex e alcune ong “benvenute”, dice il segretario generale: un’affermazione smentita dalle ong, messe chiaramente sotto pressione.

Il governo intende operare comunque un cambiamento nella gestione dei campi. “In altri stati, questa funzione la svolgono le imprese private. Anche noi ci stiamo pensando. In alcuni campi greci, tutto era sotto il controllo dell’Iom e dell’Unhcr”, dice in tono critico Manos Logothetis. “Pensiamo che sia ora che facciano un passo indietro. Dovremmo gestire questi campi attraverso un’azienda privata, che lavori sotto indicazione del governo”.

Chi verrà in questi centri?
A Lero, alcune centinaia di chilometri a nordovest di Atene, queste affermazioni suscitano preoccupazione. “Dubito che una qualsiasi organizzazione per i diritti umani o della società civile sia autorizzata a testimoniare su ciò che sta accadendo in questo nuovo campo”, dice Catharina Kahane, cofondatrice dell’ong austriaca Echo100Plus. “Non siamo mai stati invitati a visitarli. Tutte le ong accreditate presso il precedente governo (di sinistra, guidato dal partito Syriza fino al 2019, ndr) hanno dovuto registrarsi nuovamente con la nuova amministrazione (due anni fa, ndr). Pochissime organizzazioni ci sono riuscite. Molte sono state respinte”.

Il comune di Lero, da parte sua, mette in discussione l’obiettivo del campo. Michael Kolias, sindaco dell’isola eletto in una lista indipendente, non crede al suo carattere “transitorio” spacciato dal governo. “Le autorità stanno distruggendo la natura per costruirla!”, sostiene. Il comune ha presentato un ricorso al consiglio di stato per impedirne l’apertura.

Questo campo, simile a un centro di detenzione, rievoca inoltre ricordi dolorosi per gli abitanti del luogo. Lero è conosciuta come l’isola dei dannati. La profonda baia di Lakki ha nascosto a lungo coloro che la Grecia non voleva vedere. Sotto la giunta militare (1967-1974), i suoi edifici in stile italiano diventarono prigioni per migliaia di comunisti. Altri edifici neoclassici furono inoltre trasformati in un ospedale psichiatrico, criticato per i maltrattamenti compiuti al suo interno fino agli anni ottanta.

È peraltro proprio nei terreni dell’ospedale psichiatrico, che ospita ancora alcuni pazienti, che è stato costruito nel 2016 il primo hotspot per rifugiati, con 860 posti. Oggi 75 richiedenti asilo siriani e iracheni devono stare lì. Non parlano molto, e sono sotto la sorveglianza permanente della polizia.

La Turchia, un vicino “nemico”
Sono quasi due anni che non ci sono quasi più arrivi di migranti dalla Turchia. “Chi occuperà i 1.800 posti del nuovo campo? I migranti ricollocati secondo il meccanismo di Dublino e respinti da altri paesi dell’Ue saranno portati qui?”. Il ministero dell’immigrazione assicura che il nuovo campo ospiterà solo i nuovi arrivati dalla costa turca. Non ci saranno trasferimenti da qualsiasi altra regione o paese verso questi centri sulle isole, afferma.

Il governo greco sostiene che l’alto numero di posti in questi nuovi campi è giustificato dalla “minaccia permanente” di arrivi in massa di migranti dalla Turchia, un vicino “nemico”, come sottolinea il sottosegretario Manos Logothetis. “In Grecia abbiamo sofferto, ci ha attaccato nel marzo 2020!”, sbotta il funzionario, riferendosi all’annuncio del presidente turco Erdoğan dell’apertura della frontiera greco-turca, che ha poi consentito a migliaia di richiedenti asilo di arrivare alle porte della Grecia.

Secondo il controverso accordo tra l’Ue e la Turchia del 2016, in cambio di sei miliardi di euro Ankara deve reintegrare i richiedenti asilo respinti – la Turchia è considerata un “paese sicuro” per accoglierli – e impedire le partenze dei migranti dalle sue coste. “Non sta cooperando. Dobbiamo usare tutti i mezzi possibili e legali per proteggere il territorio nazionale!”, sostiene Manos Logothetis.

A quanto pare, il governo greco intende farlo fortificando la sua frontiera per scoraggiare l’arrivo di migranti, in particolare nel nordest del paese. Due cannoni sonori (Long range acoustic device) sono stati installati su un nuovo muro d’acciaio costruito lungo il confine terrestre tra Grecia e Turchia.

Dall’altra parte della barriera, la Turchia, dove si trovano già quattro milioni di rifugiati, non accetta più migranti dalla Grecia dall’inizio della pandemia. “Sarà obbligata a riprenderli”, ripete Manos Logothetis. In tal caso, molti rifugiati respinti potrebbero rimanere prigionieri a lungo nei nuovi “villaggi” dell’Ue.

(Traduzione di Federico Ferrone)

Questo articolo è uscito sul sito d’informazione francese Mediapart.

Leggi anche:

Internazionale ha una newsletter settimanale che racconta le ultime notizie sulle migrazioni. Ci si iscrive qui.

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it