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Che tempo fa secondo l’intelligenza artificiale

Jorg Greuel, Getty Images

Consultare il meteo è ormai semplice come leggere l’ora: il telefono ci tiene continuamente aggiornati sulle previsioni del tempo, facendo apparire questo tipo di informazioni scontate. Tuttavia il percorso scientifico che ha permesso di arrivare a prevedere con una certa precisione il futuro di un sistema complesso e caotico come l’atmosfera è stato molto lungo, e con gli sviluppi della tecnologia è tuttora in evoluzione.

Per determinare il comportamento dell’atmosfera si stima che sia necessario conoscere il valore di circa dieci miliardi di variabili. Le previsioni meteorologiche si basano su modelli fisico-matematici sviluppati a partire dai princìpi e dalle equazioni fondamentali della fisica, gli stessi a cui rispondono anche i moti atmosferici.

Il sistema di equazioni di base poggia sul lavoro pionieristico del ricercatore norvegese Vilhelm Bjerknes che nel 1904 definisce la previsioni del tempo come un problema fisico alle condizioni iniziali, cioè basato sulla definizione dei valori delle variabili in un momento determinato.

“I fenomeni atmosferici si sviluppano da quelli che li precedono seguendo leggi precise”, scrive Bjerknes. “Le condizioni necessarie e sufficienti per effettuare una previsione meteorologica sono la conoscenza, con una precisione sufficiente, dello stato dell’atmosfera in un dato istante e la conoscenza delle leggi secondo cui uno stato dell’atmosfera si sviluppa a partire dallo stato precedente”.

Il sistema di equazioni differenziali che ne risulta, tuttavia, è troppo complesso per essere svolto a mano, e ancora oggi non esiste una sua soluzione analitica. Solo negli anni cinquanta, grazie all’arrivo dei primi calcolatori elettronici capaci di elaborare, anche se in maniera semplificata, queste equazioni, nasce la previsione del tempo numerica. E dai primi anni settanta alcuni grandi centri di ricerca cominciano a produrre previsioni numeriche giornaliere.

Da allora i modelli fisico-matematici globali che arrivano nelle sale operative dei servizi meteorologici nazionali (e alimentano le app dei telefoni) sono migliorati enormemente.

È grazie agli studi di quattro generazioni di meteorologi e fisici se si è arrivati a un tale livello di accuratezza

Questo miglioramento è dovuto senz’altro al costante progresso tecnologico dei supercomputer e alla maggiore diffusione delle reti osservative. Ma è soprattutto grazie agli studi di quattro generazioni di meteorologi e fisici di tutto il mondo se si è arrivati a un tale livello di accuratezza: si stima che ogni decennio di ricerca abbia portato a guadagnare un giorno di previsione. Quindi la previsione a cinque giorni fatta oggi ha in media la stessa precisione della previsione a un giorno fatta quarant’anni fa. Una storia di grande successo che si è svolta nell’ombra, tanto da essere stata definita “una rivoluzione silenziosa”.

Oggi quel progresso, basato sulla tecnologia dei supercalcolatori e su un preciso metodo scientifico, si trova improvvisamente davanti all’intelligenza artificiale (ia), che promette una svolta epocale nel campo della modellistica meteorologica numerica e consente l’entrata in gioco delle grandi aziende tecnologiche private.

Fino a qualche anno fa, infatti, i principali modelli di previsione globale erano una prerogativa pubblica, erano cioè gestiti dai singoli paesi o da organizzazioni intergovernative, come per esempio il Centro europeo per le previsioni meteorologiche a medio termine (Ecmwf). L’arrivo dell’intelligenza artificiale ha cambiato le cose: tra il febbraio del 2022 e l’aprile del 2023 Huawei, Nvidia e Google DeepMind, hanno realizzato i primi prototipi di modelli meteorologici globali interamente basati sull’intelligenza artificiale data-driven, cioè guidata dai dati osservati nel passato, capaci di competere con quelli fisico-matematici di enti come l’Ecmwf.

L’ia usata per le previsioni del tempo è di tipo generativo, la stessa che permette agli assistenti virtuali come ChatGpt di rispondere alle domande o di eseguire compiti. I modelli usati fanno leva su sofisticati metodi statistici che si basano su situazioni meteorologiche del passato. Lo stesso metodo usato in maniera primordiale quando, in assenza di calcolatori, risolvere le equazioni della dinamica atmosferica era impossibile.

Partendo da uno stato iniziale, per esempio la situazione meteorologica del globo rilevata in un determinato giorno alle ore 12, il modello dell’ia è in grado di prevedere le successive sei ore, avendo appreso da ottant’anni di rilevazioni meteorologiche qual è l’evoluzione più probabile dei fenomeni atmosferici in quella situazione. Mentre il modello fisico-matematico usa equazioni matematiche, senza sapere nulla del passato, il modello dell’ia impara dall’esperienza, un po’ come fa il cervello degli esseri umani. Lo fa a brevi passi temporali di sei ore, ripetendo la procedura molte volte, e può arrivare a fare una previsione che supera anche i dieci giorni, proprio come quelli fisico-matematici.

La grande disponibilità di archivi storici e la capacità di analisi di big-data rendono questo approccio altrettanto valido. Inoltre, una volta terminata la fase di apprendimento, la potenza di calcolo richiesta all’ai per fare una previsione è infinitesimale rispetto a quella necessaria per i modelli fisico-matematici, circa centomila volte inferiore in termini di unità di calcolo.

Non è chiaro se questa tecnologia in futuro rimpiazzerà del tutto l’approccio tradizionale

Visto il velocissimo sviluppo dei modelli data-driven, che si misura in mesi di ricerca invece che in decenni, l’Ecmwf e altri grandi centri hanno cominciato a studiare il funzionamento di questa nuova tecnologia. L’Ecmwf ha già sviluppato una versione di modelli generati con l’ia, recuperando lo svantaggio sui colossi del big-data. È dunque un momento di grande cambiamento nella storia delle previsioni del tempo, che molto probabilmente porterà ulteriori miglioramenti. Per esempio, grazie a un maggior numero di simulazioni possibili, gli eventi estremi prodotti dalla crisi climatica potrebbero essere più prevedibili.

Ma che ne sarà dei modelli fisico-matematici e di tutta la conoscenza scientifica che contengono? I moti atmosferici, ovviamente, continueranno a seguire i princìpi fisici generali, a cambiare è solo la tecnica usata per prevederli. Plausibilmente, nel breve termine, i modelli basati sulla fisica saranno ancora necessari, soprattutto per generare l’archivio da cui l’ia può apprendere. Non è chiaro se questa tecnologia in futuro rimpiazzerà del tutto l’approccio tradizionale, uno scenario che di fatto consentirebbe alle grandi aziende tecnologiche di costruire catene operative indipendenti di previsione globale.

Per ora tutto questo non sembra immediato e per alcuni versi è poco auspicabile, perché oltre a limitare la trasparenza e la linearità del progresso scientifico, indebolisce il ruolo pubblico e della cooperazione internazionale su una scienza strategica e molto utile per la società.

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